Guido Carli
è rimasto per tre lustri alla guida dell'Istituto di Emissione,
una carica di importanza vitale per l'economia italiana, ricoperta
in passato da uomini dei calibro Einaudi e Menichella. Ricostruiamo
le vicende che hanno caratterizzato questo periodo, a livello italiano
e internazionale, rilevando il ruolo svolto dal Governatore della
Banca d'Italia.
E' la prima autentica crisi che Carli deve affrontare. Dall'estate
'63 la lira è sottoposta a notevoli pressioni a causa dell'aggravarsi
della bilancia dei pagamenti. In un primo momento, questa situazione
non affiora per i crediti in valuta estera ottenuti dalle banche.
Quando le banche cessano di far ricorso a questo indebitamento, la
lira ne risente immediatamente, ed è esposta al fuoco di fila
della speculazione, che culmina nell'ottobre-novembre '63 e nel marzo
'64, nella prima quindicina di questo mese in particolare, quando
per la difesa della nostra moneta la Banca d'Italia impiega una massa
di 255 milioni di dollari.
La missione di Carli a Washington è decisiva per le sorti della
lira. Essa si conclude con gli accordi del 14 marzo, che comportano
un credito di 600 milioni di dollari (al quale partecipano, oltre
al Federal Reserve degli Usa, anche altre Banche centrali europee).
Inoltre, il Governatore ottiene facilitazioni di credito a medio termine
con la Export-Import Bank e con la Commodity Credity Corporation,
rispettivamente per 200 e 250 milioni di dollari destinati a coprire
il disavanzo della bilancia dei pagamenti durante il periodo di stabilizzazione
all'interno. (Anche in quel periodo Carli attuò una stretta
creditizia, che consentì il rientro di parecchi capitali esportati
nel periodo della crisi della lira). Oltre a ciò, gli son resi
disponibili presso il Fondo Monetario Internazionale 225 milioni di
dollari.
Una volta sistemata la situazione della lira, entra nell'occhio del
tifone la sterlina, una moneta contenuta in tutte le riserve dei Paesi
industriali. Anche in quest'occasione è il Governatore della
Banca Centrale Inglese, Lord Cromer, che risolve la situazione. Egli
riesce a fronteggiare la speculazione, raccogliendo in due giorni
una cifra pari a tre miliardi di dollari, che si aggiungono al milione
già ricevuto dal FMI il 14 novembre. Anche la Banca d'Italia
partecipa al "salvataggio" della sterlina, insieme con altre
Banche centrali europee: in tal modo vengono evitate ripercussioni
a catena nel sistema monetario europeo.
Le restrizioni monetarie e creditizie decise da Carli nel '63 e protratte
fino al '64 inoltrato cominciano a produrre gli effetti positivi.
Sulla fine del '64 riprendono le erogazioni del credito alle :attività
produttive, e alla fine del '65 la ripresa è dimostrata da
due elementi: la bilancia dei pagamenti e la lira. Dal marzo '64 all'ottobre
'65 gli avanzi totali della nostra bilancia ammontano a 1.663 milioni
di dollari, fatto che consente sia l'estinzione di tutti i prestiti
contratti all'estero da Carli, sia il riequilibrio della posizione
debitoria verso l'estero delle banche italiane.
Il "Financial Times" attribuisce alla lira l'Oscar delle
valute nel febbraio '65, proclamandola "Star currency of the
year". E' un riconoscimento simbolico ma significativo del successo
ottenuto da Carli nell'opera di risanamento valutario del nostro Paese,
e per la ripresa economico-produttiva che si è potuta inserire
in questo contesto.
La sterlina, intanto, è ancora in pieno ciclone: il 9 febbraio
'65 le Banche Centrali europee e del Nord America rinnovano alla Banca
d'Inghilterra le linee di credito già concesse pochi mesi prima:
si tratta di un volume di crediti a medio termine che non ha precedenti
nella storia valutaria e nella cooperazione fra gli Stati; nonostante
ciò, la sterlina è sottoposta a crescenti escursioni
speculative che la portano a toccare alla fine di marzo il punto più
basso dopo la precedente crisi del novembre '64.
Nel '65 viene costituito il Club dei Dieci, cui aderiscono Belgio,
Canada, Francia, Repubblica Federale Tedesca, Giappone, Gran Bretagna,
Italia, Olanda, Stati Uniti, Svezia, con il compito di studiare nuovi
strumenti di riserva che, a lungo termine, possano assumere una funzione
integratrice dell'oro. La Presidenza di questo organo è affidata
a Rinaldo Ossola, allora Capo del Servizio Studi di Economia Internazionale
della Banca d'Italia. Ossola propone i "diritti speciali di prelievo",
che sono poi destinati a diventare struttura portante della riforma
del sistema monetario internazionale.
