La Relazione sulla
situazione economica del Paese per il 1976, presentata il 31 marzo al
Parlamento costituisce un documento che merita di essere seriamente
meditato. Esso esamina tutti gli aspetti economici e finanziari con
un'ampia ricchezza di dati raccolti ed elaborati obiettivamente da un
gruppo di esperti dell'Istituto Centrale di Statistica ai quali dobbiamo
essere grati.
Una sintesi della situazione generale è costituita dal tasso
d'incremento del reddito prodotto dal sistema economico nel 1976. Esso
è stato calcolato del 5,6 per cento in più del 1975. E'
da ricordare però che nel 1975 aveva presentato una diminuzione
del 3,7 per cento; quindi nel 1976 si è avuto un forte recupero
che ha portato il reddito a un livello di circa il due per cento superiore
al 1974, che fu un anno discretamente prospero. Ciò costituisce
una sorpresa, giacchè per tutto l'anno scorso si è continuato
a parlare di grave recessione, di crisi profonda, di estrema depressione,
di diffuso malessere. A conti fatti si deve invece costatare che il
reddito prodotto dal Paese, costituito da beni e servizi è stato
abbastanza abbondante. Si intende che l'incremento di cui si è
parlato del 5,6 per cento è calcolato in termini reali, vale
a dire al netto dell'aumento dei prezzi. Se poi si tiene conto dell'incremento
della popolazione, pari allo 0,6 per cento, si può affermare
che l'aumento del reddito per abitante conseguito nel 1976 si aggira
sul 5 per cento in termini reali.
Detto incremento risulta da elementi negativi ed elementi positivi.
Negativo è stato quello del settore agricolo, il cui prodotto
netto ha presentato una diminuzione calcolata del 3,3 per cento. Per
contro si è avuto un aumento notevole nella produzione industriale
di circa il 10 per cento. Un altro fattore positivo è costituito
dal reddito ottenuto dal turismo straniero.
Non si conoscono ancora i dati disaggregati per territorio, fra Nord
e Sud. Ad essi sta attivamente lavorando la SVIMEZ nella preparazione
del Rapporto sulla situazione del Mezzogiorno. E' facile però
prevedere che la situazione del Mezzogiorno nel 1976 apparirà
meno favorevole rispetto a quella del complesso nazionale. Detta previsione
si fonda sul fatto che nel 1976 il settore che ha perduto terreno è
quello agricolo, come si è già detto, molto importante
per il Mezzogiorno, mentre il settore in forte espansione è stato
quello dell'industria, che è prevalente invece nel Nord. Anche
il turismo straniero ha maggior peso al Nord che al Sud. A nostro parere
l'incremento del reddito prodotto nel Mezzogiorno nel 1976 sarà
di uno o due punti inferiore a quello medio nazionale; quindi compreso
fra il 4 e il 5 per cento in termini reali.
L'incremento del reddito prodotto nel 1976 trova conferma in altri fattori.
Sono infatti aumentati i redditi complessivi delle famiglie in quanto
le retribuzioni si sono incrementate più dei prezzi. Questo è
un dato di fatto che non tutti riconoscono e che non per tutti corrisponde
a realtà, ma che vale nel complesso. Se questo non fosse vero
non si spiegherebbe l'aumento dei consumi che si è costatato
nel 1976. Nel complesso i consumi sono aumentati sia per i generi alimentari
sia per quelli non alimentari.
Nel complesso i consumi sono aumentati in termini quantitativi del 3,1
per cento. Il dato si fa più convincente e si estrinseca, se
consideriamo i vari beni: vi è stato un aumento del 4,2 per cento
del consumo di carne, nonostante le raccomandazioni di ridurre questo
consumo che implica un aggravio delle importazioni da pagare all'estero;
è aumentato del 5 per cento il consumo di pesce, del 12,5 per
cento quello dello zucchero, del 4,6 per cento quello di altri generi
alimentari e del 12,4 per cento quello delle bevande analcoliche. Le
diminuzioni riscontrate in qualche settore (caffè) sono state
di scarsa importanza, in confronto agli aumenti che sono stati notevoli
specialmente nei prodotti non alimentari. Per esempio: del 5 per cento
nel consumo di tabacco tenuto conto dell'inasprimento dei prezzi (sono
le donne che hanno causato un forte aumento); del 4,4 per cento nel
consumo di articoli di abbigliamento; del 5,1 per cento nei consumi
di gas e di energia elettrica; del 5,2 per cento in quello degli articoli
per la casa e di altrettanto per l'acquisto di apparecchi radio-televisivi
e per le spese sanitarie (ripetiamo che si tratta sempre di aumenti
reali, cioè fatta astrazione delle variazioni dei prezzi). Infine
è da segnalare un notevole aumento nel settore automobilistico
nonostante il rialzo dei prezzi (26 per cento); vi è stato un
incremento di acquisti di automobili del 17 per cento.
Negli anni di crisi solitamente diminuiscono i risparmi; le famiglie
sono costrette a far ricorso alle somme accantonate in precedenza, perciò
i prelievi superano i depositi; nel 1976 si è verificato il contrario,
e i risparmi hanno segnato aumenti cospicui sotto varie forme. Gli investimenti
sono aumentati nel 1976 del 17 per cento in termini reali (comprese
le scorte), specialmente per l'acquisto di attrezzature industriali,
di macchine per l'agricoltura e di mezzi di trasporto. E' un altro indicatore
favorevole, al quale si aggiunge anche una maggiore utilizzazione degli
impianti. Tutto il contrario di quello che si era verificato nel 1975.
