IL "MALE DI SAN DONATO"




Ada Nucita



L'epilessia è una sindrome clinica caratterizzata dalla ricorrenza di manifestazioni parossistiche di tipo motorio, sensoriale, psichico e più raramente, neuro-vegetativo: queste manifestazioni possono a volte trovare la loro espressione più "appariscente" nella "crisi convulsiva", e sono spesso intervallate da periodi di benessere anche completo.
L'epilessia era conosciuta già dai tempi antichi con il nome di "morbo sacro", particolarmente temuto sia perché le cause erano del tutto sconosciute, sia per la scarsa rispondenza alle cure.
Oggi, tuttavia, si vanno compiendo numerosi tentativi per dare al problema dell'epilessia "una risposta dal punto di vista terapeutico, ma anche e soprattutto da quello psicologico e sociale" (Lützenkirchen).
Nei piccoli centri dell'estremo Salento in alcuni strati di popolazione esiste e resiste un mondo diverso, rassegnato e fatalistico, dove la coscienza moderna è ancora una pellicola lieve e tremolante. Questo mondo serba una eredità di tradizione e di civiltà rurale e magica identificabile, altresì, in altre zone del bacino del Mediterraneo come la Grecia.
Queste popolazioni, nel passato, sfruttate oltre che dai proprietari terrieri anche da alcuni esponenti poco illuminati del clero hanno dovuto contare da sempre sulle proprie forze, così che "l'idea falsa" arricchita dall'elemento religioso ha trovato facile credito fra gente guidata dagli stati affettivi e passionali più che dal ragionamento e dall'intelligenza.
Per una migliore comprensione del fenomeno stesso e delle valutazioni della gente si riporta questa intervista ad Abbondanza Mele di Castrignano dei Greci. - Anni 91 -.
D. - Hai vistu mai gente cu Ilu male de Santu Tunàtu? (Hai visto mai gente con il male di San Donato?)
R. - Aggiu vistu grandi e piccinni. Ma mutu de cchiui piccinni. (Ho visto grandi e piccoli. Ma più piccoli).
D. - E cce hai vistu? (E cosa hai visto?)
R. - Na fiata 'nu piccicchéddhu mentre lattàva, tuttu de paru li vinne "maccanza", lassòu la minna e cuminciàu se torca commu 'nu serpe.
Li grandi, quandu li ziccava lu "male", de moi 'mmoi sbiancàvane, torcìane l'occhi, li scindìane le vave de vucca, cadìane 'n terra e sbattiane la capu pe 'nu picca de tiempu.
(Una volta un neonato mentre succhiava il latte materno, tutto ad un tratto perdette i sensi, lasciò il seno e cominciò a torcersi come un serpente. Gli adulti, quando venivano presi dal "male", improvvisamente impallidivano torcevano gli occhi, scendevano le bave dalla bocca, cadevano per terra e sbattevano il capo per un bel po' di tempo).
D. - La gente de lu paese ce dicìa? (La gente del paese cosa diceva?).
R. - Dicìa 'vvannu a Santu Tunàtu se volìa Ili torna la sanitàta. (Diceva di recarsi a San Donato se si voleva riacquistare la salute).
D. - Percé nun scìane a Ilu dottore? (Perché non andavano dal dottore?)
R. - Nun era cosa de dottore. (Non era cosa di medici).
Come si vede l'epilessia si manifestava con la comparsa di improvvise perdite di coscienza che determinavano un brusco arresto dell'azione in corso, mentre l'azione motoria veniva interrotta dall'assenza. Negli adulti le crisi avevano una diversa morfologia.
Era opinione diffusa, inoltre che qualche strega, tra le "peggiori", succhiasse giorno per giorno la vita dell'infante, vendicandosi così da un torto subito da uno dei genitori.
"Se ve trovati a ppassare denànzi 'nna curte - continua a dire Abbondanza Mele - e ve vae l'occhiu a certe sposate ca stannu settàate ntornisciàte, faticandu a Ili fierri o ca cùsune, mintìti, ccura ca dha mmenzu nc'ete 'na masciàra. Se voliti canùscere ci ete, guardati ci te iddhe tene le supraccije cùcchie" (Se, passando dinanzi a un cortile e lo sguardo va a certe donne sposate sedute in cerchio, intente a fare la calza o a rattoppare, state certi che lì in mezzo c'è una strega. Se volete conoscere chi è, osservate chi di loro ha le sopracciglie unite).
