E la tirannia
del breve termine quella
che ci minaccia, poiché senza
memoria,
senza radici e senza tradizioni non si può inventare un futuro.
|
|
La società civile non data da oggi e ciò che più
conta anche se la formula può apparire un po
brutale è che ci troviamo in unepoca di disincantamento
democratico, mentre, questo è il paradosso, i princìpi
della democrazia hanno vinto sulle varie forme di totalitarismo.
Quello che cercano di ricostruire i Paesi dellEuropa centrale
e orientale candidati alladesione, dopo essersi sbarazzati
di uninsopportabile tutela dello Stato, è proprio una
società civile. Questa è stata oggetto nel corso dei
secoli di molta riflessione. La troviamo nel secolo dei lumi e della
promozione dellindividuo, ma in alcuni autori con un certo
timore. Non abuserò di citazioni, ma vorrei ricordare come
esempio Adam Fergusson, il quale, nel XVIII secolo, scrive: «La
modernità della società civile, che porta in sé
tanta forza liberatrice, sembra isolare gli individui fino a far
perdere loro la coscienza di appartenere a un tutto». A partire
da questo momento, si svilupperà leterna dialettica
tra la necessaria e vitale espressione degli individui liberi e
autonomi da un lato, e, dallaltro, la necessità per
gli stessi di essere rappresentati e di potersi esprimere a tutti
i livelli.
Non bisogna confondere società civile e società civile
organizzata. Comincerò pertanto col cercare di comprendere
le evoluzioni della società civile prima di arrivare alla
società civile organizzata, così definita: istituzioni
più o meno formalmente costituite su base volontaria, regolamentate
dalla legge, e che sono un legame di formazione della volontà
collettiva e di rappresentanza dei cittadini.
La società civile è in movimento. E al centro
dellattuale mutamento. In poche parole: stiamo abbandonando
la riva della società industriale e dello Stato-nazione;
ci dirigiamo verso una società cosiddetta post-industriale
(altri parlano di una società digitale), ovvero verso una
globalizzazione che, daltro canto, ne sono certo, non cancellerà
gli Stati nazionali. Siamo dunque in mezzo al guado e dobbiamo cercare
di comprendere innanzitutto ciò che succede nella società.
Anche se potrà sembrare banale, vorrei citare alcuni parametri
che vengono spesso trascurati quando ci si pone al livello della
società civile organizzata, ma che sono importanti.
Il primo non ha bisogno di commenti, è il grande fenomeno
degli ultimi cinquantanni: la promozione della donna, con
tutte le sue conseguenze, non solo sul piano filosofico, ma anche
su quello dellorganizzazione della società e dei bisogni
che da essa derivano.
Il secondo è il deterioramento della cellula familiare tradizionale
e la trasformazione dei legami di parentela. Se segnalo questo fenomeno
non è per fare delle considerazioni generali sulle nuove
forme di parentela che ne conseguono, ma per sollevare una questione:
chi rappresenta oggi le famiglie nel loro insieme e nella loro diversità?
Chi si fa portavoce delle loro aspirazioni?
Terzo parametro: le trasformazioni dei comportamenti religiosi che,
nel corso dei secoli, hanno fatto seguito alla laicizzazione delle
istituzioni politiche. Fede, partecipazione, sentimento dappartenenza,
tutto questo si muove, ma in una sola direzione. Non alludo soltanto
alle sètte, alla diminuzione della pratica religiosa, ma
anche a una sorta di ricerca di valori che si esprime in differenti
maniere.
