Il dio indiano della creazione
si identifica
con una melodia
che un tuono
originario spezza in uninfinità di note che danno vita
alluniverso.
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Musica, aritmetica, geometria, astronomia: è questo il Quadrivium
delle cosiddette arti scientifiche che, tra Evo antico
e Medioevo, costituivano, insieme col Trivium delle arti letterarie
(grammatica, retorica, dialettica), la gamma delle sette arti
liberali. La classificazione era stata stabilita nel De Nuptiis
Mercurii et Philologiae (410) di Marziano Capella e diffusa successivamente
nei trattati fondamentali di Boezio. Laccostamento della musica
alle discipline matematiche può sembrare sorprendente a coloro
i quali indulgono a definizioni stereotipe, quali quella dellOt-tocento
che definiva la musica «arte di esprimere sentimenti mediante
suoni». O anche a coloro i quali presumono che la musica sia
manifestazione di irrazionale spontaneità, dun sensuale
edonismo passibile di valenze emotive, oppure descrittive, o tuttal
più evocative. E tale era considerata questarte dai
razionalisti, dai classicisti e ovviamente dai naturalisti francesi,
da Cartesio a Rousseau, oltre che dai loro discepoli.
Del tutto diversa era la concezione che avevano i pensatori antichi.
SantAgostino parlava dei suoni musicali come di numeri che
dovevano aiutarci a «trapassare dal corporeo allincorporeo»,
dal «corpus mechanicum» al «corpus mysticum».
E non cè da meravigliarsi ha scritto Roman Vlad
se si tien conto che, in ogni loro parametro, «i suoni
musicali sono nullaltro che sensazioni, cioè reazioni
interne alla sfera psicofisica umana, a stimolazioni esterne prodotte
da onde generate da vibrazioni di corpi elastici». Graficamente
le onde sonore si rappresentano mediante curve.
Aritmeticamente, mediante numeri che indicano quante vibrazioni
sono poste in essere dalla fonte sonora nellunità di
tempo, (questo numero riferito alla frequenza, espresso in Hertz,
determina laltezza della rispettiva nota); quale sia lampiezza
di queste vibrazioni (ne risulta determinata lintensità);
quanta la ricchezza di suoni concomitanti (ne vengono definiti i
cosiddetti armonici e il timbro, cioè il colore
del suono); quanta lestensione temporale (la durata).
Ciò non vuol dire che tutti coloro i quali compongono oppure
eseguono brani musicali siano consapevoli di operare con elementi
numerici. Musica est exsercitium arithmeticae occultum, è
la celebre definizione di Leibnitz. Per contro, nulla esclude che
un compositore possa calcolare con lucida intelligenza costruttiva,
a diversi livelli formali, pesi sonori, proporzioni e articolazioni
delle infrastrutture tematiche e delle macrostrutture architettoniche
delle sue opere. Del resto, nella sua accezione etimologica, il
termine comporre significa mettere insieme
dei suoni: presuppone, dunque, intenzioni consapevoli e volontà
costruttiva.
Invenzione istintiva e composizione calcolata non si escludono.
Rappresentano idealità reciproche: ogni improvvisazione
aspira alla dignità di unopera elaborata. Dice Vlad:
«Ogni composizione studiata vorrebbe serbare la fresca immediatezza
della creazione spontanea, ispirata. Non possono esservi dubbi circa
lassoluta spontaneità delle prime melodie intonate
e dei primi ritmi danzati nel mondo. Di un mondo che secondo antiche
mitologie sarebbe esso stesso nato dalla musica». Così
il dio indiano della creazione, Prayâpati, si identifica con
una melodia che un tuono originario spezza in uninfinità
di note che danno vita alluniverso. E nel Timeo di Platone,
nel capitolo dedicato alla creazione del cosmo, l«anima
del mondo» è rappresentata da una serie numerica, cui
corrispondono anche gli intervalli fondamentali del sistema musicale
greco.
E stato infatti notato che le distanze proporzionali tra le
note che racchiudono tali intervalli corrispondono a quelle tra
le orbite dei pianeti e del sole. A ciascuno di questi corpi celesti
è assegnata una nota. Larcheologo francese Gaston Maspero
scoprì alla fine dellOttocento una serie di amuleti
egiziani, ciascuno dei quali rappresenta una nota e un pianeta disposti
in un ordine a speculare simmetria centrale. Nella Harmonia mundi
(1619) di Keplero, lintrinseca musicalità
dellordine cosmico trova una sublime sanzione scientifica
alla quale si rifà implicitamente Schopenhauer quando, in
Die Welt als Wille und Vorstellung, sostiene che «qualora
si arrivasse a dare alla musica una spiegazione perfettamente esatta,
compiuta e particolareggiata, cioè a riprodurre in concetti,
punto per punto, ciò che essa esprime, si avrebbe senza dubbio
unadeguata riproduzione e spiegazione concettuale del mondo,
oppure una spiegazione del tutto equivalente a questa, vale a dire
la vera filosofia». Si ritorna in questo modo a uno degli
assunti di Boezio: «Musica est instrumentum philosophiae».
Cogliendo nella musica i più puri riflessi delle leggi universali
che governano la natura, si può capire come mai scienziati
e filosofi, da Pitagora in poi, non abbiano cessato di indagare
le intrinseche strutture fisico-matematiche della musica. Si comprende
anche perché, da Bach a Stravinsky, da Bartòk a Schoenberg
e a Messiaen, i sommi compositori abbiano strutturato le loro opere,
in modi spontanei, ma spesso anche consapevoli, secondo i moduli
delle serie fibonacciane e delle sezioni auree. Tutto ciò
non esclude che la musica abbia potuto e sempre possa spogliarsi
delle sue prerogative metafisiche, per porsi allumile servizio,
ad esempio, della segnaletica militare, o di prestarsi ad onomatopeiche
pitture sonore o allespressione di tutta una gamma
di sentimenti e di emozioni che luomo può vivere, da
quelli più ordinari a quelli più nobili. Essa tuttavia
raggiunge lespressione che appartiene solo al suo regno nel
momento in cui trascende qualsiasi espressione contingente. Allora,
per dirla con Vlad, «i suoi significati non si possono riferire
più né a particolari stati danimo né
a determinati oggetti o aspetti del mondo esterno, poiché
è come se in essa fossero tratte le ultime somme di ogni
possibile esperienza esistenziale. Quando sostengo che la vera espressione
della Berceuse di Chopin è la non-espressione e che gli eventi
musicali che vi accadono vanno realizzati suggerendo un senso di
magic uneventfulness, di magico non-accadimento, lo
faccio intuendo che anche questo brano può essere elevato
ad una sfera di sublime inespressività».
La storia della musica, dunque, sembra essere costellata da momenti
di arcana inespressività, che consentono di dimenticare
ogni cosa nello stesso momento in cui i suoni vengono percepiti
sinceramente come puri numeri in senso agostiniano.
Nella Critica del giudizio Kant afferma che, se non è la
matematica come tale ad avere parte diretta in simili emozioni musicali,
«essa è tuttavia la conditio sine qua non di quelle
proporzioni delle impressioni». E forse si potrà leggere
senza sorrisi ironici laffermazione del filosofo cinquecentesco
Nicola Cusano che Dio, allatto della creazione, abbia istituito
la musica per far sì che «la macchina del mondo non
possa perire».
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