Questo lavoro
andò avanti
fra accuse di
provincialismo,
di cultura retrograda e reazionaria,
talora
con scetticismo
irridente.
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Cominciamo col dire che la sigla B.S.S. sta per Biblioteca
degli Scrittori Salentini delleditore Congedo di Galatina,
fondata e diretta da Mario Marti con la collaborazione di alcuni
amici e colleghi di redazione. In realtà, la Biblioteca
degli Scrittori Salentini costituisce la prosecuzione di una
Biblioteca salentina di cultura pubblicata dalleditore
Milella di Lecce, e a suo tempo fondata anchessa e diretta
da Mario Marti, assistito dagli amici della redazione. Ma si tratta,
in sostanza, di ununica iniziativa, ormai più che ventennale,
e che sfiora anzi il quarto di secolo. Le cose andarono come ora
si racconterà con la maggior precisione possibile, per linteresse
e la curiosità di tutti coloro che, sempre attenti, per dovere
o per passione, allo svolgersi della fenomenologia della cultura,
e in particolare di quella letteraria, non disdegnano di impattarsi,
con serietà ed impegno, col difficile e rischioso problema
dei rapporti dialettici tra loperosità locale e quella,
per lappunto, nazionale, in una visuale integrale e policentrica
della storia. Entro e fuori dell«accademia» universitaria
e non.
Ora mi si permetta di passare, senza scandalo alcuno, dalla terza
persona alla prima, considerata la mia posizione nella questione
specifica; e questo son sicuro che renderà anche il discorso
più sciolto, amabile e dunque leggibile, se non godibile.
Almeno, lo spero vivamente; anche perché mi atterrò
alla nuda realtà dei fatti, senza alcuna spinta di protagonismo,
di vano compiacimento, o, peggio, di narcisismo. E comincerò
col ricordare quel dolce tardopomeriggio di settembre (era lanno
1976), quando leditore Antonio Milella, del quale ero diventato
stretto collaboratore e amico fidato lungo i miei precedenti anni
di docenza alla Facoltà di Lettere, venne a casa mia, per
discutere e decidere, insieme con me, positivamente o negativamente
che fosse, circa una iniziativa editoriale che gli avevo illustrata
nelle sue linee generali, e forse ancora un po vaghe, e che
però mi stava molto a cuore, e da molto tempo. E infatti,
quando io fui chiamato allincarico di tenere linsegnamento
di Letteratura italiana alla Facoltà di Lettere, che stava
per nascere (1956) dopo quella di Magistero (1955), era da poco
iniziata la stagione delle letterature regionali, in
parallelo, direi, e in concomitanza col generale problema politico
della regione espressamente prevista dalla recente Costituzione
italiana. Più strettamente sotto il profilo politico, e più
ampiamente e articolatamente (e forse con maggiore tolleranza dapertura)
sotto quello culturale e letterario, si discettava sulla storia,
e insieme, sulla geografia della tradizione politica, per cogliere
elementi e nessi fra le forti aspirazioni unitarie e le non meno
forti realtà concrete di differenze antropologiche e di identità
storiche; e si discettava anzi si cominciava a discettare
con cognizione di causa insieme sulla storia e sulla geografia
della tradizione letteraria, e sul significato pregnante del loro
rapporto, volta a volta identificato ed analizzato. Il famoso saggio
di Carlo Dionisotti, intitolato Geografia e storia della letteratura
italiana, apparve per la prima volta nel 1951 in Italian Studies
di Cambridge; ed era, sostanzialmente, la pubblicazione di un testo
letto a Londra due anni innanzi (1949). Ecco: questa era la via
che mi ripromettevo di percorrere, quando accettai lincarico
di Letteratura italiana offertomi dal Comitato Tecnico della neonata
Facoltà di lettere nella persona del prof. Raffaele Spongano,
e formulai dentro di me i programmi futuri: una ricognizione e una
rifondazione della regione Salento (ché il Salento è
veramente una regione ben identificata) particolarmente sotto laspetto
letterario, e più ampiamente culturale, con lausilio
di una rigorosa teoria della letteratura e di una scrupolosa attenzione
ai fatti e ai problemi di carattere storico e di carattere filologico
(del resto, già nel 49 era apparso, sull«Albero»,
un mio studio di natura metodologica, intitolato Critica letteraria
come filologia integrale). Era quella la via giusta e più
attuale e, diciamo pure, attraente, almeno in quegli anni: nel 68
uscì la prima Storia letteraria delle regioni dItalia
compilata da Natalino Sapegno e Walter Binni; e due anni dopo (1970)
proprio a Bari si svolse il VII Congresso dellAssociazione
internazionale per gli studi di lingua e letteratura italiana (AISLLI)
su Culture regionali e letteratura nazionale (gli Atti
presso lAdriatica Editrice di Bari, 1971). Con tutto quello
che poi è anche seguìto nello specifico campo dindagine.
