"Sono alle
porte del 70° anno di età. Dal 1904 al 1951 ho servito lo Stato
quale funzionario postale; ho potuto dedicare al mio dialetto nativo soltanto
ritagli di tempo, spesso con lunghe interruzioni dovute alla gravosità
degli obblighi professionali. Tuttavia, nel 1935, vide la luce il mio
primo libro Glossa - La lingua greca del Salento, stampato, a mie spese,
in mille copie. Il libro piacque, e l'edizione è esaurita. Quel
libro fu scritto per le persone che non san di greco, per le genti della
mia Grecìa. Il presente volume è, sostanzialmente un rifacimento
del primo, ad uso delle persone che hanno una conoscenza non troppo superficiale
del greco antico o del moderno. Si sono perciò adoperati caratteri
greci e si è dato assai più ampio sviluppo alla morfologia
comparata dei nomi e dei verbi, e specialmente di questi ultimi; si è
aggiunto il vocabolario dei termini greci fondamentali, ed un vocabolario
integrale del dialetto contenente circa 9000 vocaboli, di cui circa i
due terzi derivati dal latino o dall'italiano.
Alla parte letteraria, sono stati aggiunti numerosi saggi in prosa e in
versi. Le prose sono tutte mie, perché io per il primo mi sono
cimentato a scrivere in prosa: intendo, in prosa corretta, degna del nome,
nessun valore avendo i pochi, striminziti e puerili saggi apparsi in varie
pubblicazioni, non escluse quelle, pur pregevolissime del Comparetti e
del Morosi.
Ho potuto anche compilare una breve raccolta di poesie di altri poeti
grecosalentini, racimolate qua e là: una piccola antologia di canti
letterati, che vorrei più ricca; in essa primeggia il compianto
Prof. Vito Domenico Palumbo, calimerese, per le sue traduzioni, veramente
mirabili. Ho ampliato altresì la raccolta dei canti popolari.
Questo libro è, dunque, il mio testamento spirituale; il dono ch'io
faccio alla mia piccola patria, alla mia cara Grecìa: il monumento
alla mia lingua materna e, forse, il suo monumento funebre.
Agli studiosi che consulteranno quest'opera, incompiuta, chiedo che mi
vogliano perdonare le mende che vi troveranno ed essermi grati perle cose
che vi potranno apprendere". (1)
Così scrive
Domenicano Tondi nell'Avvertenza posta al principio dei Prolegomeni
di un suo libro approntato per la stampa e mai edito le cui carte oggi,
fortunosamente, grazie all'interessamento di Aldo Bello, direttore responsabile
della Rassegna Trimestrale, sono in mio momentaneo possesso. Di tutti
i materiali però di cui l'autore dice comporsi il libro, soltanto
una parte è stata ritrovata e a me personalmente affidata dal
figlio maggiore del Tondi, dott. Francesco. Si tratta di quattro quadernetti.
Il primo, nella cui pagina di guardia è scritto Prolegomeni,
non porta la data di composizione ed è formato da 30 fogli, non
numerati, dattiloscritti sul recto e quasi tutti anche sul verso; "per
risparmiare" come, con modestia e sincerità, mi ha confessato
il dott. Francesco.
Oltre all'Avvertenza qui riprodotta quasi integralmente, vi è
in esso un primo capitoletto dal titolo I Grecofoni dell'Italia Meridionale
in cui l'autore ripercorre a grandi tappe la storia della formazione
delle colonie greche "sulla base di osservazioni personali e di
cognizioni acquisite con lo studio". (2).
Un secondo capitolo, brevissimo in realtà, dal titolo La questione
delle origini delle popolazioni grecofone dell'Italia Meridionale. Le
opinioni dei dotti ricercatori: Morosi, Chatzidakis, Rohlfs. La tesi
intermedia è firmato da Petros Kalonàros ed è tratto
da un volume del professore greco, del quale il Tondi però non
ci riferisce il titolo.
