"Noi
dimostriamo tutti i suoni e la loro generazione. Abbiamo armonie che
voi non possedete, Fatte di quarti di suono e ancor più di piccole
sfumature sonore.
Diversi strumenti musicali a voi sconosciuti, alcuni più dolci
dei vostri, insieme a campane e campanelli che sono soavi e delicati.
Noi rappresentiamo suoni piccoli, grandi e profondi: attenuiamo e rendiamo
acuti i grandi suoni; abbiamo diversi Fremiti e gorgheggi che in origine
erano suoni completi.
Rappresentiamo ed imitiamo tutti i suoni e lettere articolati, le voci
e le note di bestie ed uccelli. Abbiamo la possibilità di consentire
all'orecchio di ascoltare più lontano. Abbiamo anche diversi
echi artificiali e straordinari che riflettono la voce molte volte e
agiscono come se la lanciassero; e alcuni che la restituiscono più
Forte, alcuni più acuto e altri più profonda".
Francis Bacon, New AtIantis (1624-1626)
Venezia 1986.
Per il Settore Musica della Biennale di Venezia viene organizzata
una mostra della musica elettronica intitolata "Nuova Atlantide".
Lo spunto per il titolo è dato da poche righe scritte da Francis
Bacon (vedi riquadro a lato) intorno ai primi decenni del XVII secolo,
con le quali , con un anticipo di trecento anni, egli descrive con
estrema precisione uno studio di musica elettronica quale è
ai giorni nostri.
Il ciclo di articoli che da questo numero saranno proposti prende
a sua volta le mosse dall'immagine che della musica elettronica, con
le sue varie ramificazioni, ha dato la mostra in questione: una esperienza
"sommersa", legata al mito - o a certi miti - e tuttavia
completamente proiettata in avanti, continua scoperta "in itinere"
svolta indifferentemente in laboratorio come sul palcoscenico.
Con la Nuova Musica l'ascoltatore, il critico, l'interprete affrontano
un'esperienza di fruizione auditiva, di analisi, di rievocazione strumentale
con la consapevolezza del confronto con qualcosa che spesso, se non
sempre, travalica il limite della tradizione, trascende il già
scritto: la composizione musicale tende con maggiore ansia rispetto
ad altre epoche anche tormentate verso lo stravolgimento del linguaggio
musicale stesso (fatto più generale) attraverso la rielaborazione
o la esasperazione dei singoli elementi costituenti l'evento creativo
(fatti particolari). A questa ansia, stato psicologico tanto connaturato
all'Uomo Nuovo, si aggiunga la altrettanta connaturata "trasversalità"
del fare e del creare, significativamente ravvisabile nel largo uso
che l'uomo contemporaneo fa di prefissi linguistici indicanti inequivocabilmente
e sistematicamente molteplicità e relazionabilità; i
più comuni dei quali - interdisciplinarietà, multimedialità,
panlinguismo - danno una seppur vaga idea del magma onnicomprensivo
entro il quale l'artista, l'intellettuale è tenuto ad operare.
Da cinquant'anni a questa parte si vive in dialettica contraddizione
con l'esigenza della specializzazione nell'ambito della più
vasta conoscenza: un compositore - nello specifico - deve saper essere,
di volta in volta, storico, giornalista, filosofo, conferenziere,
fisico, politico (anche se più spesso per scelta che per reale
esigenza), tecnico informatico...
Boulez, ormai un buon numero di anni fa, fu buon profeta quando chiaccherando
con Stockhausen nei corridoi dell'IRCAM ("Institut de Recherche
et de Coordination Acustique/Musique") sostenne come ormai vicina
l'esigenza -sarebbe meglio la necessarietà - della composizione
come evento collettivo, lasciando interdetto il pur lungoveggente
compositore tedesco.
Un siffatto quadro, più che sfaccettato, appare scheggiato:
l'opera d'arte, la sua creazione, è subordinata al ricomporsi
di queste schegge nelle mani del compositore; non si può evitare
di pensare alle esperienze sulla stocastica di uno Xenakis o ai divertimenti
assemblativi di un Cage senza lasciarsi tentare dal dubbio della rivelazione.