Così, non appena fu giuridicamente possibile, e cioè
col riconoscimento legale dellistituzione universitaria a
Lecce, che avvenne nel 1960, detti inizio a unesplorazione
a tappeto dei repertori bibliografici salentini, secolo per secolo,
dal Quattro-cento in poi, allo scopo di disegnare panoramiche di
fondo, sia pure non affidabili, o non del tutto affidabili, preziose
però per un successivo e più proficuo e incisivo lavoro.
Mediante tesi di laurea, naturalmente, e sempre daccordo con
i laureandi, e con il loro pieno consenso e talvolta entusiasmo,
stimolati, in tal modo, a conoscere i percorsi della letteratura
e della cultura della loro piccola patria, ivi comprese le vie delle
scienze fisiche e naturali, nei secoli passati. La prima di queste
tesi di laurea, delle quali io fui sempre relatore (era mio bravo
assistente allora Antonio Mangione, insieme, tuttavia, con Donato
Valli, il quale però aveva avuto lincarico di tener
dietro allorganizzazione della biblioteca interfacoltà,
egli, che proveniva dalla Provinciale), fu dedicata al sec. XVI,
compilata da Anna Maria De Vergori, e discussa alla fine dellanno
accademico 1960-1. La tesi fu costruita secondo un modello utilizzato
poi anche nelle successive, con progressivi accorgimenti e miglioramenti;
e cioè: una serie alfabetica di schede sui personaggi eminenti
nellepoca, con brevi notizie tratte dai repertori (indicati
con sigle), seguìta dallelenco bibliografico dei repertori
consultati e utilizzati, e preceduta da unarticolata introduzione,
aperta a osservazioni di carattere generale sul periodo in questione,
e anche a suggerimenti, annotazioni, giudizi di carattere specifico
sui vari settori della cultura (e non della sola letteratura) e
sui personaggi che meglio li avevano rappresentati.
Mi spiace dover qui avvertire che questo lavoro inizialmente andò
avanti fra accuse di provincialismo, di cultura retrograda e reazionaria,
talora con scetticismo irridente (parlo degli anni Sessanta). E
non da parte dei bravi laureandi o devoti studenti (dopo la De Vergori
vennero la Minzoni, il De Filippis, il Martalò, la Mastroleo
e il Del Prete), ma da parte del quasi intero territorio accademico,
chiamiamolo, sessantottino (prima e dopo), e anche da
parte del quasi intero territorio non accademico, il quale si riteneva
deluso, anche per motivi eterodossi, delloperazione universitaria
leccese e di siffatte indagini, ritenute (ahimè, solo per
il fatto di trattare argomenti salentini) assolutamente dequalificanti.
E così il famoso Sessantotto qui a Lecce (e pensare che lUniversità
era stata statizzata nel 67!) ebbe leffetto tra
altri molti di giudicare e di far apparire quello che era
un solido programma, di sdoganare cioè e di recuperare e
storicizzare la vicenda civile del Salento, inserendola dialetticamente
nel quadro nazionale, come un preteso fenomeno di provincialismo
anacronistico, becero ed ottuso. Io abitavo ancora a Roma, e lavoravo
gomito a gomito con i miei grandi amici e maestri; e mancavo dal
Salento da almeno trentanni, e anche più se si considerano
quelli universitari trascorsi quasi per intero a Pisa, interno alla
Normale.
E tuttavia quel lavoro non andò perduto. In quel tardopomeriggio
del 76, già ricordato, leditore Antonio Milella,
dopo non poche e non immotivate esitazioni ed incertezze, disse
di sì, e decise, coraggiosamente, di accollarsi lonere
della pubblicazione e della diffusione dei volumi che sarebbero
stati pubblicati. Lo ringraziai; e fu allora che, concludendo trascorsi
contatti occasionali, pregai Antonio Mangione, Gino Rizzo e Donato
Valli a collaborare con me nellimportante e meritoria iniziativa,
costituendo una sorta di comitato redazionale al fine di preparare,
intanto, un piano generale e di discutere e risolvere nella maniera
migliore i problemi connessi. Io, per intanto, già da tempo
mi dedicavo allo studio di un poeta singolare operante alla corte
di Isabella Del Balzo ormai regina di Napoli, in onore della quale
aveva narrato e descritto il suo viaggio, con la piccola e domestica
corte, dal Salento alla capitale. Lopera: Lo Balzino; lautore,
Rogeri de Pacienza di Nardò (Lecce).