Segue quindi una lunga citazione - Il greco moderno: lingua dotta (catharevusa)
e lingua volgare (dimotiki) - tratta dalla "Prefazione" al
volume Crestomazia neoellenica di Eliseo Brighenti, edito da Hoepli
nel 1908, con in calce una nota di Domenicano Tondi sul progressivo
affermarsi in Grecia della cosiddetta lingua volgare.
La questione linguistica esaminata da un insigne glottologo volgarista
è il titolo di un altro capitoletto dei Prolegomeni consistente
nella riproduzione di un brano del volume di Eliseo Janìdis dal
titolo Glossa kai zoì, edito ad Atene dalla Tipografia Estìa
nel 1914. Un'altra nota del Tondi mette in rilievo H fatto che il libro
di Janìdis, "scritto in perfetto volgare, offre la dimostrazione
pratica della eccellenza e della maturità della lingua parlata,
quando la si adoperi con senso di amore e di rispetto, ripudiando soprattutto
quanto sa di vernacolo", (3) tesi questa a cui il Tondi ha aderito,
come vedremo, per tutta la sua vita con grande passione e notevole impegno.
Segue ancora una breve antologia di brani scelti da opere di autori
classici (Orazio, Strabone, Plinio il Giovane) e dai Papiri di Ossirinco,
riferentisi a questioni di lingua e alle colonie greche dell'Italia
meridionale. Completa il primo quaderno una selezione di articoli -
quasi tutti recensioni - tratti da vari quotidiani, e la trascrizione
di alcune importanti lettere intercorse tra il Tondi e Giuseppe Gabrieli,
Giuseppe Chiriatti, Mauro Cassoni, Gerhard Rohlfs, Giovanni Alessio
e altri.
Il secondo quadernetto porta il titolo Libro Sacro. Privo di data di
composizione è formato da 82 fogli non numerati di carta tipo
vergatina scritti, questa volta, alternativamente sul recto e sul verso
e contenenti preghiere liturgiche, la Santa Messa e il Catechismo; il
tutto in greco, con traduzione a fronte in lingua italiana. Conclude
il quaderno un'appendice con una nutrita serie di inni e canzoncine
sacre di cui fanno parte anche To mnima tu Christu (Il sepolcro del
Signore) e l'arcinota Passione (San Lazzaro) nella versione di Martano,
entrambe tratte dalla raccolta del Morosi.
Il terzo quaderno: Lessico etimologico fondamentale del dialetto grecosalentino,
ha sulla copertina anche la data: Roma 1952. Nel risguardo è
scritto a matita, quasi un'aggiunta: Lessico Fondamentale. Si compone
di 64 pagine dattiloscritte sul solo recto ed in unica colonna. L'autore
ha usato una macchina da scrivere con il doppio alfabeto greco e latino.
Tale macchina però non dispone, evidentemente, delle minuscole
del latino ed è priva di altri segni: le parentesi tonde, l'accento
grave, il doppio segno (spirito e accento) sulle vocali toniche iniziale
greche, ecc. Da qui nascono vari inconvenienti risolti dall'autore con
diversi ripieghi. In questo quaderno sono raccolti 2001 termini disposti,
ovviamente, in ordine alfabetico. Il quarto ed ultimo quaderno si intitola
Vocabolario Grecosalentino e porta a pie' di pagina, come il precedente,
la data Roma 1952. E' composto da 138 pagine numerate, scritte sul recto
e sul verso; ogni facciata è divisa in due colonne di 31 o 32
vocaboli l'una. Il volumetto contiene circa 8.500 termini con relativa
traduzione.