Il quarto parametro è quello che si avvicina di più
alle preoccupazioni di tutti, ed è rappresentato dalle trasformazioni
del mercato del lavoro, soprattutto per effetto della rivoluzione
tecnologica. Con il calo indiscutibile degli effettivi delle organizzazioni
sindacali, quale forma di rappresentanza avremo domani, quale forma
di dialogo sociale, quale gerarchia nei negoziati? Ci avviamo, come
sostengono alcuni, verso un mercato del lavoro in cui ogni individuo
sarà il proprio portavoce e negozierà il suo contratto
di lavoro con il capo dazienda? Ci avviamo verso la scomparsa
delle forme di rappresentanza collettiva, quando si sa che abbiamo
abbandonato la società del taylorismo per entrare in un universo
in cui i lavoratori diventano più autonomi? Si esige da loro
non solo che assolvano il proprio compito, ma che ne controllino
i risultati, e si vedono già sul mercato globale dei professionisti
che sono in qualche modo indipendenti dalle costrizioni delle aziende
e che sono richiesti sullinsieme del mercato. Abbiamo, quindi,
da un lato, quelli che sono nelle imprese, che devono adattarsi,
ma che hanno sempre un contratto di lavoro e che trovano nellimpresa
il valore aggiunto dei loro sforzi; dallaltro, tutti coloro
che sono soggetti alla flessibilità del mercato del lavoro
e ad una necessaria mobilità, e, in mezzo, questi nuovi professionisti:
credo che questo sia un importante argomento di riflessione per
le organizzazioni professionali, degli imprenditori e dei sindacati,
se vogliono continuare a sentirsi legittimate ad esprimere le aspirazioni
e i bisogni degli interessati. In fondo, è lintero
modello europeo, nelle sue differenti forme di concertazione e di
negoziazione, ad essere chiamato in causa. Non dico che sia destinato
a scomparire, ma è in discussione, non si può fare
come se niente si stia muovendo e non tenerne conto. Coloro che
non hanno una posizione stabile sul mercato del lavoro non hanno
le stesse esigenze, le stesse garanzie di quei professionisti che
sono ricercati sul mercato mondiale.
Quinto parametro di questa evoluzione: la città europea.
Ne abbiamo parlato molto negli ultimi anni nei nostri dialoghi con
gli amici dei Paesi dellEst e del Centro-Europa, poiché,
al di là delle differenze, delle divergenze che sono state
costruite da un increscioso decreto della storia, la città
europea è rimasta anche in questi Paesi un elemento essenziale
della civiltà europea, una forma di espressione della nostra
identità. La città mercantile, la città intesa
come spazio culturale, la città di fronte alle nuove esclusioni
sociali, la città come luogo di contatti umani e non. Riuscirà
Internet a sopprimere la socializzazione agevolata dalle città?
La città, intesa come pilastro della gestione del territorio,
è dunque un fenomeno economico, sociale e di civilizzazione.
Chi rappresenta la città? Chi la esprime, oggi? Naturalmente
i borgomastri, i sindaci, ma chi tiene conto di elementi quali la
gestione del territorio, o lesclusione sociale, o altro, nelle
politiche che vengono definite ai più alti livelli?
Infine, sesto parametro: lo sviluppo della vita associativa. Anche
in questo caso, nelle nostre discussioni con gli amici del Centro-Est
Europa, è emerso che la necessità di ricostituire
gli attori di una società civile è un problema anche
per loro. E dobbiamo aiutarli. Naturalmente, essi sono creativi,
hanno delle tradizioni, ma dobbiamo ugualmente aiutarli in questo
campo. Si è valutato che se si sommano le associazioni, le
mutue e le cooperative, 250 milioni di europei su 370 milioni di
cittadini dellUe ne sono membri. Se ci si limita al fenomeno
dellassociazionismo, sono circa 100 milioni i cittadini che
fanno parte di unassociazione. Attenzione: riguardo alla vita
associativa, da trentanni a questa parte le giovani generazioni
praticano lo zapping. Non restano troppo a lungo nella stessa associazione.
Cercano, in quanto cittadini, di trovare il modo migliore per esprimersi.
Uninchiesta realizzata in Gran Bretagna sulla depoliticizzazione
dei giovani lo dimostra ampiamente. Le giovani generazioni sono
a conoscenza dei problemi collettivi, ma non hanno più fiducia
nella politica come mezzo di risoluzione. Cercano quindi di farsene
carico quando hanno il coraggio e il tempo per risolvere una parte
dei problemi posti. Non si tratta per questo di disconoscimento
o di indifferenza, ma di una sorta di distanza presa nei confronti
della classe politica per ragioni molteplici e per una percezione
dei problemi che devono essere risolti, cosa che si cerca di fare
nellambito di una democrazia a portata di mano.
Ecco quindi alcuni elementi della società ai quali fare riferimento
parlando della società civile organizzata, poiché
bisogna tastare il polso di questa società, cercare di comprenderla.