Il lettore comune, e anche quello che si occupa genericamente di
letteratura, difficilmente possono rendersi conto della complessità,
della difficoltà e del numero dei problemi che chiedono di
essere risolti in una iniziativa del genere: i limiti geografici
della selezione (Salento, fin dove?); le condizioni biografiche
e anagrafiche dei selezionati o selezionandi (nascita nel Salento,
magari occasionale, e mai suffragata da successive dimore o successivi
legami e interessi con la terra natia); i piuttosto vaghi e labili
confini tra scienze umane e cultura popolare (coagulo della letteratura
dialettale riflessa e distinzione dalla puramente demologica e folcloristica);
antologizzare gli autori oppure dare per intero la loro principale
opera, o le loro opere più significative; fissare i limiti
cronologici del percorso storico (da dove cominciare e fin dove
spingersi); fissare la struttura dei volumi (il loro contenuto interno)
e la loro veste editoriale (daccordo con leditore);
commisurare la serie dei volumi e la loro preparazione alle oggettive
possibilità e capacità delleditore; attribuire
un titolo allintera collezione. Questi furono subito i più
importanti problemi di fondo che la redazione si trovò a
dover discutere e risolvere, prima che, in seguito, ciascun volume
ne presentasse di suoi specifici, demandati alla responsabilità
dei singoli curatori. Come denominazione generale fu deciso, scartate
altre discusse ipotesi, di adottare la seguente: Biblioteca
salentina di cultura, e non di cultura salentina,
a sottolineare luniversalità del concetto di cultura
e insieme la specificità della fenomenologia regionale, entro
quel disegno dialettico e policentrico (regione-nazione) di cui
sè già detto.
Non starò qui a specificare e a chiarire i criteri adottati;
essi compaiono palesemente nella concretezza dei volumi, entro i
quali non di rado se ne specificano modi e motivi. Ammetterò
senzaltro che talora lungo il cammino hanno avuto grave peso
ragioni del tutto pratiche, perfino di rapporti umani, nonché
di ricerca scientifica. Per esempio, è stato osservato come
finora non sia stato dato spazio a un personaggio qual è
Antonio de Ferrariis detto il Galateo, il più insigne
personaggio dellUmanesimo salentino. Era in piedi, e lo è
ancora, liniziativa, destrema importanza storica e filologica,
da parte del collega ed amico Franco Tateo a Bari e della sua scuola,
di dare adempimento alledizione critica delle opere di quel
nostro grande conterraneo. Eravamo, e siamo tuttora in attesa dei
risultati editoriali; ma era assolutamente doveroso rispettare il
lavoro altrui, a così alto livello di scienza e di affettuosa
reciproca stima. Un altro appunto è stato rivolto alla iniziativa:
quello di aver dato tutto lo spazio alla letteratura, e a una letteratura,
per giunta, troppo fine a se stessa. Questo è vero, direi,
solo fino a un certo punto; in realtà, gli illuministi e
riformatori salentini già pubblicati non rientrano nella
categoria dei letterati, e non rientra neanche Rogeri
de Pacienza, che è narratore in versi canterini, e neanche
un personaggio come Francesco Rubichi (e i singolari documenti che
compaiono nel suo volume), e a stretto rigore nemmeno gli scrittori
di pietà, e il Vanini, e tanta parte della produzione dialettale.
Dunque linsinuazione del bellettrismo non ha davvero fondamento.
E successo che, come si diceva per ragioni pratiche, sè
presentato più facile e rapido il lavoro su autori in qualche
modo più accessibili alla ricerca, al reperimento dei testi;
e questi sono stati privilegiati nel tempo. Ma in una serie successiva,
che forse non vedrà mai la luce, era incluso non solo il
Galateo, ma anche il teatro, le cronache, gli scienziati scrittori,
una emeroteca, e la letteratura popolare e perfino gastronomica.
Sarà còmpito lo spero davvero di chi
seguirà; ma ho grosso timore del contrario.
Il primo volume della Biblioteca salentina di cultura
ad essere pubblicato (dicembre 1977) fu quello contenente le Opere
di Rogeri de Pacienza di Nardò (Lecce), e cioè Lo
Balzino e il Triunfo; ed ebbe la fortuna desser patrocinato,
e finanziato, dal Club di Lecce, Distretto 108 A, Lions international,
in occasione del XX anniversario della Charter Night.
