Marzo 2008

Una crestomazia del giornalismo italiano
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Dai nostri inviati speciali
Egidio Sterpa
Senatore della Repubblica
 
 

 

 

 

 

 

Visto attraverso tanti scritti
giornalistici,
il primo Novecento vi apparirà un grande fascinoso periodo di storia, pur con tutte
le sue angustie
e inquietudini.

 

Ho trascorso le vacanze, tra Natale e l’Epifania, con una meravigliosa passeggiata nella storia del Novecento. Lo debbo ad uno dei quattro volumi dei “Meridiani” di Mondadori dedicati al giornalismo italiano, il secondo esattamente, ch’è una mirabile antologia di 1.857 pagine curate da Franco Contorbia, con notizie sugli autori e sulle testate giornalistiche. Una crestomazia di quella ch’è stata l’aristocrazia del nostro giornalismo dal 1901 al 1939. Quasi una “Spoon River” di cronache, testimonianze, talune davvero straordinarie, saggi e analisi, anche queste di eccezionale valore documentale, che permettono di ripercorrere la nostra storia, anche dal punto di vista culturale, meglio di qualunque testo accademico. Un’antologia da raccomandare innanzitutto ai giovani e che merita di entrare di diritto nel corredo delle scuole medie.
La mia lettura dei testi, raccolti con intelligenza storica dal Contorbia, è andata a ritroso, partendo da quel formidabile “pezzo” di Montanelli del settembre 1939, che descrive il movimento delle truppe tedesche, presente Hitler, sul fronte orientale, che vide la romantica, fiera e ammirevole, sia pur vana, resistenza polacca, alla quale i tedeschi dovettero per forza guardare con rispetto nonostante la loro spavalda arroganza bellica. È un “pezzo”, questo di Indro, di storia d’Europa, che scuote e fa meditare le coscienze. Siamo appena all’inizio della tragedia che sconvolgerà il Vecchio Continente, e anche il resto del mondo.
Sempre a ritroso, sfogliando la bellissima antologia, che in ogni pagina impone di esser letta, si incontrano gli scritti, detti articoli nel gergo professionale, di giornalisti come Virgilio Lilli, lo scrittore che con la sua affascinante prosa cantilenante ha incantato la mia adolescenza; Corrado Alvaro, l’autore di Gente d’Aspromonte, che su La Stampa dà conto della folla che in piazza San Pietro – è il marzo del ‘39 – saluta il nuovo Papa, Pio XII; Guido Gonella, l’autore degli Acta diurna sull’Osservatore romano, che, a proposito dell’alleanza italo-tedesca, cita la stampa estera e non esita a indicare le gravi conseguenze dell’Asse.

