Compilata su
"scala di miglia quindici italiane", questa Provincia di Terra
d'Otranto, dedicata all'Arcivescovo della città "porta d'Oriente",
presenta un quadro completo - per simboli - della situazione interna e
costiera della penisola salentina.
E' necessario risalire
indietro nel tempo, siamo ad oltre due secoli e mezzo fa. Il Salento
è ancora Provincia di Terra d'Otranto, quale era stata già
delineata dal Magni: includeva i territori di Brindisi e Taranto, e
confinava, lungo una linea irregolare, da Torre San Leonardo (sull'Adriatico)
al fiume Bradano o "Brandano" (in territorio dell'odierna
provincia di Matera), con l'altra "Terra" pugliese, quella
di Bari. Si trattava, dunque, di una delle regioni più vaste
della penisola, storicamente vessata da una serie di invasioni fulminee,
di atti di pirateria, di incursioni, che continuavano a impoverirla
di uomini e disponibilità economiche. Tant'è che, dopo
la costa sotto Ostuni, cominciavano a infittirsi quelle torri costiere
e piccole fortificazioni di vedetta e di avvistamento, che diventano
numerosissime soprattutto nell'estrema parte meridionale, sotto Torre
dell'Orto, (attuale Torre dell'Orso): da qui al Capo di Santa Maria
di Leuca, infatti, se ne contano ben diciotto, e l'ultima ha un nome
che sembra un programma, "Torre di huomini morti", certo a
ricordo di vicissitudini storiche tutt'altro che piacevoli. Altre trentaquattro
ne riporta dalla parte opposta, sui litorali jonici, dove più
frequenti, anche se meno drammatiche (almeno rispetto a quelle adriatiche)
erano state le conseguenze delle incursioni barbaresche.
Dal punto di vista religioso, amministrativo e giudiziario, la Provincia
riporta una serie di "voci" indicative, che vanno dall'Arcivescovado
al Vescovado; dalla Città o Terra di Dominio o Reggia, alla Città,
o Terra ove risiede la Reggia Audienza; dal Porto di Mare, alle Torri,
ai Ponti, alle Rocche, ai Fiumi. E' una geografia abbastanza completa
e complessa, che, trasferendosi graficamente all'interno, riferisce
sui nomi dei singoli centri abitati sulla loro dislocazione rispetto
all'orografia locale, lungo la "dorsale" collinare, cioé
al di qua e al di lá di quel sistema centrale di "Serre"
che quasi divide due mondi: quello del versante jonico e quello del
versante adriatico, con la massima strozzatura tra Torre di Specchiolla,
ad oriente, e Torre di Sidaro, poco sotto Porto Cesareo, ad occidente.
Interessante notare, sempre all'interno, la presenza di acque stagnanti
di cui si è pressoché perduta la memoria. Dalle aree a
nord di San Pietro Galatino (Galatina), fino al territorio meridionale
di Cellino San Marco, si allungavano gli specchi de "Le Palude",
acque chiuse in depressioni, temute per le infezioni malariche. Altre
paludi sono visibili in una zona al centro di un cerchio ideale, segnato
dai paesi di Francauilla, Neuiano, Culpazzo, Sourrano, Sanaria, centri
abitati facilmente traducibli nelle denominazioni attuali. Taviano aveva
uno specchio isolato. Considerevoli invece gli acquitrini e le paludi
sulla costa adriatica di fronte a Lecce: sette sotto le sabbie del litorale,
uno interno (e di dimensioni notevoli), un altro più a nord,
tra San Pietro Vernotico e Torre Rinalda. Gli altri erano nel territorio
di Taranto e a sud delle colline di Ostuni.
Cospicui i territori forestati: che anzi, proprio dalla presenza di
fitti boschi prendevano il nome, com'è il caso de "La Macchia",
sopra Craparica (attuale Caprarica), de "Il Bosco", tra Sandonaci,
Guagnano e San Brancatio (San Pancrazio, Salentino dei nostri giorni).
Boschi anche dietro lo zoccolo delle colline di Matino, fino al territorio
di San Demetrio (un'ormai dispersa, piccola colonia albanese); e altri
boschi oltre l'Arneo, fino a San Giuliano; nell'interna Torre Santa
Susanna: grandi macchie verdi destinate a cadere per la caccia ai briganti,
per le indiscriminate distruzioni che si ebbero quando si strappò
anche un solo fazzoletto di terra per la poverissima agricoltura di
Terra d'Otranto.
Un'ultima notazione: questa carta della penisola salentina venne stampata,
nel 1714, da Domenico De Rossi, nella sua "tipografia" in
Roma, alla Pace, "con privilegio del Sommo Pontefice": e fu,
il De Rossi, uno dei più celebri stampatori, non solo romani,
dell'epoca, tanto che alle sue edizioni èstato dedicato un intero
volume-catalogo dal prof. Enzo Esposito, della Facoltà di Magistero
della Capitale. Si tratta di un dato interessante: la Terra d'Otranto
era remota da Roma, eppure se ne aveva, per merito di geografi e cartografi,
una conoscenza abbastanza vicina alla realtà. Ove si escluda
qualche errore cospicuo (San Pietro Galatino ubicato in cima a una dorsale
collinare, ad esempio), la dislocazione dei centri abitati è
considerevolmente approssimata: cosa del resto accettata dai cartografi
del XVII e del XVIII secolo, che erano costretti a riportare sulle mappe
e carte nomi abbastanza complicati; e, dal punto di vista dell'importanza
dei singoli paesi (e dunque del tipo di carattere da incidere) dovevano
rifarsi, più che all'importanza amministrativa, a quella religiosa
(arcivescovadi, vescovadi), o giudiziaria (reggia, udienza), dal momento
che sopravvivevano diritti feudali che impedivano un ordinamento civile
e amministrativo, quale sarebbe stato possibile realizzare, dopo, con
l'età napoleonica.
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