Io ebbi allora contatti personali con Pierluigi Sales e con Salvatore
Raeli, rispettivamente Presidente e Vice Presidente del Club, i
quali desidero qui ricordare con gratitudine. Ma certo urgeva la
necessità di un sicuro finanziamento, in ogni modo, anche
parziale, per poter procedere senza timori dinterruzione o
di chiusura. Fu allora che, durante certi colloqui in casa Reale,
àuspice Antonio Mangione, affiorò lidea di una
fondazione specifica appoggiata a qualche banca locale che si dichiarasse
disponibile alloccorrenza. E la banca locale, per un complesso
di ragioni occasionali e anche, in parte, casuali, fu quella che
allora si chiamava Banca Piccolo Credito Salentino, in piazza SantOronzo.
Ne era presidente il sempre rimpianto e compianto Giuseppe Magi;
e nel Consiglio dAmministrazione operavano Orazio Antonaci,
Titta De Donatis e Maria Rosaria Muratore, che caldeggiarono con
grande simpatia ed efficacia lidea di una fondazione bancaria
con priorità assoluta nei confronti della pubblicazione dei
volumi della Biblioteca salentina di cultura così
come erano stati previsti e programmati dalla redazione (2 serie
di 12 volumi ciascuna). Approvata lidea, fu redatto lo statuto
dal notaio Enrico Astuto, che ottenne i crismi legali dalla Regione
Puglia nel 1980, e cominciò subito a funzionare. Così,
dopo il Rogeri, furono pubblicati dalla fondazione i volumi di Rizzo
sui barocchi (Donno, Maia Materdona); di Valli sui salentini fra
Otto e Novecento (Ampolo, Nutricati, Gigli, Rubichi, ecc.); di Mangio-ne
sui salentini dellOttocento (Forleo, Castiglione, Prudenzano),
di Aldo Vallone sugli illuministi e riformatori (Palmieri, i Briganti,
Astore, ecc.); e il mio Antonino Lenio di Parabita.
Ma verso la fine degli anni Ottanta leditore Milella entrò
in crisi; e fu giocoforza cambiare editore e testata, anche se liniziativa
della collezione era sempre quella, e sempre quella la redazione,
cui si era aggiunto, con impegno e vivo interesse, Giovanni Papuli.
Pro bono pacis, la precedente testata di Biblioteca salentina
di cultura fu mutata in Biblioteca di Scrittori Salentini;
e la collaborazione con leditore Congedo di Galatina ebbe
inizio col superbo volume di Papuli, appunto, e di Raimondi sulle
Opere di Giulio Cesare Vanini. Nelloccasione fu anche rimaneggiata,
in qualche misura, la serie dei volumi originariamente programmata,
per dar corpo organico alla nuova Biblioteca di Scrittori
Salentini, sempre della Fondazione Piccolo Credito Salentino
per gli studi sul Salento, ma ormai delleditore Congedo.
E si metteva anche a profitto la notevole esperienza già
acquisita e il risultato di nuove ricerche, entro e fuori lattività
della redazione.
Col passare degli anni, e soprattutto col calo degli interessi
fruttati dal capitale, sui quali si poteva solo fare affidamento
per le spese di pubblicazione (il capitale, intangibile, era stato
portato, nel frattempo, da 60 a 100 milioni), giunsero tempi grami
per la fondazione. E giunse anche il momento in cui il Consiglio
damministrazione della fondazione, presieduto per altro dallo
stesso Presidente della banca (ora Credito Popolare Salentino),
dovette chiedere aiuto al Consiglio damministrazione dellistituto
bancario. A Giuseppe Magi era succeduto il dott. Enzo Perrone, alla
cui aperta e generosa lungimiranza si deve se la fondazione ha potuto
continuare nella sua apprezzata attività. Continuo tramite
divenne allora la signora Maria Rosaria Muratore, con il suo autorevole
intervento, con la sua forza di promozione e di persuasione, con
la sua continua ed efficace presenza. Così ai nove volumi
della defunta Biblioteca salentina di cultura, ne sono
seguiti altri numerosi e assai importanti nel decennio appena trascorso:
ancora poeti barocchi di Gino Rizzo (Battista e Bruni), dopo il
già menzionato Vanini di Papuli e Raimondi; il Caracciolo
di Esposito e Mordenti; gli scrittori di pietà di Marti;
e soprattutto due interventi davvero monumentali, e cioè:
i due tomi di Mangione per Ascanio Grandi (Tancredi e Vergine desponsata)
e i cinque tomi di letteratura dialettale salentina, approntati
da Mario Marti (Settecento) e da Donato Valli (Otto e Novecento);
una silloge, questultima, che non ha pari in alcunaltra
regione dItalia, e che pone il Salento allavanguardia
degli studi sulla letteratura regionale dialettale.