Sembra nell'indicazione delle donne maritate di scorgere un'anonima vendetta maritale.
La madre della piccola vittima invitava quella strega a casa sua e dopo averla colmata di gentilezze e di doni, si faceva suggerire qualche pratica magica o i dovuti rimedi, che quasi sempre consistevano in preparati fitoterapeutici, la cui efficacia "aveva fatto esperienza da secoli". Ovviamente il male, "per la sua natura misteriosa" non poteva trovare alcuna guarigione né attraverso il normale uso di erbe né attraverso l'intervento di formule magiche delle "masciare". Non restava che il ricorso ad una protezione superiore e si affidavano perciò al protettore degli epilettici: San Donato.
Sulle cause della malattia riportiamo alcune valutazioni della stessa Abbondanza Mele.
"Li antichi dicìane ca la notte de l'Annunziata li marìti toccàvane 'Ilassane 'n pace le mujéri; se mai sia dha notte le mprenàvane, nascia a Natale. La cosa nu ppiacìa allu Signore. Cusì lu piccinnéddu nun tenìa mai bene".
("Gli antichi dicevano che durante la notte della Annunziata i mariti dovevano lasciare in pace le mogli; se per caso in quella notte le mettevano incinte, il nascituro avrebbe visto la luce nel giorno di Natale. La cosa non piaceva al Signore. Così il neonato non aveva mai bene").
L'esposizione fin qui condotta fornisce elementi chiari, secondo i quali nella concezione popolare c'è sempre una colpa dei genitori sulla patogenesi dell'epilessia, che dagli stessi dev'essere espiata. Devono dunque sottoporsi a stressanti pratiche rituali che mirano alla riconciliazione con il santo protettore.
Il 6 e il 7 agosto, giorni di massima calura estiva si rinnova l'antica tradizione del pellegrinaggio al santuario di San Donato di Montesano Salentino o alla chiesa di San Donato di Lecce, che vedono la partecipazione della madre dell'infermo, che più di altri ne condivide l'angoscia per aver messo al mondo un essere umano "diverso".
La particolare devozione a San Donato vede queste madri afflitte entrare in quelle chiese strisciando la lingua sul pavimento e offrire ceri e del denaro. Esse vi trascorrono tutta la notte in preghiera, urlando tutta la loro disperazione e angoscia. Scalze vi prendono parte alla processione del simulacro del taumaturgo, allo scopo di riscattare l'infermo e "restituirlo nel pieno del suo equilibrio psico-fisico alla famiglia" per usare una efficace espressione di Lützenkirchen.
Riti religiosi analoghi a quello preso in esame, ispirati al concetto della mortificazione e della penitenza, si possono riscontrare nel culto di San Gerasimo ad Argostoli nell'isola di Cafalonia (Grecia).
Gruppi di infermi in un alternarsi di convulsioni epilettiche assistono, distesi per terra in chiesa o lungo le strade percorse dalla processione del Santo, in un atteggiamento passivo quasi estraneo a quanto si svolge convulsamente intorno a loro. I "Papades" (sacerdoti) e la folla ripetono continuamente ed ossessivamente canti sacri, implorandone la guarigione. Il rituale termina con la benedizione degli ammalati.
Tale diffusione attesta l'estensione, nei secoli passati di queste manifestazioni, rimaste confinate in posizione di isolamento culturale e di depressione economica.
Si ha ragione di credere che la società, fin dall'antichità, ha cercato nel fatto epilettico una spiegazione magica: "collera degli dei o possessione demoniaca" (Gastone Valongo) e che la persona affetta da epilessia ispiri ancora paura e a volte addirittura repulsione. Attualmente questi pregiudizi, radicati da millenni nel subconscio delle folle persistono associati alla falsa convinzione che la malattia sia inguaribile, malgrado che la chiesa va conducendo un'opera di eliminazione delle pratiche superstiti di devozione popolare per far posto alla terapia medica.

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