Dati questi presupposti, nasce spontanea l'esigenza della sintesi
e dell'inquadramento organico come base sistematica di un lavoro di
più vasto respiro e di maggiori ambizioni.
Le pagine che seguono non sono dunque orientate all'esaurimento più
o meno completo di un aspetto specifico nel vasto ambito dell'esperienza
compositiva contemporanea.
Questa breve tesi è intesa nel senso, appunto, della sintesi
non riduttiva del quadro generale della musica colta contemporanea
fin dagli albori, ed all'inquadramento in questo ambito dell'esperienza
elettrica ed elettronica: questo per rendere plausibile un lavoro
di approfondimento sistematico e ben collocato da svolgersi in un
secondo momento sulla musica informatica. Il linguaggio sarà
dunque volutamente scarno, relato a schematizzazioni, ricondotto all'essenziale:
una sorta di atlante di anatomia musicale sul quale condurre un tirocinio
mirato ad entrare in modo non sprovveduto nel vivo della musica elettronica.
TRA OTTOCENTO
E NOVECENTO
Caratteri generali.
Il quadro economico - e dunque sociale - che si prospetta all'inizio
del secolo è caratterizzato da una sostanziale omogeneità
derivata dall'assunzione da parte di grandi blocchi territoriali di
criteri capitalistici.
Diretta conseguenza è l'intrecciarsi oltre che degli interessi
economici su vasta scala, anche degli interessi culturali: i fenomeni
artistici non rimangono più circoscritti in ambiti geografici
ristretti, ma vengono esportati, rivissuti, integrati in un quadro
di ampio respiro. Gli apparati commerciali, organizzativi, editoriali
si organizzano su vasta scala, potenziando la loro capacità
penetrativa pur se a discapito della varietà: il repertorio
si cristallizza in senso storicistico, in virtù anche del crescente
apporto della musicologia, spiazzando i compositori che non vengono
sentiti nel senso del prolungamento della tradizione, creando così
una frattura tra "avanguardia" e pubblico - specie se non
specializzato - tuttora gravante sulla produzione musicale. Questa
frattura viene generalmente interpretata in qualità di sintomo
di un rapporto patologico tra artista e classe dominante, causato
dall'incapacità di quest'ultima di esprimere valori significativi
e dunque "comunicabili".
Crisi del romanticismo. Quanto esposto si riassume, a cavallo dei
due secoli, nelle figure di Mahler e Debussy: con il primo si chiude
l'epoca sinfonica e si gettano le basi per la rivoluzione del linguaggio
che sarà poi attuata da Shonberg; il secondo, liberandosi dall'influsso
tedesco, saprà riallacciare l'esperienza musicale ai fermenti
letterari ed artistici in atto a Parigi.
IL PRIMO NOVECENTO
Parigi e il neoclassicismo.
Parigi diventa, dopo l'impatto suscitato dalla rappresentazione di
Pelleas et melisande, crocevia degli stimoli artistici internazionali,
e si caratterizza per lo spirito raffinato ed ironico che pervade
gli ambienti creativi della città: ogni moda viene assimilata
e trasfigurata da Parigi, ogni evento creativo - il futurismo, il
jazz e il Music Hall, il surrealismo -. E' appunto l'ironia a caratterizzare
la produzione di Ravel (1875-1937), assieme a suggestioni spagnoleggianti
trattate con aristocratico distacco e reminiscenze del clavicembalismo
settecentesco. Ma ècon Satie (1866-1925) che l'ironia, attraverso
il non-sense e la contrapposizione della "musique d'ameublement"
agli alti ideali del gesto compositivo, diviene manifesta. Attorno
a Satie ed allo scrittore Jean Cocteau, "Le Six": Milhaud
(1892-1974), Honegger (1892-1955), Poulenc (1899-1963), Durey (1888-1979),
Auric (1899-?), Tailleferre (1892-?), concordi fino al 1925.
