La pressione
demografica
che dalla penisola balcanica
si esercitava verso
la penisola italiana
è attestata dai reperti ceramici in Puglia.
|
|
Tutti gli studiosi sono concordi nellaffermare che la Puglia
presenta, rispetto al resto dellItalia meridionale, uno sviluppo
storico del tutto particolare. Non vi è stata, in questa
regione, come in Lucania, in Calabria e in Campania, una colonizzazione
greca in età storica, eccezion fatta per larea nord-occidentale
del golfo jonico, nella quale sarà fondata Taranto. Le condizioni
di florido sviluppo demografico della Puglia, che in età
neolitica dipendeva dalla ricchezza delleconomia basata prevalentemente
sullagricoltura, avevano reso sporadica la penetrazione dei
gruppi pastorali appenninici nelletà del Bronzo; anche
le stazioni di svernamento e di partenza per la transumanza stagionale,
situate sulla costa adriatica e jonica della regione, erano sicuramente
popolate da indigeni agricoltori, non meno numerosi dei gruppi pastorali
che con essi convivevano. Questi gruppi, provenienti dallopposta
sponda adriatica, cioè dallIlliria, erano però
soltanto lavvisaglia delle più ampie ondate migratorie
che avrebbero investito la regione pugliese adriatica tra la fine
delletà del Bronzo e linizio di quella del Ferro.
In età storica, troviamo la Puglia abitata dagli Japigi,
una popolazione insediata su tutta la regione, e anche oltre, fino
in Calabria, provenienti dallAdriatico settentrionale, dove
erano noti con il nome di Japodi. Si trattava di una popolazione
di lingua indoeuropea, alla quale altri gruppi umani vennero poi
sovrapponendosi, formando quella tripartizione etnica che in età
storica ci mostra la Puglia divisa in Daunia (lattuale provincia
di Foggia fino allOfanto, inclusa però Canosa), Peucezia
(lattuale provincia di Bari e parte di quella di Taranto)
e Messapia (le attuali province di Brindisi e Lecce, e parte di
quella di Taranto).
Le origini dei Peuceti sembrano essere le più antiche, forse
(ma secondo la tradizione, certamente) più antiche di quelle
degli stessi Japigi, poiché non al Bronzo recente o finale
va datato, secondo le fonti antiche, il loro arrivo in Puglia, ma
addirittura al XVII secolo prima di Cristo. Secondo Plinio, i dodici
popoli (cioè tribù) peucetici erano originari dellIlliria.
Si trattava, sempre secondo Plinio, di popolazioni liburniche dellIlliria,
le quali, a detta di alcuni storici antichi, sarebbero state addirittura
originarie dellAsia. Secondo la tradizione riportata da Nicandro,
la tripartizione àpula comprendeva Japigi, Peuceti e Dauni,
considerati discendenti da eroi eponimi fratelli tra di loro e figli
di Licaone. Si tratta evidentemente di una tradizione molto antica,
se ancora ignora del tutto i Messapi, che si stabilirono in Puglia
soltanto nelletà del Ferro.
Unaltra tradizione, riferita da Dionisio di Alicarnasso, tramandava
invece lorigine di Enotri e Peuceti. Essi sarebbero giunti
sulle coste àpule provenienti dalle loro sedi nel Peloponneso,
al comando dei fratelli Enotrio e Peucezio. Anchessi sarebbero
stati figli di Licaone, a sua volta generato da Deianira e Pelasgo.
Il capostipite era indicato in Foroneo, il primo re del Peloponneso,
legato appunto alla stirpe pelasgica, che dal Peloponneso si sarebbe
diffusa in tutto il continente greco e sulle isole dellEgeo.
Veniva dunque attribuita a Enotri e Peuceti, che avrebbero colonizzato
gran parte dellItalia meridionale, unascendenza pre-greca,
ma non necessariamente pre-indoeuropea, perché i Pelasgi,
i «divini Pelasgi» di Omero, probabilmente si mescolarono
nel corso del secondo millennio alle nuove genti indoeuropee provenienti
dal nord (Balcani) e dallest (Anatolia), attraverso contatti
non sempre pacifici. La tradizione è tanto più verosimile,
in quanto ci dà anche una data per questa immigrazione di
popolazioni pre-greche dal Peloponneso nellItalia meridionale:
ci dice infatti che Enotrio e Peucezio erano nati diciassette generazioni
prima della guerra di Troia. Ciò vale a dire secondo
la datazione che attribuiamo a questultima, seguendo Eratostene
o seguendo Erodoto che la spedizione avvenne nel XVIII o
nel XVII secolo.