Dopo un'accurata lettura degli articoli e delle lettere raccolte nei
Prolegomeni, tento di tracciare la storia segreta dell'unica opera edita
del Tondi e del progetto di una seconda della quale possediamo le "carte"
e che "sostanzialmente" avrebbe dovuto costituire "rifacimento"
della prima, rivolta però a persone "che hanno una conoscenza
non troppo superficiale del greco antico o del moderno", ma sempre
con il medesimo scopo: la diffusione e la salvaguardia del dialetto
grecosalentino.
Non sono un filologo di professione ma, con l'ausilio di una certa esperienza
acquisita con i tanti anni di ricerche e con un po' di senso comune,
mi accingo comunque a diradare la nebbia che copre l'opera globale e
la figura di Domenicano Tondi, zollinese, studioso appassionato quanto
poco conosciuto della lingua greca del Salento. Gli specialisti che
con maggiore competenza, in futuro, vorranno prendere in esame il materiale
qui proposto per la prima volta mi perdoneranno, spero, qualche mia
eventuale inesattezza.
Il volume Glossa - La lingua greca del Salento è stato stampato
a Noci dalle Arti Grafiche di Alberto Cressati nel 1935.
Del progetto di un'opera del Tondi si trova prima ed ampia notizia in
un articolo scritto dal Prof. Giuseppe Chiriatti di Zollino sul settimanale
IL CORRIERE DEL SALENTO, n. 1, del l' gennaio 1933, in occasione del
ritorno nel paese natìo, dopo lunghi anni di assenza, nel settembre
1932, di Domenicano Tondi, allora Ispettore Capo delle Poste in Palermo.
In quella circostanza Tondi lesse in chiesa alcuni brani del Vangelo
da lui tradotti e venne eseguito il canto del Pange lingua, anch'esso
in grecosalentino, accolti con attenzione e grande meraviglia dal popolo.
Vediamo cosa scrive a questo proposito il Chiriatti.
"Presentato
con opportune parole dal sac. Luigi Tondi, che si prodigò con
entusiasmo per la buona riuscita della manifestazione, - coadiuvato
in ciò dal sac. Leonardo Calò per l'addestramento dei
cori femminili - il cav. Tondi, prima di iniziare le sue letture, illustrò
al popolo i motivi che lo hanno indotto alla compilazione di un Libro
Sacro (il corsivo è mio), già in corso di stampa, contenente
inni, salmi, preghiere e canzoncine, ed una giudiziosa scelta di letture
evangeliche in greco salentino e in italiano. Il libro, di carattere
prettamente popolare (la sottolineatura è dell'autore), tende
a ravvivare nelle popolazioni del nostro Salento l'amore e la conoscenza
del dialetto natìo, guidandole allo stesso tempo alla conoscenza
della lingua italiana, potendo i due testi, greco e italiano, illustrarsi
e completarsi a vicenda. Esso non mancherà di suscitare anche
la curiosità degli studiosi e di quanti, avendo una conoscenza
anche poco profonda del greco classico, desiderino rendersi conto di
quello che realmente sia il greco dei nostri paesi; e ne riporteranno
sicuramente la più gradita impressione ... " (4). Oltre
al "libro sacro, il Tondi ha pronte alcune gustose composizioni
in prosa ed in versi" (5) - conclude il Chiriatti ed elenca di
seguito gli altri intendimenti dell'autore. Il libro "dovrebbe
essere pubblicato in caratteri greci e preceduto da alcuni cenni grammaticali
e da un elenco degli italianismi, grecismi e idiotismi, che consentono
di comprenderlo senza sforzo, bastando pel resto l'uso del vocabolario
greco moderno del Brighenti, edito dalla casa Hoepli".