A riprova del reciproco scambio di influssi culturali tra la Francia
e Spagna e Russia, la presenza di De Falla (1879-1946), con la sua
esuberanza ritmica, la purezza timbrica, l'assimilazione del modalismo
della tradizione iberica, e Stravinskij (1882-1971), irruente e selvaggio
prima, votato all'aristocrazia del neoclassicismo poi.
Espressionismo e "Scuola di Vienna". Diametralmente opposto
rispetto a quello dei colleghi francesi è l'atteggiamento dei
compositori viennesi nei confronti della tradizione, subita in quanto
angosciosa piuttosto che ironicamente dissacrata.
Specchio di una situazione socio-politica sull'orlo del collasso -
la ormai prossima dissoluzione dell'impero, con l'acuirsi dei contrasti
sociali e l'esasperazione dei criteri restrittivi operata dal governo
- il gesto creativo si orienta in antitesi con tutto ciò che
è tradizione: l'artista non èpiù chiamato a dare
forma all'idea, ma deve svelare l'idea dalla forma; Kandinskij e Schonberg
nei due ambiti -quello pittorico e quello musicale -operano la rottura
con il passato per mezzo dell'astrattismo e della dodecafonia: abolizione
di ogni riferimento alla Natura, moltiplicazione dei punti focali,
sempre nuova rielaborazione del materiale ricondotto ad uno stato
preformale, indifferenziato.
A Schonberg (1874-1951) ed alla sua ricerca si affiancano Berg (1885-1935)
e Webern (1883-1945), il primo più attento al mantenimento
del valore espressivo dell'esito musicale, il secondo proteso verso
la ricerca delle estreme conseguenze della dodecafonia, in perfetta
sintonia con l'ideale di artista teorizzato da Adorno.
Più o meno isolati, operarono - è il caso di ricordarlo
- in questo periodo l'italiano Busoni (1866-1924) ed il russo Skrjabin
(1872-1915), carico di tensione morale e proteso verso il rinnovamento
della tradizione il primo, pervaso da sperimentalismo misticheggiante
il secondo.
GERMANIA - Intorno
agli anni Venti, Berlino, grazie alla figura di Hindemit (1895-1963),
diviene il centro più vivace della vita musicale tedesca. Hindemit
opera in antitesi rispetto al romanticismo sviluppando il principio
della musica come "prodotto d'uso" ed adoperando stili e
materiali espressivi i più disparati ricomponendoli e stravolgendoli,
il tutto nell'ambito di una concezione "oggettivistica"
della musica. Di seguito toccherà atonalismo, modalismo, politonalismo
per poi ritornare ad un tonalismo allargato al totale cromatico.
Al primo Hindemit sono accostabili le figure di Krenek (1900-1979),
come pure quelle dei compositori che operarono sulla scia di Brecht
-Weill (1900-1950), Eisler (1898-1962), Dessau (1894-1979) - utilizzando
materiali "vili" (musiche da cabaret, canzonette) al servizio
dello straniamento brechtiano.
Con l'avvento del nazismo rimarranno in Austria e Germania solo autori
legati alla tradizione o compositori quali Orff (1895-1982) e Egk
(1901-?), legati alla nuova ideologia, nelle cui composizioni èprorompente
un vitalismo primitivistico ostentatamente virile.
UNIONE SOVIETICA
- Sono Prokof'ev (1891-1953) e Sostakovic (1906-1975) le figure più
rilevanti della cultura musicale russa: contrariamente a quanto avvenuto
per Stravinskij e Skrjabin, l'esperienza condotta in Occidente non
si traduce in una frattura con il proprio Paese, tanto è vero
che Sostakovic diventerà il più fedele interprete della
cultura artistica sovietica.
INGHILTERRA -
Dopo un lunghissimo periodo di assenza, in Inghilterra, di personalità
di spicco nell'ambito compositivo è Britten (1913-1976) a muoversi
su livelli di alto valore, operando principalmente per il teatro.
ITALIA - Con il
nuovo secolo, si assiste in Italia al superamento dell'egemonia dell'opera
in musica, oramai asfissiante, ad opera dei compositori della "generazione
dell'Ottanta": Respighi (1879-1936), Pizzetti (1880-1968), Malipiero
(1882-1973), Casella (1883-1947).