Naturalmente, facciamo questa riflessione nel contesto di una crisi
del politico che è innanzitutto una crisi di valori. Molti
intellettuali, appoggiati dai media, avevano annunciato negli anni
Sessanta la morte di Dio, poi la morte delle ideologie, le quali
peraltro sono morte da sole. Oggi i cittadini sentono un vuoto,
e se questo vuoto non viene colmato, cè il rischio
di un prevalere delleconomia sulla politica. Quando si guarda
alla scena politica, leconomia occupa dal 70 all80%
dei problemi e un assioma assai diffuso tra gli uomini e le donne
del mondo politico è che se non si conoscono bene i problemi
economici è inutile voler diventare primo ministro o presidente
del Consiglio.
Ma la politica non si riassume nelleconomia. Se leconomia
domina la politica, allora non si capisce dove risieda il ruolo
di sintesi della politica.
Una seconda caratteristica che mi sembra molto importante è
il fatto che la società è divenuta emozionale,
occorre ben dirlo, sotto linfluenza dei media. Conosciamo
gli eventi in tempo reale e abbiamo la tendenza a fare degli eventi
quello che si fa in un McDonald: presto cotto, presto mangiato,
presto digerito e presto dimenticato. Di conseguenza, è la
tirannia del breve termine quella che ci minaccia, poiché
senza memoria, senza radici e senza tradizioni non si può
inventare un futuro. La società emozionale è senza
dubbio uno dei maggiori rischi che minacciano attualmente il funzionamento
della democrazia.
Terzo elemento, che un po è la controparte del precedente:
lemergere di una democrazia delle opinioni. Qualcuno ha detto:
«Il XIX secolo era il secolo dei Parlamenti, il XX secolo
è quello delle masse, il XXI sarà quello delle opinioni
pubbliche». Questo emergere di una democrazia delle opinioni
pone seri problemi. Che ne sarà dei Parlamenti? Essi votano
le leggi, fanno dei dibattiti, ma che peso avranno agli occhi di
un dirigente politico di fronte ad un sondaggio? La questione merita
di essere affrontata. E per quanto riguarda i mediatori della società,
quali sono i dirigenti di organizzazioni di datori di lavoro, sindacali,
agricole, e così via, che cosa possono fare? Lavorare anchessi
a colpi di sondaggi? Credo che siamo in grado di comprendere ciò
che vuole la società, e come funziona. In altre parole, senza
trascurare i sondaggi, bisogna saper riflettere sui bisogni e sulle
aspettative dei cittadini: è questo il dovere della società
civile organizzata.
Ultimo elemento, per concludere: le difficoltà di gestire
lo Stato nazionale, sballottato fra il globale e il
locale. Se si aggiunge questo elemento alla democrazia
delle opinioni, si può avere unidea del cantiere che
abbiamo davanti. Molti statisti ragionano globalmente.
Ma i cittadini ragionano localmente e sono preoccupati
di fronte a questo mondo globale che non riescono a padroneggiare.
Riconciliare il globale e il locale è
quindi un elemento essenziale per restituire alla politica tutta
la sua dignità ed efficacia.
Cioè: è indispensabile il bisogno classico della mediazione,
tra il cittadino e il potere, tra lattore economico e sociale
e il potere. Il bisogno di mediazione è ancora più
vitale in una democrazia di opinioni. Occorre trovare il tempo della
riflessione. Ed è anche per questo che la mediazione può
aiutare a realizzare il buon governo della società civile.
E, oltre a questo, servono competenze di fronte alla crescente complessità
dei problemi: gli enigmi della scienza, lossessione della
nostra società del rischio zero rafforzata anche qui dalla
società emozionale. Il rischio zero non esiste. La vita è
unavventura e ciascuno deve assumersi le proprie responsabilità,
si tratti di diossina, di mucca pazza, di manipolazione genetica,
di droga, o quantaltro. Così come cè bisogno
di una nuova sintesi tra il mercato e il contratto sociale. Il mercato
è aperto, ma, come ognuno sa, ha i suoi limiti, è
miope, non abbraccia gli interessi a lungo termine, e in ciò
che concerne i beni collettivi non esprime i bisogni, non regolamenta
le attività, come sarebbe auspicabile. Di conseguenza, si
ha bisogno di un minimo di regole del gioco, e ciò implica
ascolto, concertazione, negoziazione.
In ultima sintesi: a me sembra che tutto questo giustifichi il bisogno
di una società civile organizzata che dovrà auscultare
costantemente la società civile in senso lato. Ciò
vuol dire svolgere un ruolo pioniere in questa democrazia europea
reinventata.
|