Della composizione
di un "Libro sacro" il Tondi parla nuovamente e con dovizia
di particolari in una lettera a Giuseppe Gabrieli, illustre studioso
calimerese, Bibliotecario dell'Accademia dei Lincei in Roma, datata
Palermo 10 gennaio 1933. In essa, dopo aver esposto in linea di massima
il piano dell'opera, afferma di voler premettere al libretto, data la
scarsa conoscenza del dialetto da parte di molti giovani, "poche
regole di pronunzia e di grammatica ed un elenco piuttosto ampio dei
vocaboli d'uso meno comune". (7)
Da una seconda lettera al Gabrieli, scritta sempre da Palermo e datata
23 gennaio 1933, apprendiamo che il Tondi non si limita a comunicare
solo intenzioni, ma invia di fatto all'illustre amico, per un giudizio,
qualcosa di suo e cioè: un "fascicoletto di poesie"
e le "bozze del libriccino sacro", di cui confessa di aver
già annunciato la pubblicazione mentre, per la verità,
ha avuto soltanto degli approcci con la Tipografia Pontificia di Palermo
in grado, certamente, di fargli un buon lavoro. "Ho pure intenzione
- ribadisce ancora il Tondi - di premettere alcune brevi nozioni grammaticali
e l'elenco delle parole rare e dei grecismi, compilando il primo con
una certa larghezza, per agevolar la lettura a chi non sia padrone del
nostro dialetto. Ne verrà fuori un volumetto tascabile di oltre
duecento pagine". (8) Di tale volume, si apprende andando oltre
nella lettura, avrebbero fatto parte "numerosi saggi di prosa profana
in dialetto zollinese lievemente ritoccato ... una grammatichetta per
insegnare il nostro dialetto in modo, diremo così, scientifico
... un abbondante materiale lessicale" (9) - per il quale molto
gli era giovata la pubblicazione del Morosi (10) donatagli dallo stesso
Gabrieli -, e una nutrita antologia di canti popolari. Del progetto
di un Libro Sacro "di oltre trecento pagine" troviamo notizia
diffusa ancora in una lettera che il Tondi invia, sempre da Palermo,
il 3 marzo 1933, al Padre Mauro Cassoni, cistercense a Martano, con
il quale stabilisce quasi un patto di collaborazione per i comuni propositi.
Da quanto si è venuto via via dicendo si configura un ben preciso
progetto d'opera che quindi, riassumendo, avrebbe dovuto comprendere
innanzitutto il nucleo fondamentale, costituito dal Libro Sacro e dalla
Grammatica Elementare, intorno al quale avrebbero dovuto ruotare poi
le composizioni in prosa e in versi, proprie ed altrui, con relativa
traduzione in lingua italiana, e il consistente corpo del materiale
lessicale.
Un'opera così concepita, nelle intenzioni dell'autore, doveva
rivolgersi soprattutto agli studenti e al popolo ma, contemporaneamente,
doveva essere gradita anche agli studiosi. La Scuola e la Chiesa avrebbero
dovuto fungere in tale situazione da canali di comunicazione privilegiati
per la diffusione e il consolidamento del dialetto greco. "Tutto
ciò - scrive il Chiriatti nel già citato articolo riferendo
le intenzioni del Tondi - si potrebbe ottenere senza sforzo e con minima
spesa, rendendo obbligatoria la lettura del greco salentino, sia pure
scritto all'italiana, nelle nostre scuole elementari superiori, ma soprattutto
rendendo obbligatorio lo studio del greco moderno in tutti gli Istituti
Medi di Lecce, Otranto, Galatina e Maglie ai giovani dei nostri paesi".
(11)
Per quanto riguarda l'importanza della Chiesa poi, tenendo ben presente
il Tondi il prestigio dell'Istituzione nei confronti delle masse contadine
e, come esempio, l'effettiva situazione di rinascita della lingua albanese
per opera del clero, situazione che personalmente aveva avuto modo di
verificare a Piana dei Greci, a Contessa Entellina e altrove nei paesi
di Palermo, dichiara in una lettera a Padre Mauro Cassoni: "In
queste cose, col clero si fa tutto; senza di esso, nulla. Ecco perché
io ho iniziato l'opera mia con un Libro Sacro; bisogna ora infervorare
il clero, e in ciò Ella può essere di grandissimo aiuto,
mentre possiamo contare sicuramente sull'efficace appoggio di Mons.