Negli ultimi due l'emancipazione dal melodramma ottocentesco avviene
all'insegna di un recupero arcaicizzante di forme e modi compositivi
rinascimentali e barocchi.
Parallelamente alcuni autori seguitano a comporre sulla scia dell'opera,
gravitando tra la lezione di Wagner e l'esperienza verista, senza
peraltro aggiungere alcunché di nuovo; tra questi, Montemezzi,
Wolf-Ferrari, Zandonai, Alfano.
Ancora, la stagione futurista che, a dispetto delle peraltro fondate
accuse di dilettantismo, vedrà -non tanto nell'opera di Pratella
(1880-1955), quanto nel 'rumorismo di Russolo (1885-1947) - i primi
segni evidenti della progressiva emancipazione del rumore come materiale
sonoro espressivamente utilizzabile.
Ancora, fra le due guerre, si affermano Castelnuovo-Tedesco (1895-1968),
Veretti (1900-1978), Ghedini (1892-1965), Dalla piccola (1904-1975)
- primo a comprendere il significato e la portata della dodecafonia
-, Petrassi (1904-?).
STATI UNITI -
Se nei primi anni del secolo i compositori americani erano fermi ad
un approccio grossomodo imitativo imperniato sulla solida tradizione
musicale del tardo romanticismo tedesco, nel dopoguerra le opportunità
di scambio culturale si intensificano sensibilmente: la presa dei
criteri compositivi europei è - nel nuovo mondo -immediata,
e gli americani danno prova di ecletticità naturale, maneggiando
e contaminando stili sono i più significativi artisti appartenenti
a questa schiera.
Ancora, Creston, Schuman, Foss, Bernstain all'eclettismo cosmopolita
affiancano il jazz e le Song, forme - o meglio, generi - intimamente
americane. Ed in questo senso, attraverso la matrice del Music-Hall,
opera Shershwin (1898-1937), dando vita ad un originale linguaggio
teatrale.
Al di là - ed al di sopra - di queste esperienze, come pure
delle esperienze europee, la acuta ricerca sperimentale di Ives (1874-1954)
e Varese (1883-1965), quest'ultimo impegnato sul fronte dell'emancipazione
del rumore e fra i primi sperimentatori delle possibilità offerte
dall'elettronica.
INTERMEZZO VERSO
LA RICERCA ELETTRONICA
Se di musica elettronica
si può parlare solo intorno alla fine degli anni Quaranta,
presagi circa l'ampiezza dello spettro di ricerca sul quale l'uso
delle apparecchiature costituenti uno studio di musica elettronica
consentirà di operare si intuiscono già dalla fine del
diciannovesimo secolo.
In effetti, a dispetto dell'aura di esoterismo ai limiti dello scientifico
che avvolge la ricerca elettronica, rivoluzioni vere e proprie non
vengono innescate dall'uso di questi strumenti: l'accelerazione apportata
dall'elettronica ad alcuni processi già in atto in seno al
linguaggio musicale si è dimostrata senz'altro spiazzante,
ed ha ingenerato confusioni e pregiudizi alimentati peraltro dalla
svogliatezza un poco ottusa di musicisti, critici ed ascoltatori poco
propensi ad accostarsi ad un tavolo di lavoro ingombro di nastri magnetici
ed oscillatori piuttosto che di più rassicuranti matite e fogli
pentagrammati.
I "processi già in atto" cui sopra accennavo verranno,
a grandi linee, fotografati, congelati nell'attimo che precede l'accelerazione
impressa loro dalle ricerche elettroniche; questo espediente, oltre
a garantire trasparenza e chiarezza espositiva, funzionerà
da anello di giunzione, da cerniera tra le esperienze pre e post-belliche
e, cosa più importante, evidenzierà l'attinenza dello
sperimentalismo elettronico - al di là dell'allargamento del
campo di indagine musicale ed al di là dell'apertura inevitabile
ed anzi auspicata di nuove strade alla ricerca - con il più
generale contesto della evoluzione del linguaggio musicale: attinenza
che non si manifesta nel segno della contiguità, quanto in
quello della continuità.