Il saldo costantemente attivo della bilancia dei pagamenti e un volume
di riserve superiori a quelle esistenti a fine '65 portano la nostra
valuta al di fuori della mischia, con una quotazione perfettamente
stabile, intorno alle 625 lire rispetto al dollaro. La valuta che
invece continua a destare maggiori preoccupazioni è la sterlina,
sottoposta a ricorrenti crisi, dalle quali riesce a tirarsi fuori
senza svalutazioni ufficiali grazie all'aiuto degli altri Paesi.
Per quanto riguarda la riforma del sistema monetario internazionale,
si comincia a discutere con crescente insistenza sulla necessità
di introdurre un sistema di cambi flessibile, rispetto alle parità
fisse esistenti, proprio per modificare i rapporti valutari fra i
Paesi "eccedentari" e i Paesi "deficitari" sotto
il profilo della bilancia dei pagamenti.
Alla ventunesima assemblea del FMI, inoltre, si raggiunge un accordo
fra i vari Paesi aderenti, con l'unica opposizione della Francia,
per la formazione di una nuova moneta, diversa dall'oro, dal dollaro
e dalla sterlina, da inserire nelle riserve ufficiali. La Francia
invece vorrebbe riportare l'oro alle funzioni di unica moneta di riserva
e ridurre il dollaro e la sterlina, i cui deficit costringono i Paesi
"eccedentari" ad immettere sempre più consistenti
quantità di queste monete a riserva, ad un ruolo di secondo
piano.
Mentre per tutto l'anno la situazione della lira italiana si mantiene
saldissima, per altre valute si manifestano lei prime incrinature.
La sterlina è svalutata del 14,2% il 18 novembre, (la parità
con la lira passa da 1.750 a 1.500): la guerra del Medio Oriente,
la relativa chiusura del Canale di Suez e gli scioperi (soprattutto
quello dei portuali) sono i principali motivi che costringono il governo
britannico a questa decisione, che tuttavia non trascina dietro di
sé altri Paesi importanti, (come avvenne nel 1949, quando però
la svalutazione della sterlina fu del 30%), tranne quelli dell'area
del Commonwealth.
La proposta di Ossola sui diritti speciali di prelievo va ,avanti.
A Londra, in settembre, il Club dei Dieci elabora le proposte da presentare
all'assemblea del FMI che si riunisce a fine mese a Rio de Janeiro:
qui si decide di instaurare quei diritti. Carli è presente
con Colombo e Stammati.
Un tasso di sviluppo dell'economia inferiore rispetto a Germania e
Italia, l'inflazione, gli scioperi a catena, sono gli elementi di
fondo che fanno entrare in crisi la Francia, e quindi la sua moneta.
De Gaulle si rifiuta di svalutare e adotta drastici provvedimenti
restrittivi interni, mentre la speculazione spinge il marco, moneta
forte, alla rivalutazione. Anche per la lira si parla di rivalutazione,
ma per fortuna le escursioni speculative non si accaniscono contro
di noi.
Intanto, il 17 marzo, i Paesi aderenti al "pool" dell'oro
decidono a Washington di creare il doppio mercato per scaricare la
corsa agli acquisti del metallo giallo, avviatasi già alla
fine del '67. Il presidente Johnson adotta severe misure per ridurre
il pesante deficit americano.
Il 1969 è uno degli anni più turbolenti sotto il profilo
valutario. L'8 agosto svaluta il franco del 12,5%; il 24 ottobre il
marco si rivaluta del 9,3%, dopo aver fluttuato liberamente dal 29
settembre.
Per la lira si discute sia di una possibile rivalutazione che di una
svalutazione. Della prima ipotesi si parla subito dopo la svalutazione
del franco, e della seconda quando, alla fine dell'anno, ci si rende
conto che la bilancia dei pagamenti italiana è tornata, per
la prima volta dopo la crisi del 1963-64, in passivo.
Il dollaro statunitense resta durante il 1970 il punto di maggior
preoccupazione del sistema valutario a causa del pesante deficit che
gli Stati Uniti accumulano e del fenomeno inflazionistico interno
che marcia a tassi ben maggiori rispetto agli altri Paesi. Il primo
gennaio vengono attivati concretamente i diritti speciali di prelievo.
Intanto, il dollaro canadese abbandona la parità fissa.
Le preoccupazioni accumulate nel '70 sfociano in una rivoluzione monetaria
mondiale, caratterizzata prima dalla dichiarazione di inconvertibilità
del dollaro annunciata da Nixon il 15 agosto, poi dalla rivalutazione
del franco svizzero e dello scellino austriaco, e infine dalla libera
fluttuazione del marco tedesco e del fiorino olandese.
Il 18 dicembre, a Washington, dopo una serie di incontri del Club
dei Dieci a Roma e nelle Azorre, si definiscono gli accordi che praticamente
mettono fine al sistema monetario internazionale sorto nel 1944 a
Bretton Woods. Il dollaro viene svalutato rispetto all'oro di circa
l'8%, e la nuova parità passa da 35 a 38 dollari l'oncia. Gli
Stati Uniti aboliscono la sovrimposta sulle importazioni introdotta
nel precedente mese di agosto. Il margine di oscillazione delle monete
viene ampliato dallo 0,75% al 2,25% al di sopra o al di sotto della
nuova parità centrale.