Luigi Mùscari ... (12).
Dal S. Padre potremmo ottenere senza difficoltà l'autorizzazione
di cantare in greco liturgico il Gloria ed il Credo nelle festività,
e la concessione non sarebbe male accolta dai nostri sacerdoti, grecosalentini
in gran parte, e farebbe colpo sulle nostre popolazioni, le quali vedrebbero
con orgoglio tornare la lingua dei padri all'onor degli altari, mentre
nulla dovrebbero variare del proprio rito, al quale ormai sono affezionate,
e giustamente affezionate. Da questo provvedimento, semplice in apparenza,
verrebbe come naturale conseguenza l'introduzione del grecosalentino
letterario nei canti extraliturgici, accanto alla lingua italiana, così
come appunto si pratica a Piana dei Greci, a Contessa Entellina e altrove".
(13)
Il progetto di stampa di tale importante opera ben presto però
si arenò. Ristrettezze economiche (14) e circostanze impreviste,
fra cui il trasferimento da Palermo a Bari, costrinsero il Tondi ad
interrompere le trattative con la Tipografia Pontificia per la stampa
del suo Libro Sacro, così come si è venuto configurando
attraverso i piani dell'opera esposti ai vari suoi interlocutori, e
ad apprestare invece un'edizione ridotta: Glossa - La lingua greca del
Salento appunto, venuta alla luce, come abbiamo già detto, a
Noci e stampata a sue spese dalle Arti Grafiche di Alberto Cressati
nel 1935. Di tutto il materiale che il Tondi aveva preparato per la
pubblicazione di un grosso volume composito, in questo libro è
stata pubblicata solo una piccola parte: la grammatica elementare cioè,
i saggi di prosa, di poesia e alcuni canti popolari. Del Libro Sacro
e del Vocabolario, di cui a più riprese ha parlato accarezzandone
il progetto, non vi è quasi traccia, se si eccettuano alcuni
inni sacri (Patirimòn, Avemaria, Pange Lingua ecc.) e un glossario
di circa 30O vocaboli. Ben poca cosa confrontata alle intenzioni. Il
libro, però, nonostante l'edizione ridotta, appena uscito, fu
subito accolto bene sia dagli appassionati che dagli amatori di diverse
tendenze. Si hanno a questo proposito giudizi positivi di valenti studiosi
e glottologi di fama: D. Lambìkis, (15) G. Gabrieli, (16) G.
Petraglione, (17) P. E. Pavolini, (18) G. Rohlfs, (19) L. Rocci (20)
e G. Mercati (21). Un'élite.
Nulla si sa di come abbia reagito alla pubblicazione del libro quel
popolo semianalfabeta per il quale pure era stato progettato. La massa.
L'opera che il Tondi era venuto via via componendo, già prima
della pubblicazione di Glossa, circolò inedita tra i cultori
della lingua grecosalentina influenzando ed ispirando i loro scritti
e le loro iniziative.