Si renderanno dunque manifeste la incoerenza e la contraddittorietà
insite nell'abitudine ormai consolidata della trattazione del capitolo
,Musi a elettronica" avulso dal più generale quadro dell'evoluzione
linguistica della Nuova Musica.
Vediamo dunque di passare in rassegna questi processi "in itinere":
Armando Gentilucci, trattando appunto questo argomento, divide schematicamente
in due filoni il processo di dissoluzione e riorganizzazione del linguaggio
musicale che fornirà materia viva alla sperimentazione elettronica.
Da una parte distingue la direttrice del cosiddetto timbrismo o materismo;
dall'altra quella dell'espressionismo dodecafonico e i suoi derivati.
La prima direttrice prende idealmente le mosse - nell'astrazione della
autolimitazione temporale, per non cadere nella tentazione dell'indagine
a ritroso nei secoli - da Berlioz, con la sua "[ ... ] irrequieta
fantasia timbrica [ ... ], quegli autentici strati di materia sonora
dialetticamente contrapposti di cui le note sembrano puri supporti
[ ... ]", tocca la ricerca di Debussy sul timbro in funzione
strutturale, gli studi folclorici di Bartok, il pionierismo microintervallare
di Haba, i collages sonori di Ives, l'irruento futurismo di Russolo,
la dirompente vitalità fonica di Varese, per sfociare, neanche
a dirlo, nel concretismo parigino.
Seconda direttrice: serialismo, strutturalismo post-weberniano, dissociazione
puntillistica, tecnica dei gruppi. Attraverso queste fasi la "nota"
perde il senso fraseologico da sempre detenuto, il ritmo si fa durata,
la verticalità agglomerato, stratificazione; prevale il magma.
Ecco che a questo punto si può, chiamando in causa ancora Gentilucci,
"[ ... ] ribadire che alla fine, oltre allo sviluppo anche della
tecnologia generale, il progredire dell'elettroacustica per fini compositivi
sia maturato principalmente attraverso la eliminazione (parziale o
totale; tendenziale sempre) della 'dialettica delle altezze' e del
motorismo ritmico nell'ambito della musica prodotta con strumenti
tradizionali, provocando per estensione del fenomeno dissociativo
antipolarizzante una sorta di deflagrazione pulviscolare [ ... ]".
E' comunque necessario evidenziare il fatto - non trascurabile - che
le due direttrici, confluite prima separatamente nell'esperienza elettronica
per poi avvicinarsi progressivamente fino a conglobarsi, muovono da
due opposti punti di vista; ed è questo che, al di là
dei risultati omogenei, le differenzia: per la corrente timbrista
presupposti istintivi -in quanto mai istituzionalizzati - sono la
destoricizzazione del fatto musicale e la negazione dell'eurocentrismo
(lampanti gli esempi di Ives e di Bartok). La corrente espressionista
invece opera sistematicamente dal di dentro della tradizione, secondo
la "dialettica negativa" di adorniana memoria, dilatando
il linguaggio già acquisito fino a farlo esplodere dal proprio
interno. Non è un caso, a ben guardare, il fatto che il concretismo
francese nasca all'insegna di un empirismo un poco guascone, a differenza
di quanto avviene negli studi di Colonia, votati al purismo scientificamente
pianificato.
IL SECONDO NOVECENTO
Con l'avvento
del nazismo i maggiori esponenti del mondo intellettuale e artistico
migrano verso l'America. L'attività culturale europea, peraltro
in larga misura concentrata in Germania ed in Austria, col finire
della guerra appare ridotta al minimo. Tuttavia il desiderio di ricostruzione
- anche culturale - è generalizzato: basti pensare che l'Istituto
Kranischstein di Darmstadt, fondato da Fortner ed Hindemit con l'intento
preciso di ricostruire la cultura musicale tedesca, è datato
1946.