Nel 1938 Orio Vergani celebra la conquista della maglia gialla da parte di Bartali al Tour de France; Bruno Cicognani, sul Corriere, commenta la grande balordaggine dell’abolizione del “Lei”; Guido Piovene, sempre sul Corriere, narra i funerali di D’Annunzio al Vittoriale; Emilio Cecchi, il grande critico letterario fondatore della Ronda con Cardarelli, invia dagli Stati Uniti la cronaca di un’«emorragia di scioperi a New York». Nel 1937 Luigi Barzini jr. racconta la morte del collega Sandro Sandri, ferito sulla cannoniera americana Panay, che naviga sul Fiume Azzurro verso Shanghai; mentre Angelo Tasca, dall’esilio parigino, celebra sul Nuovo Avanti «l’irreparabile perdita di Antonio Gramsci», morto in una clinica romana dopo anni di carcere.
Nel 1933 esce sul Resto del Carlino un “pezzo” di magistrale bravura cronachistica di Taulero Zulberti, giornalista trentino che io, giovanissimo, conobbi negli anni della sua senescenza al Corriere, il quale fa un resoconto meticoloso dell’insediamento del Cancelliere Hitler alla Wilhelmstrasse, con interviste allo stesso Hitler e a Goering.
Paolo Monelli racconta il volo da Chicago a New York con la squadriglia aerea di Balbo, e non manca di annotare un incontro di Balbo con un gruppo di suore italiane nei sobborghi di Chicago. Scrive: le suore «si raccolsero insieme e cantarono le parole di Giovinezza». Così era quel tempo.
Nel 1931 lo scrittore catanese Vitaliano Brancati, l’autore di Don Giovanni in Sicilia e de Il bell’Antonio, ricevuto da Mussolini a Palazzo Venezia, ne dà conto su la Critica fascista di Bottai con uno scritto dai toni tutt’altro che lirici. Scrive: «Io non so bene chi egli sia e non lo giudico storicamente, anche perché la sua opera non è compiuta». Nel ‘29 Giuseppe Antonio Borgese scopre il valore letterario del romanzo Gli Indifferenti che Moravia pubblicò a sue spese; nel ‘28 l’inviato Cesco Tomaselli racconta il dramma di Nobile con il dirigibile Italia al Polo Nord.
Nel 1926 Leo Longanesi, con un articolo sull’Italiano intitolato “La porporina imperiale”, ironizza e staffila quanti esagerano inneggiando al mussolinismo come “epoca d’oro”. Scrive: «Il guaio è che se Mussolini creerà un impero italiano, queste cornacchie dell’arte e del pensiero lo accoppieranno con le loro cacate». Doti di preveggenza. Umberto Fracchia su La Fiera letteraria dà conto degli attacchi di giornali come il Tevere e La Tribuna a Giovanni Gentile, che ha portato a collaborare all’Enciclopedia un centinaio di antifascisti. Grandezza di Gentile, meschinità dei detrattori. Nel ‘25 appare sul Corriere il commiato dei fratelli Albertini, Luigi e Alberto, sfrattati dal regime e dai fratelli Crespi.

E fermiamoci pure qui. Mi limiterò a brevi citazioni di articoli di Giovanni Amendola, Antonio Gramsci, Alfredo Frassati, Piero Gobetti, Giovanni Ansaldo, Pietro Nenni (una lettera aperta al suo ex compagno di lotte e di carcere, Benito), Filippo Sacchi (Esegesi di una dittatura, quella spagnola di Primo de Rivera, ch’è uno scritto di grandissima sensibilità liberale), Ugo Ojetti, Marco Praga (due grandi critici e analisti), Luigi Einaudi (esemplare lo scritto Licenziare i padreterni), Mario Missiroli, Massimo Campigli (che prima di scoprirsi grande pittore fu inviato speciale in Russia all’epoca della rivoluzione bolscevica), D’Annunzio (che racconta da par suo la beffa di Buccari con i “mas” di Costanzo Ciano e Rizzo), Mario Maffi (che a sua volta racconta il siluramento della Viribus Unitis), Rino Alessi (che entrò con i bersaglieri a Trieste nel 1918), Marinetti, Papini, Soffici, Mussolini ovviamente (la sua uscita dal Psi e la fondazione del Popolo d’Italia), Virginio Gayda (che racconta la tragedia di Sarajevo), Croce, Cardarelli, Salvemini, Tommaso Monicelli, Renato Simoni (il principe dei critici drammatici), Federico De Roberto (l’autore de I viceré), Antonio Fogazzaro (autore di Piccolo mondo antico), Gaetano Mosca, Rastignac (pseudonimo di Vincenzo Morello), Cesare Lombroso (che analizza la personalità del brigante calabrese Musolino), il barnabita padre Giovanni Semeria (che nel 1903 viaggiò in Russia e incontrò a Jassnaja-Poliana Tolstoi).
Un augurio di buona lettura, cari amici lettori, se vorrete imitarmi. Ne uscirete tonificati: visto attraverso tanti scritti giornalistici, il primo Novecento vi apparirà un grande fascinoso periodo di storia, pur con tutte le sue angustie e inquietudini. Prepariamoci a risalire l’Ottocento con il primo dei “Meridiani” sul giornalismo, per poi ridiscendere il secondo Novecento fino al Duemila con i prossimi due “Meridiani”. Non se ne potrà fare a meno, credetemi.

 

 

   
   
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