Si tratta esattamente del periodo denominato dagli archeologi Medio
Elladico, nel quale si assiste allarrivo delle popolazioni
indoeuropee pre-greche (e pre-micenee, tenendo conto del fatto che
i Micenei parlavano greco) in Ellade e nel bacino dellEgeo;
alle stesse popolazioni, o a popolazioni del sostrato mediterraneo
sospinte da esse, o con esse mescolatesi, si attribuisce la stessa
fioritura della civiltà minoica palaziale.
Questa leggenda dellarrivo di genti pre-greche dal Peloponneso,
ancora nella prima metà del secondo millennio, concorda con
i dati archeologici che ci mostrano un intensificarsi in questa
epoca degli influssi culturali nellItalia meridionale e soprattutto
nella Puglia e in Campania, di origine egeo-anatolica. Si tratta
dellinizio della cosiddetta colonizzazione leggendaria
pre-greca e greca nella Penisola, che proseguirà in età
protostorica con la pre-colonizzazione minoica e micenea
in Puglia, in Campania e in Sicilia, oltre che in Sardegna. Unindicazione
più precisa dellarrivo nellItalia meridionale
di popolazioni pre-greche dal Peloponneso (Arcadi o Pelasgi) e dallEpiro
è data dalle leggende circa la fondazione di Siris in Enotria
ad opera dei Chones, popolazione stanziata nellarea della
pelasgica Dodona, e circa la fondazione in età micenea o
pre-micenea di quellAlibante, della quale Ulisse alla corte
dei Feaci si proclama cittadino, e che con tutta probabilità
era la più antica Metaponto di tradizioni ancora pelasgiche,
prima che micenee (Neleo, padre di Nestore, è nato in Tessaglia,
terra pelasgica per eccellenza).
Unaltra antichissima leggenda greca relativa alle migrazioni
pre-greche nella media età del Bronzo, verosimilmente condotte
allo scopo di procacciarsi i metalli ormai indispensabili a una
società in rapida trasformazione economica, è quella
degli Argonauti.
Il mito di Giasone e dei suoi compagni, Argonauti perché
veleggianti a bordo della nave Argo, è fin troppo
nota, perché sia il caso di ricordarla. E però
interessante sottolineare come leroe e i suoi compagni partissero
da quella Iolco in Tessaglia, che scavi recenti indicano come una
delle più importanti città dellEllade pre-greca
o pelasgica. Anche la meta della principale fra le spedizioni compiute
dagli Argonauti, e cioè la Colchide, sulle estreme sponde
orientali del Ponto, e il trofeo che ne riportarono, il Vello dOro,
confermano il carattere di spedizione eminentemente mercantile (la
ricerca dei metalli) di questa avventura ai confini dellignoto.
La Colchide è situata nellarea fra Caucaso e Anatolia,
ricca in metalli, patria della metallurgia, nella quale storici
e poeti greci e latini, fino a Virgilio, collocavano la terra dei
Chalybes, i primi esperti di metallurgia del mondo mediterraneo.
Lattività di cercatori di metalli svolta
dagli Argonauti è confermata infine dalle notizie leggendarie
sulla loro presenza nel mar Tirreno, dallisola dElba
ricca in metalli (lantico nome dellodierna Portoferraio
era Portus Argous) al tempio di Hela Pelasgica, alle foci del Sele.
Non lontano dalle foci di questo fiume, poco più a settentrione,
quindi già nel territorio della futura Etruria campana, sorgeva
letrusca Amina, identificata attualmente nellarea di
Pontecagnano; gli Aminei erano detti dai più antichi storiografi
Pelasgi originari dalla Tessaglia, e alcuni li considerano
nientaltro che uno dei gruppi delle genti Enotrie, giunte
appunto sul Tirreno sotto Enotrio, nel XVIII o nel XVII secolo.
Va detto che i Minii erano anchessi Pelasgi, consanguinei
degli Argonauti, o almeno loro vicini; e potremmo essere tentati
di identificare tra loro Aminei, Minei o Minii ed Enotri, insomma
tutte genti pelasgiche, alle quali si fa risalire dalla tradizione
greca non soltanto la più antica colonizzazione dellItalia
meridionale, ma anche lorigine della civiltà etrusca.
Pelasgi e successivamente Tursha e Rasa (e Iliunes in Sardegna)
sono probabilmente fra le componenti più significative dellethnos
e della civiltà etrusca.