La Germania, ancora una volta punta di diamante del processo di approfondimento
e sviluppo delle problematiche musicali, si riallaccia, attraverso
i giovani compositori giunti a maturazione intorno agli anni Cinquanta,
all'avanguardia - ormai considerata "storica" - dei primi
anni del Novecento: ha così inizio quell'avventura della storia
della musica denominata "FASE II".
Vera e propria base di avvio di questa nuova esperienza è il
serialismo viennese, sintetizzato nei suoi aspetti più esasperati
dalla figura di Webern, intorno alla cui opera ed ai valori cui si
ricollega - teorizzati da Adorno nella sua Filosofia della musica
moderna del 1949 - si originò un vero e proprio culto.
Essendo proprio Darmstadt il centro nevralgico intorno al quale gravitano
i compositori della nuova avanguardia, si parlerà appunto di
"avanguardia post-weberniana di Darmstadt": seguire gli
sviluppi di questa vera e propria Scuola -omogenei fino quasi agli
anni Sessanta -e comprenderne il frazionamento successivo è
essenziale per addentrarsi nei processi evolutivi della Nuova Musica.
Parallelamente, ci si dovrà muovere attraverso le acquisizioni
degli studi di musica elettronica più importanti -Parigi, Colonia,
Milano -, valutare i processi in atto in America, considerare gli
effetti dei riflessi delle esperienze tedesche negli ambienti compositivi:
un siffatto quadro, per quanto composito, dovrebbe facilitare la comprensione
degli sviluppi del linguaggio musicale degli ultimi anni.
Torniamo a Darmstadt: gli sviluppi futuri delle ricerche svolte intorno
all'istituto si possono presagire già nel 1949, anno della
presentazione di Mode de valeurs et d'intensites del francese Messiaen,
che per la prima volta estende i criteri della serialità a
tutti i parametri musicali, pur se sulla scorta di "modi"
precostituiti piuttosto che di serie a base 12.
Tuttavia l'anno di svolta è il 1951: a breve distanza vengono
presentate Polyphonie X di Boulez, Kreuzspiel di Stockhausen, Polifonica-Monodia-Ritmica
di Nono. E' l'atto di nascita dell'avanguardia post-weberniana.
Denominatore comune alle composizioni, applicazione rigorosa del principio
seriale, adozione del divisionismo puntillista.
La poetica dei tre evolverà tuttavia, sul finire degli anni
Cinquanta, in direzioni diverse, Boulez proseguendo sulla scia del
razionalismo matematico nella costante ricerca di un assoluto oggettivo;
Stockhausen, vigile e curioso esploratore di situazioni foniche, opererà
in direzione di un costruttivismo empirico in seguito debordante nel
misticismo; Nono preferirà abbandonare il serialismo alla ricerca
di un linguaggio sempre più proteso verso tensioni morali.
Quando intorno al 1956 il costruttivismo radicale dello stesso Boulez
si piega a suggestioni debussiane, a Darmstadt la seconda svolta è
più che un presagio: l'anno dopo, il 1957, lo stesso Boulez
compie il passo ulteriore con la presentazione di Terza Sonata. Il
messaggio è chiaro: oltre l'iperdeterminismo strutturale elaborato
nel corso degli anni Cinquanta, al compositore si offre la possibilità
di superare la struttura stessa attraverso l'introduzione dell'alea
e della modularità.
Il messaggio viene accolto immediatamente, e la l'aleatorietà
controllata" viene sviluppata in composizioni storiche quali
Refrain di Stockhausen e Mobile di Pousseur.
A Darmstadt si giunge così attraverso un processo estremamente
complesso di affinamento linguistico a risultati analoghi - quanto
meno sotto il profilo della risultanza sensoriale - a quelli raggiunti
negli Stati Uniti attraverso l'opposto procedimento della svalutazione
dell'artista e dell'opera artistica operato da Cage e dalla sua cerchia;
procedimento che presuppone la negazione di ogni intenzionalità
dell'artista nell'atto creativo, ridotto quest'ultimo a mero esercizio
della casualità, soggetto inconsapevole di fattori ed accadimenti
esterni. Gli anni Cinquanta, accanto alle esperienze condotte a Darmstadt,
vedono nascere -ed operare - numerosi studi di musica elettronica:
a Darmstadt stessa è legato da stretti rapporti di collaborazione
il più famoso studio di musica elettronica pura, quello fondato
da Eimert a Colonia nel 1951.