Il monaco cistercense romano trapiantato a Martano, Mauro Cassoni, che
tanto si prodigò per il nostro dialetto, ebbe notizia dell'esistenza
del Tondi e della sua opera inedita già dalla fine del 1932 quando
lesse l'articolo del professor Chiriatti sul Corriere del Salento. Durante
i primi mesi del '33 poi ebbe modo di avere per le mani e di leggere
alcuni tra i saggi che Tondi aveva inviato al Gabrieli, rimanendone
favorevolmente colpito tanto da voler stabilire con lui un contatto
diretto e da scrivere, il 19 febbraio di quello stesso anno, all'amico
Gabrieli che glielo aveva segnalato: "Mi sono adoperato per avere
qualche sua traduzione ed ho avuta niente di meno che un'intera Luturghia,
con tutte le sue brave parti del Sacerdote e con le preghiere da recitarsi
dal popolo. L'assicuro che per me è un profumo ... ". (22)
Questo passo meravigliato e il fatto che in esso il monaco non accenna
minimamente a un suo analogo progetto di Liturghìa, del quale
al momento non lo sfiorava neanche l'idea, sono estremamente importanti
per capire quanto l'opera del Tondi influì sul Cassoni e, per
suo tramite, su altri cultori della lingua grecosalentina non ultimo
tra questi Angiolino Cotardo. Fu certamente il Libro Sacro a suggerire
al Cassoni la composizione, su identico tema, di due suoi importanti
libriccini, finora apparsi assolutamente originali: Pracaliso min glossa-su
(Prega colla tua lingua), Lecce, Tipografia "La Modernissima",
1935, e E aia luturghia (La Santa Messa), Lecce, Tipografia "La
Modernissima", 1936. La lettera al Gabrieli prima citata e le date
di stampa ne sono testimonianza irrefutabile. Il Cassoni però,
pur apprezzando ed elogiando al Gabrieli l'opera del Tondi - "In
tutta questa Luturghìa che ho sott'occhi, una o due volte soltanto
è ricorso ad italianismi. Egli maneggia il suo dialetto in modo
ammirabile ... Un bravo di cuore va dato al nostro Tondi ... "
(23) - e subendone il fascino, non seguì il metodo da questi
applicato alla traduzione dei testi sacri.
Quale operazione aveva dunque seguito Domenicano Tondi nella composizione-traduzione
della Messa e delle altre preghiere?
A parlarcene per primo è Giuseppe Chiriatti. La citazione è
lunga - e di questo chiedo scusa al lettore - ma molto importante, anche
perché essa riproduce sicuramente i metodi dal Tondi adottati
e da lui stesso illustrati al popolo prima di iniziare le sue letture
in chiesa a Zollino, in quel settembre del 1932.
"Nelle mani
del Tondi, che è un appassionato cultore della lingua greca moderna
dopo essere stato un diligente studioso dell'antica nei nostri Ginnasi-Licei,
il dialetto greco salentino, pur conservando integri i propri caratteri
fonetici, morfologici e sintattici, si arricchisce, si colora e si trasforma,
sino a rendere le più delicate sfumature di pensiero e di sentimento,
con purezza e precisione di linguaggio e con uso quanto mai moderato
di italianismi e di grecismi.
Lo studio dei canti popolati, così ricchi di vocaboli ora in
disuso, le condizioni particolarmente favorevoli in cui si trovò
il Tondi, di appartenere cioè ad una famiglia di agricoltori
dove non si parlava che il greco, lo studio appassionato del greco antico
e moderno, gli hanno offerto la possibilità di apprendere a perfezione
il dialetto natìo, conferendogli la competenza e - lo riconosciamo
volentieri - l'autorità di ritoccarlo con garbo, di eliminare
le scorie, di scegliere, tra le diverse forme in uso, quelle che maggiormente
si approssimano alla lingua madre, di rinsanguarlo, anche, ma con molta
moderazione, con al quante voci moderne greche. Così adoperato,
il dialetto viene ad assumere quasi il carattere di una comune lingua
greco-salentina, nella quale i singoli dialetti si fondono e si riconoscono,
ora nella diversità fonetica, ora nella morfologia, ora nel lessico".
(24)
Il Tondi con i vari
dialetti greci degli otto paesi salentini costruì dunque una
lingua artificiale e letteraria. Scelse, fra tutti, i termini meglio
conservati, ne introdusse di nuovi dalla madre lingua e altri ne derivò.
