Settembre 2005

“Senza radici. Europa, relativismo, cristianesimo, islam”
di Joseph Ratzinger (e Marcello Pera)

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L’Occidente
non si ama più
Joseph Ratzinger - Papa Benedetto XVI
 
 

 

 

 

 

“L’Occidente non ama più se stesso; della sua storia vede oramai
soltanto ciò che
è deprecabile
e distruttivo, mentre non è più in grado di
percepire ciò che
è grande e puro”.

 

Nei gravi sconvolgimenti del nostro tempo c’è un’identità dell’Europa che abbia un futuro e per la quale possiamo impegnarci con tutti noi stessi? Non sono preparato per entrare in una discussione dettagliata sulla Costituzione europea. Vorrei soltanto brevemente indicare gli elementi morali fondanti, che a mio avviso non dovrebbero mancare.
Un primo elemento è l’incondizionatezza con cui la dignità umana e i diritti umani devono essere presentati come valori che precedono qualsiasi giurisdizione statale. I diritti fondamentali non vengono creati dal legislatore, né conferiti ai cittadini, «ma piuttosto esistono per diritto proprio, sono da sempre da rispettare da parte del legislatore, sono a lui previamente dati come valori di ordine superiore». Il valore della dignità umana, precedente a ogni agire politico e a ogni decisione politica, rinvia al Creatore: soltanto Lui può stabilire valori che si fondano sull’essenza dell’uomo e che sono inviolabili. Che esistano valori che non sono modificabili da nessuno è la vera e propria garanzia della nostra libertà e della grandezza umana; la fede cristiana vede in ciò il mistero del Creatore e della condizione di immagine di Dio che egli ha conferito all’uomo.

Oggi quasi nessuno negherà esplicitamente la precedenza della dignità umana e dei diritti umani fondamentali rispetto a ogni decisione politica; sono ancora troppo recenti gli errori del nazismo e della sua dottrina razzista. Ma nell’ambito concreto del cosiddetto progresso della medicina ci sono minacce molto reali per questi valori: se pensiamo alla clonazione, se pensiamo alla conservazione dei feti umani a scopo di ricerca e di donazione degli organi, o se pensiamo a tutto l’ambito della manipolazione genetica, la lenta consunzione della dignità umana che qui ci minaccia non può venir misconosciuta da nessuno. A ciò si aggiungono in maniera crescente i traffici di persone umane, le nuove forme di schiavitù, il commercio di organi umani a scopo di trapianti. Da sempre si adducono finalità buone per giustificare quello che non è giustificabile...
Un secondo elemento che qualifica l’identità europea è il matrimonio e la famiglia. Il matrimonio monogamico, come struttura fondamentale della relazione tra uomo e donna e al tempo stesso come cellula nella formazione della comunità statale, è stato forgiato a partire dalla fede biblica. Esso ha dato all’Europa, a quella occidentale come a quella orientale, il suo volto particolare e la sua particolare umanità, anche e proprio perché la forma di fedeltà e di rinuncia qui delineata dovette sempre venir riconquistata, con molte fatiche e sofferenze.
L’Europa non sarebbe più Europa, se questa cellula fondamentale del suo edificio sociale scomparisse o venisse cambiata nella sua essenza. Tutti sappiamo quanto il matrimonio e la famiglia siano minacciati: da una parte c’è lo svuotamento della loro indissolubilità ad opera di forme sempre più facili di divorzio, dall’altra si va diffondendo la pratica di una convivenza fra uomo e donna senza la forma giuridica del matrimonio.
Al contrario, paradossalmente, gli omosessuali chiedono che sia conferita alle loro unioni una forma giuridica, che sia più o meno equiparata al matrimonio. In questo modo si esce dal complesso della storia morale dell’umanità che, nonostante la diversità di forme giuridiche espresse, non ha mai perso di vista che il matrimonio, nella sua essenza, è la particolare unione di uomo e donna, che si apre ai figli e così alla famiglia.
Qui non si tratta di discriminazione, bensì della questione di cos’è la persona umana in quanto uomo e in quanto donna e di quale unione può ricevere una forma giuridica. Se da una parte l’unione fra uomo e donna si distacca sempre più da forme giuridiche, se dall’altra l’unione omosessuale viene vista sempre più come dello stesso rango del matrimonio, siamo allora davanti a una dissoluzione dell’immagine dell’uomo, le cui conseguenze possono solo essere estremamente gravi.
L’ultimo elemento è la questione religiosa. Non vorrei entrare qui nelle discussioni complesse degli ultimi anni, ma mettere in rilievo solo un aspetto fondamentale per tutte le culture: il rispetto nei confronti di ciò che per l’altro è sacro, e particolarmente il rispetto per il sacro nel senso più alto, per Dio, cosa che è lecito supporre di trovare anche in colui che non è disposto a credere in Dio. Laddove questo rispetto viene infranto in una società, qualcosa di essenziale va perduto. Nella nostra società attuale, grazie a Dio, viene multato chi disonora la fede di Israele, la sua immagine di Dio, le sue grandi figure. Viene multato anche chiunque vilipenda il Corano e le convinzioni dell’Islam. Se invece si tratta di Cristo e di ciò che è sacro per i cristiani, ecco che allora la libertà di opinione diventa il bene supremo, limitare il quale sarebbe minacciare o addirittura abolire la tolleranza e la libertà in generale. La libertà di opinione trova però il suo limite in questo: che non può distruggere l’onore e la dignità dell’altro, non è libertà di mentire e di cancellare i diritti umani.
C’è qui un odio di sé dell’Occidente che è strano e che si può considerare solo come qualcosa di patologico; l’Occidente tenta sì, in maniera lodevole, di aprirsi pieno di comprensione a valori esterni, ma non ama più se stesso; della sua storia vede oramai soltanto ciò che è deprecabile e distruttivo, mentre non è più in grado di percepire ciò che è grande e puro. L’Europa ha bisogno di una nuova – certamente critica e umile – accettazione di se stessa, se vuole davvero sopravvivere.
La multiculturalità, che viene continuamente e con passione incoraggiata e favorita, è talvolta soprattutto abbandono e rinnegamento di ciò che è proprio, fuga dalle cose proprie. Ma la multiculturalità non può sussistere senza basi comuni, senza punti di orientamento offerti dai valori propri. Sicuramente non può sussistere senza il rispetto di ciò che è sacro. Essa comporta l’andare incontro con rispetto agli elementi sacri dell’altro, ma questo lo possiamo fare solamente se il sacro, Dio, non è estraneo a noi stessi.
Certo, noi possiamo e dobbiamo imparare da ciò che è sacro per gli altri, ma proprio davanti agli altri e per gli altri è nostro dovere nutrire in noi stessi il rispetto di ciò che è sacro e mostrare il volto del Dio rivelato, del Dio che ha compassione dei poveri e dei deboli, delle vedove e degli orfani, dello straniero; del Dio che è talmente umano, che egli stesso è diventato uomo, un uomo sofferente, che soffrendo insieme a noi dà al dolore dignità e speranza.

 

   
   
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