La pressione demografica che dalla penisola balcanica (della quale
la Grecia non è che lestrema appendice meridionale)
si esercitava verso la penisola italiana è attestata archeologicamente
dai reperti ceramici in Puglia, confrontabili con la civiltà
di Vinca (Turdos), e nei successivi secoli XVII-XVI dalla ceramica
evoluta di Vinca, pure presente in Puglia, oltre che sullopposta
sponda dellAdriatico.
La necropoli di Glasinac, sullaltopiano bosniaco, con le sue
oltre ventimila tombe a inumazione e ad incinerazione, costituisce
un chiaro esempio di questa esplosione demografica, che fu allorigine
non soltanto della colonizzazione e della civiltà appenniniche,
ma anche almeno in parte dei suoi successivi sviluppi.
In età protostorica avanzata, dal Bronzo finale alletà
del Ferro, la Puglia vede delinearsi la sua tripartizione etnica
con larrivo, fra lXI e il IX secolo, dal Nord dei Dauni
e dal Sud dei Messapi.
I Dauni ci hanno lasciato testimonianze preziose dei loro costumi
nelle cosiddette stele daune, rinvenute casualmente
nel corso di lavori agricoli nellarea sipontina e poi raccolte
e studiate e catalogate dal Ferri. Le raffigurazioni di queste stele
richiamano quelle di Novilara e quelle liburniche sullopposta
sponda adriatica. In particolare, le raffigurazioni di navi a vela
quadrata corrispondono così in tutta larea adriatica,
confermando la tradizione storiografica e le testimonianze archeologiche
nel senso di stretti rapporti non solo culturali, ma verosimilmente
anche etnici fra Italia e Illiria. Numerose sono anche le raffigurazioni
di cani o lupi (sempre incisi), che potrebbero avere riferimento
al nome nazionale stesso dei Dauni o Dhauni, dunque Fauni, e cioè
Lupi. Si tratta di un etnico molto diffuso dallAnatolia allItalia
(Lykoi, Lycaonia, Lucani, Irpini), che non implica necessariamente
parentele sul piano etnico e neanche su quello culturale.
Unaltra leggenda greca, quella relativa al vagare di Diomede
e dei suoi compagni dopo la guerra di Troia, tramanda che le stele
di cui era costellata la Daunia (fra intere e frammenti ce ne sono
oltre tremila!) non erano altro che pietre tratte dalle distrutte
mura troiane, trasportate sulle navi da Diomede come zavorra. I
compagni di Diomede sarebbero stati poi trasformati in uccelli (le
berte maggiore e minore), e in effetti anche sulle stele daune sono
numerose le rappresentazioni di guerrieri con teste a becco, simile
a quella degli uccelli. Le stele sono diffuse anche oltre larea
sipontina, fino ad Arpi, Ordona e Melfi in Lucania.
I Messapi, dei quali Egnatia fu, con Brindisi, uno dei porti principali,
sbarcarono invece nel Salento, premendo sui Peuceti dal Sud. Erano
originari, secondo la tradizione e secondo i dati archeologici e
linguistici, dallEpiro, e la loro fama di genti guerriere
e molto vicine ai Greci per costumi e per livello di civiltà
è ravvisabile in tutta la storiografia antica. Tucidide,
ad esempio, scrive di contingenti di arcieri forniti come ausiliari
agli Ateniesi in navigazione verso la Sicilia del re messapico Arta.
I loro contrasti e le loro numerose guerre con Taranto si risolsero
spesso in sconfitte anche catastrofiche per i tarantini e per i
loro alleati accorsi fin dalla madrepatria.
Le numerose iscrizioni messapiche rivelano una lingua chiaramente
indoeuropea, dai più definita illirica, e culti strettamente
imparentati a quelli greci di età classica.
Il denso sostrato neolitico della Puglia e gli apporti etnici rappresentati
dalle immigrazioni preistoriche (Japigi e Peuceti) e protostoriche
(Dauni e Messapi), di cui furono protagonisti popoli guerrieri e
culturalmente evoluti, rappresentarono un ostacolo insormontabile
per la colonizzazione greca in Apulia, che rimase confinata alla
sola Taranto (e la dedotta Gallipoli) e a pochi insediamenti costieri
siracusani molto più tardi. Lellenizzazione riscontrabile
in modo particolare dalle ceramiche delle città peucetiche,
messapiche e in qualche misura anche daune, fu comunque un fatto
incontestabile, anche se generalmente tardo (a partire dal V secolo).
|