In tutto questo giro, la lira subisce una rivalutazione sul dollaro
del 7,5%, ma si trova in una posizione maggiormente competitiva rispetto
alle altre monete europee e di quella giapponese che hanno subìto
un tasso ben più alto di rivalutazione rispetto al dollaro.
Solo pochi si illudevano, alla fine del '71, di aver risolto tutti
i problemi monetari, e il 1972 trascorre alla disperata ricerca di
salvare il salvabile del vecchio sistema monetario, minato soprattutto
dalla inconvertibilità del dollaro. I Paesi della Cee trovano
motivo, da queste crisi ricorrenti, per rinforzare la loro solidarietà
e sottoscrivono un accordo monetario, il 24 aprile, che poi prenderà
il nome di "serpente" comunitario, tendente a costituire
un blocco omogeneo di fluttuazione nei confronti del dollaro. Ma l'efficienza
del "serpente" dura ben poco. Il 23 giugno la sterlina,
sottoposta alle pressioni della speculazione, ne esce e dichiara la
libera fluttuazione.
Negli stessi giorni anche la lira entra nell'occhio del ciclone e
si parla di una imminente svalutazione. La Banca d'Italia interviene
a difesa e smentisce qualsiasi uscita dal "serpente". Dopo
una breve chiusura del mercato dei cambi, i Paesi della Comunità
Economica Europea decidono di continuare nella fluttuazione senza
la Gran Bretagna, cui si sono aggiunte l'Irlanda e la Danimarca, ma
non l'Italia.
Molti intravedono in questa decisione di Carli il tentativo di evitare
la crisi lenta ma inesorabile che si profilava per la nostra moneta,
che poi accusò una serie di cadute, non ultima quella di fine
anno, che costrinse la Banca d'Italia ad impegnare cospicue riserve
valutarie. E' da quel giugno '72 che inizia il "calvario"
della lira portato fino al primo trimestre '75, quando le nuove misure
restrittive adottate ancora una volta dall'Istituto di Emissione cominciano
a dare i loro frutti, con una ripresa lenta ma costante della lira.
Diventa sempre più costoso (in termini di riserve valutarie)
per la Banca d'Italia difendere la lira, e dunque viene introdotto
il doppio mercato dei cambi con la libera fluttuazione della lira
finanziaria. E' il 20 gennaio. Il 23 fluttua il franco svizzero. Il
12 febbraio vengono chiusi tutti i mercati valutari per una fortissima
ondata speculativa contro il dollaro, che il giorno seguente, il 13,
viene svalutato del 10%: il prezzo ufficiale dell'oro viene portato
da 38 a 42,2 dollari l'oncia, e anche la lira commerciale viene fatta
fluttuare, insieme con lo yen giapponese.
Alla grave crisi succede un'altra, il primo marzo, con i mercati nuovamente
chiusi. Si decide la libera fluttuazione delle monete europee, ma
la sterlina e la lira rimangono fuori da questo meccanismo.
Il 14 giugno la lira tocca la punta massima di svalutazione (21%),
perché la Banca d'Italia cessa di intervenire: Carli getta
sul tappeto il peso del proprio prestigio e della propria preparazione,
mette la classe politica di fronte alla gravità dei fatti,
e fa adottare drastici provvedimenti antispeculativi, contro la fuga
dei capitali all'estero, e per restringere la liquidità interna.
Nuove misure restrittive vengono prese in luglio, poi in settembre
si aumenta il tasso di sconto fino al 6,5% con una lira malandata
ma con il dollaro in buona salute, rafforzato dalle due svalutazioni,
e in grado di riprendere il ruolo di moneta forte anche e soprattutto
a causa del miglioramento dell'interscambio commerciale Usa, che è
ritornato in attivo.
Si giunge intanto alla crisi petrolifera, che avrà enormi conseguenze
nei mercati finanziari del pianeta.
Fin dalla fine del '73 si capisce bene che il deficit italiano diventerà
insostenibile nel '74, specie a causa del rialzo dei prezzi del petrolio.
Si hanno allora le misure restrittive, e si fa ricorso ai prestiti
internazionali, (in particolare, due miliardi di dollari ci sono concessi,
in cambio di garanzia aurea, dalla Repubblica Federale Tedesca). 1975:
l'Italia restituisce entro i termini stabiliti un quarto del credito
contratto con la Germania Federale; coloro che ci consideravano a
tutti gli effetti prossimi al crollo, devono ripensarci: siamo un
Paese solvibile. La lira, a partire da marzo, riprende quota. Si adottano
provvedimenti per portare la produzione industriale a livelli più
alti. La bilancia commerciale migliora. Franco francese e lira preannunciano
il rientro a breve termine nel "serpente" europeo. All'orizzonte
economico italiano si profila un lieve chiarore: forse è l'uscita
dal tunnel. Maggio '75: Carli annuncia le proprie dimissioni. Il 19
agosto avrebbe compiuto 15 anni esatti alla guida della Banca d'Italia.