Nello stesso anno nasce a Parigi il primo studio per le ricerche sulla
musica concreta, il "Groupe de Recherches de Musique Concrete"
ad opera di Schaeffer ed Henry. Quattro anni dopo, a Milano, sulla
scia di questi due studi, Berio, Maderna e Paccagnini costituiscono
presso la RAI il "Centro di Fonologia Musicale".
Delle distinte eredità raccolte da questi studi, dell'accelerazione
impressa alle ricerche compositive, delle sostanziali differenze di
metodo tra lo studio di Colonia e quello di Parigi si è detto;
resta da aggiungere che il ritardo accumulato rispetto agli altri
studi dal Centro di Fonologia milanese è stato immediatamente
bilanciato dall'acquisizione dell'esperienza - e dalla conoscenza
degli errori d'impostazione -dei due studi transalpini. Tant'è
che lo studio della RAI si è potuto affermare in una vantaggiosa
posizione di mezzo rispetto al concretismo ed al purismo elettronico.
Ma vediamo nello specifico il lavoro svolto dai tre studi.
PARIGI - Schaeffer,
già prima della costituzione del "Groupe de Recherches
de Musique Concrete", operava nel senso della giustificazione
ed integrazione del "rumore" nell'opera artistica.
La ricerca, necessariamente legata alla disponibilità tecnologica,
si muove attraverso esperimenti con più grammofoni ("Studi"
sulla trottola, sulle ferrovie), pianoforti elementarmente preparati
con l'intromissione di corpi estranei sulla cordiera ("Studio
violetto", "Studio nero"). Nel 1949, nella Symphonie
pour un homme seul, composta a quattro mani da Schaeffer ed Henry,
viene integrato materiale sonoro appartenente all'esperienza quotidiana
frammisto ad interventi strumentali formalmente gestito attraverso
nove movimenti che si richiamano abbastanza ingenuamente a suggestioni
(Prosopopea, Erotica, Collectiv) o a forme della tradizione (Valzer,
Stretto).
Al momento della formazione del "Groupe de Recherches" presso
la Radio Francese, si poté usufruire del nastro magnetico per
le ricerche concrete, supporto per mezzo del quale la modificazione,
la trasfigurazione dell'elemento fonico "concreto" diventa
facilmente effettuabile.
L'opera che, più degli stessi "collages" fonici operati
da Schaeffer ed Henry, sintetizza in un tutto dotato di indiscutibile
valenza artistica la prorompente ricerca parigina, si deve all'americano
Varese con Desert, terminata nel 1954 di passaggio a Parigi.
Nel 1958 Schaeffer, Ferrari, Mache e Chamass impongono una svolta
nel senso dell'organizzazione fonica e della pianificazione teorica
al lavoro di ricerca, un po' sulla scia di quanto avveniva fin dalla
fondazione nello studio di Colonia.
Conseguenze, dopo una stagione di verifica ravvisabile nella composizione
di numerosi "Studi" - Etude aux sons animes, Etude aux allures
-, Ambiance I di Phillipot e Visage V di Ferrari, entrambe del 1959;
accanto a queste composizioni, le opere elettronico-concrete elaborate
tra il 1959 ed il 1960 all'insegna della preorganizzazione del materiale
sonoro attraverso criteri probabilistici da Xenakis: Diamorphoses,
Concret P.H., Orient-Occident.
Da ultimo, è necessario aggiungere che, eccezion fatta per
i collaboratori occidentali quali, appunto, Varese e Xenakis, gli
esiti artistici delle pur brillanti intuizioni teoriche suscitate
negli studi parigini appaiono quanto meno insignificanti: è
quindi necessario pensare al lavoro svolto a Parigi in termini di
prospezione per poterne cogliere il senso.
