§ Rappresentazioni geografiche

I greci e la lapigia




Francesco Prontera



Nell'immagine dello stivale, che ci ha reso familiare la cartografia moderna, la Puglia si identifica immediatamente con il "tacco" dell'Italia, così come la Calabria con la "punta". Si tratta di similitudini entrate ormai nel linguaggio e nel sentire comune, ma qual era la rappresentazione geografica e l'immagine evocata dal nome lapigia nell'antichità?
Delle carte greche di età classica ed ellenistica, com'è noto, non ci resta alcun documento originale; di esse possiamo farci un'idea solo grazie alla illustrazione verbale degli autori e grazie ai criteri della costruzione cartografica esposti dai geografi antichi. la stessa tradizione della letteratura geografica, da Anassimandro ed Ecateo di Mileto (VI sec. a.C.) fino ad Artemidoro di Efeso (100 a.C. ca.) è estremamente frammentaria; perdute le opere di Eudosso di Cnido, di Eratostene, il grande filologo e scienziato alessandrino, di Ipparco, di Scimno di Chio, di Posidonio, di Artemidoro; perduta anche la Storia universale in 30 libri di Eforo di Cuma (IV sec. a C.), nella cui sezione introduttiva trovava posto una descrizione del mondo abitato (libri IV-V). In questa situazione ci restano integre le Storie di Erodoto, in cui larga parte è riservata all'etnografia e alla geografia, e alcune disgressioni geografiche del primi libri delle Storie di Polibio. Si è salvata anche, quasi integralmente, l'opera monumentale di Strabone, una descrizione dell'ecumene in 15 libri, preceduti da ben due libri introduttivi, dove l'autore affronta la questione controversa dell'esegesi storico-geografica del poemi omerici e sottopone a critica le teorie scientifiche dei precedessori. Si deve a questa circostanza se un buon numero di "frammenti" delle opere geografiche di Eratostene, Ipparco e Posidonio ci sono giunti nella sezione introduttiva dell'opera straboniana.
Fin dalle sue origini (Anassimandro), la cartografia greca si è misurata con la rappresentazione di tutta la terra; ma questa totalità, per quanto ne sappiamo, non deriva dall'unione di "parti" che preesistono. Essa risponde piuttosto alle istanze speculative della cosmologia ionica, che a sua volta ha operato sullo sfondo delle concezioni geografiche e cosmologiche della tradizione epica. Più tardi il definitivo riconoscimento (nel IV sec. a.C.) della sfericità terrestre e i progressi dell'astronomia e della geodesia non hanno tuttavia liberato i cartografi greci dalla necessità di ricorrere alle stime delle distanze e alle localizzazioni relative alla geografia empirica. Se si tiene conto che i rilevamenti di latitudine, realmente effettuati in età ellenistica, sono solo una mezza dozzina, si comprenderà agevolmente come nella rappresentazione dell'ecumene abbiano avuto un peso determinante i dati desunti dagli itinerari terrestri e marittimi. la tensione, e talvolta il conflitto, fra i tentativi di astrazione geometrica e la concreta articolazione dello spazio, percepito empiricamente e funzionalmente, accompagna un po' tutta la storia della cartografia greca.
Questo ampio e profondo retroterra non va perso di vista quando leggiamo nella Geografia di Strabone (V, 1,1-3) un'organica descrizione della penisola italiana, che ha inizio dalla zona pedemontana delle Alpi e si allunga, innervata dalla catena degli Appennini, in due punte, vale a dire la Breffia, dove a Leucopetra (Capo dell'Armi) termina l'Appennino, e la lapigia. La penisola salentina sembra invece ininfluente nella figura complessiva dell'Italia, che lo storico Polibio (II sec. a.C) paragona schematicamente ad un triangolo, avente per base le Alpi e come vertice il promontorio Cocinto (oggi Punta Stilo, che chiude a sud il golfo di Squillace): "Nel suo complesso l'Italia è di forma triangolare: il mar Ionio delimita il lato di essa che è rivolto ad oriente; ad esso segue l'Adriatico, mentre il confine meridionale e occidentale è segnato dai mari Siculo e Tirreno. I due lati, incontrandosi, formano il vertice del triangolo, cioè l'estremità dell'Italia rivolta a mezzogiorno, chiamata Cocynthos, che divide il mar Ionio dal mare Siculo. Il sistema alpino delimita il lato settentrionale ... " (Polibio II, 14: trad. di C. Schick).


