Lo scopo: creare
una stretta cooperazione monetaria tra i Paesi europei. Il problema insoluto:
se l'unione della moneta può avvenire prima o dopo l'unione politica.
Il dato di fatto: sopravvivere la logica del vecchio "serpente monetario".
Ecu: una moneta astratta per gli interventi.
E così, dopo
un lungo e piuttosto oscuro volere e disvolere, il governo italiano
ha assunto la decisione di entrare nello Sme, il sistema monetario europeo:
gesto senza dubbio audace, in quanto presuppone un comportamento dei
partiti e della società italiana, per l'avvenire, coerenti con
gli obiettivi di stabilità che trovano nel Piano Pandolfi un
primo disegno. Si è deliberato, in sostanza, sulla base di un
" come se ": e intorno a tale premessa si è svolto
e si va svolgendo quello che si chiama un acceso dibattito, nel quale
non è da sottovalutare l'" argumentum baculinum " di
chi dice all'interlocutore: sì, voi avete le vostre buone ragioni;
ma io ho un bastone. Questa degradazione della politica in diverbio
ha avuto per effetto, di caricare di passionalità l'evento mentre
poco o pochissimo impegno è stato posto nello spiegare all'opinione
pubblica quale posta, concretamente, era in gioco. Cercheremo di farlo,
avvertendo fin d'ora chi nutra intolleranza per questa nuova cabala
motaria (lo Sme) che egli è in buona compagnia, non essendo pochi
fra i dotti della materia coloro i quali pensano che le monete, non
diversamente dalle granaglie o dal panno, debbano avere il valore (cambio)
che il mercato giorno per giorno assegna loro e che ogni sforzo volto
a " to lean against the wind ", a gettarsi sul bordo della
barca per vincere il vento, giova principalmente a premiare la speculazione
ad opera di chi sa quegli sforzi inutili.
In epigrafe alla risoluzione del Consiglio d'Europa del 5 dicembre che
dà vita allo Sme (EMS in inglese) si legge che esso tende a creare
una più stretta cooperazione monetaria fra i Paesi aderenti,
che a sua volta dovrà condurre a una zona di stabilità
monetaria in Europa. Tale scopo viene definito nel documento come "
altamente desiderabile ". E le ragioni non difettano. La Comunità
europea è scarsamente comunitaria, Non ha un potere politico
centrale; non ha una banca d'emissione unica; non ha :soprattutto gli
obblighi di solidarietà per cui, poniamo, un'aliquota consistente
del reddito della Lombardia finisce a favore della Calabria, del Molise,
della Sicilia (e, chissà perché, non della Campania: all'argomento
ha dedicato uno studio assai approfondito Francesco Forte, " La
redistribuzione assistenziale ", del quale ci riserviamo di riferire).
Il problema, insoluto, che si pone è di " prius " e
di " post ": se, cioè, l'unione monetaria possa venire
prima dell'unione economica e politica, avendo tale forza di trazione
da far seguire il resto; oppure se sia vero il contrario e l'unione
monetaria non possa essere che il coronamento dell'integrazione politico-economica.
Un'opinione intermedia, che appare la più sensata, vuole che
le due cose procedano in parallelo: si progetti pure, con raffinate
misure tecniche, l'integrazione delle monete, purché essa sia
accompagnata da rinunce progressive di sovranità nazionale, e
poiché questi aggiustamenti :sono a " somma zero ",
è chiaro che per questa via verrà a costituirsi presso
un organo comune (o comunitario) un potere che assumerà, per
eredità, le quote " rinunciate " di sovranità.
Lo Sme non fa ancora dei passi risolutivi su questa via. La sua logica
fondamentale non si differenzia di molto da quella del vecchio "
serpente " monetario che vincolava le valute aderenti a tenersi
in margini di oscillazione del cambio del 2,25 per cento, in alto e
in basso, (quindi 4,50 per cento, nel tempo, fra la quotazione massima
e la minima).