Uniformò, spesso arbitrariamente, la grafia, mise a punto la
fonetica e restaurò la sintassi; compose così, in una
lingua speciale, una sorta di koinè grecosalentina che meglio,
secondo lui, poteva esprimere i vari stati d'animo e i concetti più
complessi; ciò facendo, sperò di salvare una lingua che
ormai cominciava a scollarsi da quella realtà contadina in mutamento
che fino ad allora l'aveva tenuta miracolosamente in vita, lingua che
ora si avviava, invece, senza possibilità di arresto, verso il
più totale disfacimento. L'operazione, anche se dettata da caldissimo
impeto affettuoso, era fredda, intellettuale e come tale non poteva
avere esito positivo. Il divario tra la lingua cristallizzata, effettivamente
parlata dal popolo, e la lingua colta del Tondi era troppo grande per
essere colmato da un atto di volontà, anche se fortissimo, e
dalla passione traboccante dell'emigrato lontano dalla sua terra. La
nuova realtà che, dopo secoli di immobilismo, si veniva configurando
nella lingua di lessico, quasi esclusivamente di ambito contadino, ormai
non si rispecchiava più.
Ma vediamo ora come il Tondi stesso descrisse la sua operazione linguistica
in una lettera a Mauro Cassoni.
"Io penso che,
per aiutare sul serio la nostra lingua, sia necessario valorizzarla
tra il popolo offrendo ad esso ... dei buoni libri di lettura, che lo
mettano in grado di gustare quello che Ella ha giustamente chiamato
"il profumo" della nostra lingua. La quale è povera,
certamente, ma meno di quanto comunemente si creda, mentre si presta
ad essere convenientemente arricchita con un sagace uso delle parole
derivate: parole che, data l'indole della lingua greca, generatrice
di vocaboli, sono dal popolo comprese ed assimilate senza sforzo ...
Io mi propongo ... uno scopo prevalentemente didascalico e perciò,
scegliendo da ogni dialetto le forme ed i suoni più puri, tendo
a presentare un tipo, diremo così, letteratio, di comune lingua
grecosalentina, una specie di katharèvusa, che si concilia perfettamente
con la più scrupolosa osservanza delle nostre leggi fonetiche,
morfologiche e sintattiche". (25)
Il Cassoni forse
intuì che una tale operazione era troppo difficile per essere
naturalmente accettata e seguita dal popolo e, pur avendo condiviso
la bontà dell'idea della quale si appropriò, nel tradurre
le sue preghiere e la Messa cercò di usare un dialetto greco
vicino al popolo ed effettivamente parlato: si servì di quello
di Martano che meglio conosceva, anche se non perfettamente. Nonostante
ciò non riuscì a sottrarsi all'uso di alcuni termini greci
che il Tondi aveva introdotto nella sua lingua per indicare concetti
particolari e astratti, che non avevano corrispondente nel greco salentino.
Un esempio valga per tutti, anche perché in seguito fu largamente
adottato da altri: Noima.
E' lo stesso Tondi a parlare e a motivare le ragioni della sua scelta.
"Spesso poi
sono ricorso a ripieghi. Come tradurre, ad es., Spirito Santo (lo Spirdussanto
del popolo)? Hàghion Pnèvma no, perché Pnèvma
sarebbe non solo incomprensibile, ma non sarebbe fonicamente ammesso.
Pronunziato Nnema, significherebbe Filo; pronunziato Nemma, non significherebbe
nulla, ma farebbe istintivamente risalire ad un verbo Neo o Nneo, che
non esiste, e potrebbe indirettamente riportare al verbo Ghnetho (filare),
ricadendo nel significato di Filo. Pertanto, considerato che Spirito
è sinonimo di Mente, e che in inglese si dice Mind, ho adoperato
la parola Noima, da Noô, che non soltanto riproduce esattamente
il concetto, ma anche fonicamente somiglia al vocabolo ellenico Pnevma
". (26)
Glossa, la parte
edita dell'opera del Tondi, ebbe, come abbiamo già accennato,
notevole successo tra gli studiosi e soprattutto tra quelli che non
avevano perfetta conoscenza della nostra lingua e della sua grammatica.