A questo punto (gennaio 2000) la Biblioteca salentina di cultura,
divenuta Biblioteca degli Scrittori Salentini, consta
di ventuno volumi già pubblicati; due altri, dedicati a Scipione
Ammirato e curati da Martino Capucci, sono in stato di avanzato
allestimento; e in cantiere è anche una raccolta di filosofi
e trattatisti del Cinquecento affidata a Giovanni Papuli. Ma i tempi
rallentano e diminuisce la sicurezza, perché si sono verificati
avvenimenti che hanno messo in crisi lidentità stessa
della fondazione (Fondazione si precisa Piccolo
Credito Salentino per gli studi sul Salento): alludo alle
operazioni intervenute di recente fra il Credito Popolare Salentino,
titolare della fondazione, e la Banca Del Salento, già corredata
di una fondazione tutta sua; e della successiva operazione intervenuta
tra questo nuovo organismo bancario e il Monte dei Paschi di Siena,
che lo ha, in sostanza, rilevato. Si è voluto, giustamente,
adeguare lo statuto della vecchia fondazione alla nuova complessa
situazione bancaria; e si è entrati in una fase di stallo
e di impaludamento, che la vecchia fondazione assai difficilmente
potrà superare indenne, cioè conservando la priorità
assoluta della pubblicazione dei volumi della Biblioteca
nella propria attività.
E tuttavia, pur con questo timore e con questa non del tutto ottimistica
convinzione, e nonostante generiche assicurazioni sempre verbali
però ed occasionali, non ho trascurato di redigere la nuova
serie di volumi che potrebbero essere preparati e stampati, formulata
insieme con i miei cari collaboratori, e di inviarla ai vertici
della fondazione (cioè, insomma, della banca), perché
la redazione, per suo conto, offrisse la base per un programma futuro.
E infatti, chi ha preso visione, sia pure superficialmente, della
costituzione e della struttura dei volumi, non può non rendersi
conto della necessità di una programmazione a prospettiva
lunga e organica, e non frammentaria e occasionale; si tratta di
ricerche, di lavori critici, di opere, che richiedono tempi lunghi
o anche lunghissimi (poniamo, due-tre anni) anche a studiosi addestrati
a questo genere dimpegno. Piacerebbe, per esempio, unintelligente
silloge delle apologie secentesche sulla Lecce dallora; oppure
ledizione e lo studio delle opere di Bonaventura Morone, di
Cataldantonio Mannarino, di Castromediano e dei memorialisti dellOttocento,
degli scrittori tardoumanisti e dei minori fra Otto e Novecento;
sarebbe bello raccogliere tutte le cronache di Lecce in un volume
(magari in due tomi); una larga e significativa esemplificazione
di grandi giuristi ed economisti salentini in un altro volume; trattare
a parte la figura di Vincenzo Corrado e la sua attività di
teorico della gastronomia locale; dedicare un articolato volume
alla letteratura popolare; per non parlare del Caraccio, di Quinto
Mario Corrado, di Cesare Raho, di Bernardino Cicala, dei grandi
medici e scienziati, degli antichi scrittori di teatro laico e religioso
(il teatro dei Gesuiti), e via dicendo. In tanta messe di storia
il difficile sarebbe la scelta e la selezione; la materia è
tanta, e così ricca...
E pensare che si destinano soldi, fatiche e tempo prezioso a ricerche
di nessuna importanza e utilità storica, a ristampe anastatiche
di opere illeggibili e indecifrabili, a pubblicazioni dogni
genere atte soltanto a titillare la vanità di qualche personaggio
o a ostentare presunte eccezionali qualità letterarie, di
poesia e di prosa, o a scambiare leffemeride del quotidiano
con la falsa maschera delleterno. Diomio!, ci vuole anche
questo, me ne rendo conto; va bene anche questo, che come specchio
fedele riflette latavica vocazione delle genti salentine piuttosto
verso le scienze umane che verso quelle naturali, fisiche e matematiche.
Ma certo sarebbe poco meno che delittuoso, a mio modesto giudizio,
ora che una Biblioteca degli Scrittori Salentini è
così bene avviata, dopo ventanni, e più, di
lavoro, non continuarla con lo stesso rigore e, diciamo, con la
stessa grinta fino a un ragionevole traguardo storico, selettivamente
raggiunto. Non posso che augurarmelo e augurarlo alla mia piccola
patria; ché per quanto mi riguarda, io ormai, sulla soglia
degli ottantasei, posso dire che la mia parte lho fatta, e
che la mia partita è chiusa.
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