In conclusione il 1976 non appare un anno sfavorevole come produzione
di reddito, come consumi, come risparmi e come investimenti. Ma è
un anno nettamente negativo specialmente riguardo al tasso d'inflazione
che si concreta in un aumento dei prezzi di oltre il 20 per cento. Purtroppo
è già il terzo anno che i prezzi segnano aumenti considerevoli;
e già si prevede un aumento di pari entità anche per il
1977.
Un altro elemento fortemente negativo è costituito dal disavanzo
della bilancia commerciale, che nel 1976 è stato di circa 5.400
miliardi di lire. Tale disavanzo è dovuto principalmente ai prezzi
del petrolio grezzo importato, ma in parte è dovuto ad una larghezza
di acquisti all'estero che invece avremmo dovuto contenere. Ciò
dicasi rispetto ad alcuni prodotti come le carni, i formaggi, i liquori,
le frutta esotiche e specialmente le automobili. In conclusione non
siamo stati giudiziosi, e abbiamo continuato a vivere al di sopra delle
nostre forze.
In conseguenza di ciò la lira ha perduto quota in grave misura,
e si sono dovuti chiedere prestiti all'estero, che si aggiungono a quelli
già ottenuti in questi ultimi anni e che ci costano molto cari.
Abbandoniamo al suo destino il 1976 e cerchiamo di guardare al 1977.
Probabilmente sarà questo l'anno nel quale saremo veramente costretti
a quella austerità, a quei sacrifici dei quali si è tanto
parlato nel 1976, mia che per lungaggini politiche si sono continuamente
rinviati. Il forte aumento delle imposte e tasse rappresenterà
un prelievo notevole sulle disponibilità delle famiglie.
Le previsioni per il 1977 agganciate agli obblighi richiesti per l'ottenimento
del prestito del Fondo Monetario Internazionale, danno una misura dei
parametri economici relativi all'anno in corso e al 1978.
Tali previsioni sono, per ora, riassunte nei termini seguenti.
Le importazioni di merci e servizi dovrebbero aumentare nel 1977 passando
da 39.050 a 46.500 miliardi di lire. Per il primo semestre del 1978
è previsto un ulteriore aumento dell'1,3 per cento rispetto al
semestre precedente.
Le esportazioni aumenteranno nel 1977 rispetto al 1976 passando da 35.150
miliardi a 44.450. Nel primo semestre del 1978 le esportazioni cresceranno
di un altro 1,9 per cento rispetto al semestre precedente.
Il saldo della bilancia dei pagamenti, dopo il passivo di 2.500 miliardi
nel 1976, sarà ancora negativo ma per soli 500 miliardi nel 1977.
In particolare, nel primo semestre di quest'anno il saldo sarà
negativo per 900 miliardi e attivo per 400 nel secondo semestre. Per
il primo semestre del 1978 è previsto un saldo attivo per 600
miliardi.
Il prodotto interno lordo aumenterà del 2 per cento nel 1977.
Nel primo semestre del 1978 è previsto un ulteriore aumento dello
0,5 per cento rispetto al semestre precedente.
I prezzi dovrebbero aumentare nel 1977 del 19,8 per cento rispetto al
1976.
I consumi dovrebbero aumentare nel 1977 del 3 per cento rispetto al
1976; in particolare i consumi delle famiglie aumenteranno del 2 per
cento. Nel primo semestre del 1978 è previsto un ulteriore aumento
dello 0,4 per cento e dello 0,3 per cento per i consumi delle famiglie,
rispetto al semestre precedente.
Gli investimenti dovrebbero aumentare del 2 per cento nel 1977 (con
una flessione però nel secondo semestre). Nel primo semestre
del 1978 l'aumento sarà dello 0,8 per cento rispetto al semestre
precedente.
Confessiamo che siamo molto scettici sulla credibilità di dette
previsioni, almeno nei termini troppo precisi indicati. Ad ogni modo
è fuori di dubbio che il 1977 sarà un anno difficile nel
quale l'inflazione, cioè l'aumento dei prezzi, non sarà
inferiore a quello dell'anno scorso.
Per quanto si riferisce al Mezzogiorno non abbiamo ragione di temere
un deterioramento più grave di quello del complesso nazionale,
sebbene nei primi mesi del 1977 si sia costatata una grave situazione
rispetto all'occupazione.
Se badiamo alle statistiche degli iscritti negli uffici di collocamento,
notiamo che il Mezzogiorno costituisce il 58,6 per cento del complesso
nazionale.

Per riguardo alle ore concesse dalla Cassa integrazione guadagni si
è visto nel 1976 e nei primi mesi del 1977 una forte contrazione
nel complesso nazionale, ma non nell'area del Mezzogiorno: nel febbraio
1977 le ore concesse dalla Cassa coprono nel Mezzogiorno oltre il 40,7
per cento di tutta Italia.

La conclusione che si può ricavare dagli elementi qui esaminati
non è certo positiva. Il 1976 è stato un anno nel complesso
favorevole, specialmente se lo confrontiamo con quello - negativo -
del 1975. Ma esso lascia un'eredità inquietante per il 1977;
sarà questo l'anno nel quale si sconteranno gli effetti della
politica economica del 1976; una politica incerta, contraddittoria,
di un governo che non possiede nè sufficiente autonomia nè
sufficiente autorità per poter veramente governare.
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