COLONIA - Da presupposti
e con obiettivi contrari rispetto a quelli di Parigi nasce lo Studio
di Elettronica. Qui, per volere di Eimert e del suo giovane collaboratore,
Stockhausen, le regole sono chiare: purismo elettronico, proseguimento
dell'esperienza weberniana, pianificazione e verifica preliminare
del materiale fonico e delle possibilità offerte dall'elettroacustica.
Le critiche mosse alla limitazione comportata sul piano della ricerca
vengono sistematicamente rintuzzate dai risultati, sempre progredienti
ed affrancati da certo empirismo "ludico" e dilettantistico
invece largamente presente a Parigi.
Ad una prima fase, appunto, di vaglio e catalogazione, fa seguito
un periodo di verifica, attuato per lo più attraverso la forma
dello "studio": Studie I (1953), Studie II (1954) di Stockhausen
appaiono illuminanti per quelle che saranno le direttrici della ricerca
intrapresa a Colonia.
Intorno al 1956, tuttavia, si acuisce l'interesse per il concretismo
francese -prima ampiamente snobbato - e si alleggerisce il peso dello
strutturalismo seriale: vedono la luce composizioni quali Interferenze
di Klebe e Figure Sonore II di Koenig.
Ma il "culmen" è raggiunto dall'attentissimo Stockhausen
con Gesang der Junglinge, nastro elettronico-concreto del 1956, supera
il periodo della pianificazione catalogativa e del serialismo allo
stato puro. E, cosa più importante, lo studio di Colonia si
aprirà a convergenze, contaminazioni, stimoli esterni.
Così troviamo gli effetti dello sviluppo ulteriore dello strutturalismo
verificatosi nel parallelo ambito strumentale specchiarsi nella modularità
di Scambi I e II di Pousseur (1957), i lavori su base ancora strutturalistica
di Evangelisti (Incontri di fasce sonore), la virtuale gestualità
insita in Transition I (1958-1960) e l'apertura verso l'interprete
prospettata nel segno dell'alea in Transition II di Kagel.
MILANO - Ritratto
di città, del 1956, apre ufficialmente l'attività di
Berio e Maderna; a questo reportage ai limiti dell'onomatopea si accostano
successive esperienze "d'assaggio": Mutazioni di Berio,
Notturno di Maderna, entrambe datate 1956. L'anno successivo, Prospectives
di Berio, lavoro basato in larga misura su processi di accelerazione
del materiale sonoro su nastro, definisce con maggiore forza il carattere
"empirico" delle ricerche condotte a Milano, ciò
che fa la differenza con le altre due stazioni di ricerca elettronica.
E la "posizione di mezzo" assunta dallo studio RAI nel quadro
europeo si esplicita con Thema (omaggio a Joyce), opera beriana risalente
al 1959; in Thema "[ ... ] le categorie ritenute un tempo fisse
ed inconciliabili, le discriminazioni fra suono e rumore, tra parola
cantata e parola parlata cedono vistosamente [ ... ]".
A partire dall'anno successivo, il 1958, viene affrontato il tema,
incalzante, del rapporto dell'elettronica con gli strumenti tradizionali.
Vissuto sul piano internazionale in qualità di rapporto antitetico,
o meglio escludente, ai danni degli strumenti tradizionali, oramai
giudicati non sufficientemente versatili, in una crisi che coinvolgeva
anche l'interprete, lo scontro viene risolto sul campo, dimostrando
la possibile complementarietà degli strumenti ed anzi registrando
il fattivo e reciproco potenziamento nell'interazione.
Il processo viene avviato da Maderna con Musica su due dimensioni,
per flauto e nastro magnetico, composizione strutturata su base modulare
e pregna di alea, e proseguito da Berio con Differences, per flauto,
clarinetto, viola, violoncello, arpa e nastro magnetico, sul quale
vengono immagazzinati e modificati eventi strumentali, in una sorta
di dialettica della sostituzione, che vengono poi fatti incontrare
con i suoni strumentali prodotti dal vivo.
Chiude il decennio Momenti (1960), summa dell'esperienza elettronica
di Berio, condotta attraverso lo sfruttamento intensivo delle possibilità
offerte dagli studi milanesi.
(1 - continua)