Si produssero perciò degli equivoci, i cui segni si possono trovare
persino nel Vocabolario dei dialetti salentini del Rohlfs e, per chiarezza,
conoscendone ormai la storia, cito ancora ad esempio il termine Noima,
che in esso viene catalogato come termine greco in uso nelle nostre
contrade. Il Rohlfs lo riprese fiduciosamente solo dall'opera edita
del Tondi, che conosceva e apprezzava. "L'autore che è un
poeta di talento - dice lo studioso tedesco -, nella sua prosa e nelle
sue poesie usa una lingua assai genuina e piena di fascino. La forma
linguistica dei testi merita ampia fiducia" (27). E noi sappiamo
che, purtroppo, sbagliava.
Domenicano Tondi, forse proprio per il successo ottenuto dal suo primo
libro, continuò a lavorare assiduamente per accrescere i materiali
lessicali in suo possesso con la segreta speranza di poter pubblicare
un giorno un secondo volume - più ricco e più vicino all'idea
originaria tanto accarezzata - che comprendesse, finalmente, il Libro
Sacro al quale tanto teneva, il Vocabolario greco-salentino e il Lessico
Fondamentale, che la Rassegna Trimestrale in suo onore, avvicinandosi
il centenario della nascita, da questo numero comincia a pubblicare.
NOTE
1 - D. TONDI - PROLEGOMENI. Avvertenza. Inedito, pagg. 1 e 2. La numerazione
delle pagine citate dei Prolegomeni è mia.
2 - Op. cit. pag. 3.
3 - Op. cit. pag. 19.
4 - G. CHIRIATTI - LA LINGUA GRECA NEL SALENTO. Sta in "Il Corriere
del Salento", n. 1 del I' gennaio 1933, e in D. Tondi, Prolegomeni,
pag. 31.
5 - Op. cit. pag. 32.
6 - Op. cit. pag. 33.
7 - D. TONDI - PROLEGOMENI, Inedito, pag. 35.
8 - Op. cit. pag. 38.
9 - Op. cit. pag. 38.
10 - L'opera del Morosi a cui Tondi fa riferimento è "Studi
sui dialetti greci della Terra d'Otranto preceduti da una raccolta di
canti, leggende, proverbi e indovinelli nei dialetti medesimi",
Lecce, 1870.
11 - D. TONDI - Op. cit., pag. 33.
12 - Vicario Generale della Diocesi di Otranto.
13 - D. TONDI - Op. cit., pag. 44.
14 - Il Tondi ne fa cenno in varie lettere, da lui incluse nei PROLEGOMENI.
15 - La recensione di cui disponiamo, pubblicata su un quotidiano greco,
non conserva il titolo del giornale.
16 - G. GABRIELI - SI PUO' DAR VITA E FUNZIONE LETTERARIA A UN DIALETTO?
Sta in "La Gazzetta del Mezzogiorno", Bari, 22 agosto 1935.
17 - G. PETRAGLIONE - Bollettino bibliografico, estratto da IAPIGIA,
Organo della R. Deputazione di Storia Patria per le Puglie, Nuova Serie,
Anno VII, 1936; fascicolo IV.
18 - P. E. PAVOLINI - Notizie bibliografiche. Sta in L'ITALIA CHE SCRIVE,
Anno 1937, n. 1 e 2, pag. 15.
19 - D. TONDI - PROLEGOMENI. Lettera inedita del Rohlfs a Tondi; pag.
59.
20 - Op. cit., pag. 60.
21 - Op. cit., pag. 60.
22 - Op. cit., pag. 41.
23 - Op. cit., pag 41.
24 - G. CHIRIATTI - Op. cit.
25 - D. TONDI - Op. cit., pag. 43.
26 - Op. cit., pag. 35.
27 - G. ROHLFS - VOCABOLARIO DEI DIALETTI SALENTINI; Congedo Editore,
Galatina 1976; pag. 857.
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