L'arco del golfo di Taranto risulterebbe, in un certo senso, come raddrizzato con la conseguenza che la forma della penisola salentina appare nettamente ridimensionata, al punto di risultare quasi ininfluente nella rappresentazione complessiva dell'Italia. Questa schematizzazione geometrica ècriticata più tardi da Strabone, il quale osserva che la base, segnata dalle Alpi, e il lato tirrenico sono in realtà curvilinei, e che inoltre il versante orientale e quello meridionale della penisola - dalla parte più interna dell'Adriatico (l'odierno golfo di Venezia) fino allo stretto di Messina - non possono essere considerati alla stregua di un unico lato. La linea di costa infatti forma un angolo sulla punta della lapigia (Capo di Leuca) e di conseguenza, se proprio si vuole ricorrere al paragone con una figura geometrica -conclude Strabone - si dovrebbe dire che la forma dell'Italia assomiglia più a un quadrilatero che a un triangolo.
Per una circostanza del tutto occasionale la più antica visualizzazione della penisola salentina ci è offerta da Erodoto (IV 99-101) quando illustra la particolare situazione della Tauride (l'odierna penisola di Crimea) in rapporto con la forma quadrangolare della Scizia. Due lati di questa sono bagnati dal mare, rispettivamente dal Ponto (Mar Nero) e dalla palude Meotide (Mar d'Azov); ora, il popolo di Tauri - osserva Erodoto - abita un territorio geograficamente ben distinto, e tuttavia attaccato alla Scizia là dove si incontrerebbero i due lati marittimi del quadrato (fig. 1). Privo del sussidio dell'immagine, lo storico si sforza di "far vedere" ai suoi lettori la collocazione del Tauri ricorrendo a due modelli esplicativi: "... i Tauri occupano una parte della Scizia come se in Attica un popolo diverso dagli Ateniesi abitasse la punta del Sunio che maggiormente si protende verso il mare da Torico fino ad Anaflisto". E avendo in mente i lettori italioti aggiunge: "Per chi non ha navigato lungo questa parte dell'Attica, mi spiegherò in altro modo: sarebbe come se in lapigia un popolo diverso dai lapigi ne delimitasse e occupasse la punta del porto di Brindisi fino a Taranto".
Due punti vanno sottolineati nella descrizione comparativa e analogica di Erodoto. Innanzitutto la percezione dello spazio geografico presuppone il punto di vista dell'itinerario marittimo costiero (periplo) la cui linea si prolunga idealmente nella via dell'istmo Torico-Anaflisto e Brindisi-Taranto. In secondo luogo èchiaro che per Erodoto l'attuale penisola salentina costituisce solo la "punta" di una più grande lapigia, e che questo vale sia per il versante adriatico sia per quello ionico, come mostra palesemente il confronto con la "punta" dell'Attica (fig. 2).
Sulle nostre carte tali considerazioni possono sembrare anche troppo ovvie, ma non dovremmo mai dimenticare che nella rappresentazione e commisurazione dello spazio geografico la cartografia moderna costituisce il punto di arrivo di una complessa e faticosa conquista intellettuale.
La stessa testimonianza erodotea, se per un verso ci offre la prima organica visualizzazione geografica del Salento, è a sua volta un'acquisizione che ha alle spalle lo sfondo delle navigazioni micenee e della emigrazione greca in Occidente. La concezione peninsulare del Salento è, in altre parole, più antica della sua prima manifestazione letteraria e risale alla tradizione della geografia nautica dei Greci.
Si deve ugualmente all'insediamento del Greci sulle coste dell'Italia meridionale la nascita e la fortuna della nozione di Megàle Hellàs. Ma quando sul finire del V sec. a. C. si assiste in Magna Grecia a un recupero del concetto di Italìa (grosso modo l'attuale penisola calabro-lucana), sarà il territorio fra Metaponto e Taranto a costituire la zona di frontiera con la lapigia. Taranto è stata certamente una delle città italiote dove più tenacemente si è conservata la cultura ellenica, ma per lo storico Antioco di Siracusa, un contemporaneo di Tucidide, la colonia laconica si trova "fuori dell'Italìa" e appartiene alla lapigia. La prima affermazione di una nozione di ltalìa, non solo geografica ma anche politica * ideologica, si è avuta così proprio grazie a una consapevole opposizione con la nozione etnica e geografica di lapigia.


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