Quando il margine stesse per essere superato, i governi erano tenuti
ad adottare misure di politica economica consone a riportare le rispettive
monete alla disciplina; oppure, quando tali misure si dimostrassero
inattuabili, a chiedere un mutamento del rapporto di cambio. La dolorosità
sociale delle politiche imposte dalla fedeltà al " serpente
" si dimostrò tale che la prima :soluzione rimase quasi
sempre sulla carta, preferendosi la seconda. Fra il marzo del 1972 e
l'ottobre, 1978 si ebbero 32 fra mutamenti di parità (cambio)
o, più semplicemente, " uscite " dal serpente. E vale
la pena di notare che tutte le " uscite " avvennero dal basso
e non dall'alto, vale a dire dopo il raggiungimento del limite inferiore.
Va aggiunto che accanto alla meccanica del " serpente " era
previsto un armamentario di misure di soccorso comunitarie in favore
delle monete che non riuscissero a tenere le parità pattuite.
Si concedevano, in sostanza, ad esse degli " scoperti ": a
brevissimo termine (30 giorni a partire dalla fine del mese successivo
a quello in cui l'operazione era compiuta), senza limite di quantità
e con possibilità di proroga, parziale, per altri tre mesi; scoperti
a breve termine, di tre mesi prorogabili per altri tre; e infine, per
accordi fra le banche centrali, concorsi finanziari a medio termine,
nei limiti delle quote che ogni singolo Paese era tenuto a fornire,
e sino a un ammontare non superiore alla metà del totale.
Come si è detto, il nuovo sistema (lo Sme) non si allontana di
molto dal congegno descritto. Esso viene proposto sperimentalmente per
due anni, dopo i quali dovrebbe prendere forma un ordinamento definitivo,
con la costituzione di un Fondo Monetario Europeo, vera e propria banca
centrale della Comunità, e con l'adozione dell'Ecu (European
currency unit, detta anche Uce, secondo le preferenze linguistiche)
come mezzo di riserva e strumento di pagamento fra le singole banche
centrali. L'Ecu è una moneta astratta, che non vedremo mai; e
più innanzi spiegheremo com'è costruita. Per ora ci preme
dire che la sua invenzione non è originale, essendo in fondo
la medesima cosa dell'Unità di conto monetaria europea (Ucme)
e stretta parente :dei Dsp (o Sdr), cioè di quei " Diritti
speciali di prelievo " che furono affiancati al dollaro come moneta
internazionale a composizione multipla.
L'Ecu funzionerà da numerario, cioè da denaro, per i cambi,
per gli interventi delle autorità sui mercati , per il regolamento
del dare e dell'avere fra le banche centrali, ma - soprattutto - servirà
da indicatore di divergenza di una data moneta nazionale dalla parità
di cambio che deve osservare (parità centrale). L'Ecu sta in
mezzo, come un obelisco: e le singole monete gli stanno intorno, con
facoltà di oscillare del 2,25 per cento rispetto al rispettivo
valore in Ecu; per l'Italia, come si sa, si è pensato al 6 per
cento di banda di oscillazione, in considerazione delle nostre critiche
condizioni. A questo punto è necessario spiegare com'è
fatto l'obelisco monetario europeo (Ecu). Detto anche " paniere
", esso comprende:
109 lire
0,828 marchi
1,15 franchi francesi
0,286 fiorini olandesi
3,66 franchi belgi
0,14 franchi lussemburghesi
0,0885 sterline inglesi
0,00759 sterline irlandesi
0,217 corone danesi.
Se si fa il conto con i cambi correnti di fine 1978, si ottiene che
un Uce vale, con leggerissima approssimazione, 1150 lire. Ci asteniamo
dal fare lo sviluppo del conto, perché ognuno è in grado
di farselo da sé. Quello che interessa invece è di sapere
quanto " pesa " ogni moneta contenuta nel paniere, perché
da quel " peso " dipende la sua forza relativa di spostare
il valore dell'Ecu. Fatto uguale a 100 tale valore, esso risulta composto
nella maniera seguente:

E' da notare che nel " paniere " calcolato nel 1974 le nostre
109 lire " pesavano " per il 14 per cento, mentre oggi "pesano
" per il 9,8 per cento.
