|  Gli investimenti 
        industriali scesi del sette per cento, quelli dell'edilizia del quattro 
        per cento. Aumenta l'occupazione nell'agricoltura, ma diminuiscono prodotto 
        e reddito. Ingenti i residui passivi delle Regioni.  
         Il Rapporto Svimez 
          sul Mezzogiorno (il terzo che il professor Pasquale Saraceno presenta 
          dal 1975 ad oggi) invita a "meditare sulla ristrettezza del margine 
          di adattamento e di resistenza che la società meridionale è 
          ancora in grado di offrire", e sulla necessità, quindi, 
          di avviare politiche che siano in grado di conciliare l'obiettivo del 
          risanamento dell'economia con "quello della riduzione del divario 
          tra il Nord e il Sud." Nel 1976 il Mezzogiorno ha potuto fare ancora 
          affidamento su alcuni "margini di adattamento", ma proprio 
          in quest'anno si è visto che un'operazione del genere viene ormai 
          pagata con un ulteriore deterioramento della struttura produttiva, sociale 
          e civile delle regioni meridionali. Del resto, va sottolineato che è 
          proprio l'osservatorio meridionale che consente di cogliere per intero 
          i limiti e la fragilità della ripresa congiunturale che si è 
          avuta nel corso del '76. 
          L'anno scorso - com'è noto - il reddito nazionale è aumentato 
          di circa il sei per cento; l'aumento, però, è stato di 
          appena il 2,2 per cento nel Mezzogiorno. Solo nell'industria l'incremento 
          percentuale del prodotto è stato, nel Sud, uguale, anzi leggermente 
          superiore rispetto al Centro e al Nord. Ma paradossalmente, questo fenomeno 
          più che esprimere un dato positivo, riflette la caratteristica 
          particolare della ripresa industriale: trattandosi di una ripresa che 
          ha fatto leva sulla utilizzazione di margini produttivi inutilizzati, 
          e non, su nuovi investimenti, le cose sono andate avanti in maniera 
          analoga a Nord come a Sud. Gli effetti generali di questo andamento 
          sono stati però assai diversi tra regioni settentrionali e meridionali, 
          dal momento che al Sud la partecipazione dell'industria alla formazione 
          del prodotto complessivo è ancora al di sotto del 20 per cento 
          (nel Nord è invece del 36 per cento). Il quadro si completa se 
          si tien conto che gli investimenti industriali nel Sud sono scesi del 
          7 per cento, e quelli nel settore edilizio del 4 per cento. 
          Quali sono stati allora i "margini di adattamento" utilizzati 
          nel '76? Chiusa la valvola dell'emigrazione, venuti meno nuovi investimenti, 
          bloccata anche l'attività edilizia, il Sud ha fatto fronte all'accumularsi 
          di una offerta di lavoro non solo attraverso un aumento della disoccupazione 
          palese, ma anche attraverso un rifluire di addetti all'agricoltura e 
          nel settore terziario. Per la prima volta in motti anni, il settore 
          primario ha visto sensibilmente aumentare il numero degli occupati (+2,2 
          per cento), ma questo maggiore carico di forza di lavoro, gravando su 
          un'agricoltura ormai strutturalmente incapace di dare un reale contributo 
          produttivo, si è tradotto, nonostante un aumento degli investimenti 
          del 7,3 per cento, in una caduta verticale del reddito agricolo (-13 
          per cento), frutto anche di una caduta verticale del prodotto agricolo 
          lordo (-11 per cento). Un fenomeno analogo si è verificato nel 
          settore terziario, i cui occupati sono aumentati di oltre mezzo milione 
          di unità, mentre il prodotto è cresciuto di meno: di conseguenza, 
          si è abbassato anche il reddito medio per addetto. 
          Il processo di impoverimento in termini generali comporta, com'è 
          logico, anche un peggioramento della qualità della vita, La crisi 
          edilizia nel Sud è stata grave, oltre che sotto il profilo produttivo 
          (calo degli investimenti) e dell'occupazione (-1,3 per cento), anche 
          in ordine al bisogno di nuove abitazioni. Nel 1976 sono state completate 
          poco più di 24 mila abitazioni, con circa 100.000 stanze, mentre 
          le famiglie sono aumentate di circa 100 mila unità e la popolazione 
          di 190 mila persone. Le condizioni abitative nel Sud continuano a peggiorare 
          rispetto al censimento del '71, mentre è diminuita anche la disponibilità 
          di spazio abitativo. 
          Altro dato, quello relativo all'"apporto di risorse esterne": 
          contributi pubblici, spesa pubblica, ecc. L'apporto non è stato 
          irrilevante; è stato, addirittura, superiore al valore della 
          produzione industriale. Questo apporto esterno ha reso meno accentuato 
          il divario tra Nord e Sud: come mai, allora, le cose nelle regioni meridionali 
          continuano ad andar male? Occorre chiarire innanzitutto che nel '76 
          è nettamente calato in termini reali il contributo della Cassa 
          per il Mezzogiorno; sempre in termini reali sono calati anche gli investimenti 
          delle imprese pubbliche e quelli dei grandi gruppi. Infine, le regioni 
          meridionali hanno accumulato residui passivi per 2.000 miliardi di lire: 
          ciò significa che i difetti dello Stato centrale si stanno ripetendo 
          a livello regionale. 
          Conclusioni del Rapporto tutt'altro che ottimistiche: ridimensionamento, 
          del resto già in atto, dei programmi dei grandi gruppi, estrema 
          incertezza sul rilancio degli investimenti, aggravamento strutturale 
          all'interno del Sud, prospettiva di una riduzione delle risorse portate 
          dall'esterno, e, di pari passo, impossibilità di utilizzare ancora 
          come ammortizzatori l'agricoltura e il settore terziario: tutti fatti 
          che, mentre non sembra trovare uno sbocco rapido la crisi del Paese, 
          indicano una curva discendente nel grafica dello sviluppo delle regioni 
          meridionali.
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