§ Malattie del sottosviluppo

La giardiasi




Italo Vittorio Tondi



La Giardiasi (o Lambliasi) è una malattia infettiva causata da un protozoo (Giardia Lamblia), ubiquitaria, più frequente nei Paesi sottosviluppati, in disagiate condizioni socioeconomiche ed igieniche.
Può interessare tutte le età, con predilezione per quella pediatrica, entrambi i sessi ed, elettivamente, i contadini e gli agricoltori.
Da endemica può presentarsi anche in focolai epidemici, specie in collettività e comunità, per ingestione di acque inquinate o di cibi contaminati.
Le Tabelle 1 e 2 indicano, rispettivamente, la frequenza della protozoosi in alcuni Paesi del vecchio e nuovo Continente ed in alcune regioni italiane, mentre nella Tabella 3 sono riassunte le fonti e le catene di contagio della infestione.


Il contagio avviene solo per via oro-fecale, con l'ingestione delle cisti che, attraversati l'esofago e lo stomaco, vanno ad indovarsi nel duodeno e nella parte alta del digiuno, penetrando, talora, anche nelle grosse vie biliari. Insediatesi nell'intestino determinano quelle lesioni ed alterazioni di cui alla Tabella 4.
Nell'alto intestino tenue ha inizio il ciclo biologico del parassita con la formazione dei trofozoiti i quali, discendendo nel crasso, in massima parte si incistano e sotto forma di cisti raggiungono, con le feci, il terreno. Chi si contagia Può non presentare segni di malattia (portatori sani), che può invece manifestarsi sotto tre forme:
a) enterocolitica, caratterizzata da malessere generale, turbe dispeptiche, febbre, nausea, dolori e tensione addominali, diarrea con feci liquide o poltacce e, talora, mucoematiche (Tabella 5);
b) enteroepatobiliare, simulante una colangite acuta, più spesso subacuta o cronica, con febbre, ittero o siibittero, epatomegalia, incremento della fosfatasi alcalina;
c) febbricolare, che, per la sua durata e la non identificazione eziologica, viene, non eccezionalmente, scambiata di natura tubercolare (febbricola pseudo-tubercolare).
La diagnosi è confermata dal reperto nelle feci del protozoo, sia in forma cistica (ovoidale) che vegetativa (d'aspetto piriforme con 4 paia di flagelli). L'esame coprologico, se negativo, va ripetuto per diversi giorni con tecniche di conservazione e colorazione che i parassitologi conoscono. Nella negatività dell'esame a fresco delle feci si deve far ricorso al prelievo del succo duodenale, nel quale è facile reperire i trozoiti. Nel dubbio, l'esame bioptico-istologico dell'intestino tenue costituirà elemento diagnostico decisivo. Moderne tecniche immunologiche (PAP, ELISA sul siero e sulle feci), come le colture in terreni selettivi, non trovano ancora applicazione pratica, se non in laboratori altamente specializzati.
La terapia è quella indicata nella Tabella 6 e alla quale noi ci siamo attenuti, con preferenza negli anni passati alla mepacrina (Atebrin) ed in quest'ultimi tempi al metronidazolo (Flagyl), con risultati più che soddisfacenti, anche se i pazienti erano pervenuti alla nostra osservazione alcuni mesi dopo l'esordio della sindrome enterocolitica o enteroepatobiliare. La giardiasi è una protozoosi da non sottovalutare, come dimostrano e documentano i molti e recenti contributi clinico-statistici (Rondanelli e coll., La Rosa, Scaffidi e Mansueto, Scaglia e coll., Magudda e Pennisi, Orlando e coll., Missale e coll., Zanda e coll., ecc.). Una considerazione, gravida di risvolti pratici, deriva dai risultati dell'indagine epidemiologica condotta da Canestri-Trotti e coll., nel 1987, in quattro asili nido di Bologna. Essi riscontrarono la presenza del parassita nel 2,5% dei bambini esaminati, nel 3,7% degli "addetti ai lavori", nel 5,1% dei conviventi dei bambini risultati positivi (Giornale di Mal. Inf. e Parass., n. 7, 1988).
Emerge quindi il corollario, per una definitiva disinfestazione ed efficace, profilassi, di dover tenere conto, oltre che del malato, anche dei familiari e del personale di assistenza, alto essendo il numero dei portatori sani.


Non ci risulta che indagini epidemiologiche siano state condotte nel Salento, ma abbiamo la ragionevole convinzione, derivante dalla personale esperienza ed inedita casistica, che la giardiasi sia da ritenersi endemica anche nel nostro territorio e che essa sfugga alla identificazione eziologica e per la sua non diffusa conoscenza e per le difficoltà dell'accertamento, risultando il solo esame coprologico, se non reiterato, frequentemente negativo e se non accompagnato, in tale evenienza, dall'esame del succo duodenale.
Chiudiamo il discorso con una signicativa ed esplicativa considerazione di Rondanelli: "La giardiasi appare, tuttora, una malattia a patogenesi ancora parzialmente oscura e comunque estremamente complessa nel cui determinismo clinico sicuramente entrano in gioco meccanismi sinergici, ma diversi, connessi sia al protozoo (origine geografica del ceppo, virulenza ed eventuale capacità invasiva, carica parassitaria) ed all'ospite (in primis, malnutrizione ed immunodeficienza). E' indubbio, a tale proposito, che ulteriori studi siano ancora necessari per valutare appieno il ruolo che giardia intestinalis gioca nel campo della patologia del tratto gastroenterico dell'uomo", (Giornale di Mal. Inf. e Parass., n. 8, 1987).


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