Grazie al congegno descritto, ogni moneta avrà una parità
centrale rispetto all'Ecu e una "griglia " di parità
rispetto alle altre singole monete. Il margine di oscillazione, come
si è detto, è del 2,25 per cento, meno che per la lira,
per la quale è acquisito che tale banda sia del sei per cento;
calcolando movimenti in rivalutazione (verso l'alto) e in svalutazione
(verso il basso), la lira potrà scorrere, nel tempo, del 12 per
cento, passando rispetto all'Ecu da un minimo di 1081 lire a un massimo
di 1219. Le misurazioni quotidiane daranno il segno della sua salute
o della sua infermità.
Ma prima che una moneta varchi la soglia di oscillazione che le è
consentita scatterà un allarme. La risoluzione di Bruxelles del
5 dicembre ha stabilito che ciò avverrà allorché
sia stato toccato il 75 per cento (tre quarti) del moto pendolare concesso.
Il che vorrebbe dire che per l'Italia, essendo del 6 per cento il massimo
scostamento possibile, l'allarme dovrebbe squillare al 4,50 per cento,
quando cioè l'Ecu raggiungesse per noi la quota di 1201,75 lire.
Ma non è esattamente così. La moneta divergente viene
isolata, cioè tolta dal conto affinché - con le sue colpe
o le sue virtù - non lo influenzi. E siccome, come abbiamo visto,
la lira " pesa " nel paniere Ecu circa il 10 per cento, (esattamente
9,8), l'allarme per noi sarà dato non già quando toccheremo
lo 0,75 di quel 6 per cento di oscillazione che ci è accordato
(che farebbe 4,50 per cento), bensì quando toccheremo lo 0,75
del 90 per cento di quel 6 per cento, dovendosi togliere il 10 per cento
corrispondente al nostro " peso ". L'ammonimento insomma,
ci arriverà allorché lo scostamento (in meno, o, auspicabilmente,
in più) sarà del 4,05 per cento. Assai di più si
restringerà la soglia di allarme per il Deutsche Mark, il cui
peso è di un terzo dell'intero "paniere "; e ciò
è giusto perché chi più conta più responsabilità
deve avere.
Che cosa dovrà fare il Paese colpevole di divergenza? Intervenire
sul mercato dei cambi per correggere l'andamento della sua moneta e,
se lo scostamento non è di natura passeggera o congiunturale,
assumere misure di politica economica coerenti con la fedeltà
allo Sme; infine, ove nulla di ciò potesse dare l'esito desiderato,
non resterebbe che variare il tasso centrale di cambio. Come già
era per il " serpente ", un armamentario di misure creditizie
é previsto, nello Sme, per il sostegno dei Paesi in difficoltà,
con la differenza che tali soccorsi sono ora di maggiore entità
e durata. In proposito è da segnalare l'intenzione (non accolta)
della Germania Federale di dare maggiore importanza e mezzi di sostegno
a medio termine rispetto a quello breve, in quanto ciò avrebbe
comportato a carico del Paese beneficiario 'imposizione di precise condizioni
di politica economica, mentre il sostegno a breve è quasi automatico.
Rimane una domanda da farsi, anzi la domanda fondamentale. L'Italia
entra nello Sme, ma avrà la forza di restarci? Se consideriamo
l'andamento della lira fra il luglio, del 1976 e il luglio del 1978,
vediamo che il suo corso ha perduto circa il 20 per cento rispetto alla
generalità delle altre valute. Se le cose dovessero continuare
ad andare così, saremo " sotto allarme " ogni sei mesi;
ed allora non varrebbe neanche la pena di cominciare. Ma se dopo il
dire e il disdire, il governo è arrivato o è stato sospinto
alla tormentata decisione di aderire al sistema monetario europeo, è
da pensare che abbia messo in cima alla sua agenda il proposito della
stabilizzazione, a cominciare dal Piano del ministro del Tesoro, Pandolfi.
Non resta che aspettare e vedere.
|