|
§
I conti dell'Italia
|
Quale 1979 |
|
Gigi
De Mitri
|
Secondo un'analisi
di Libero Lenti, il nostro Paese è ancora al palo di partenza.
Cosa accadrà quest'anno? Rispondono imprenditori, economisti, politici.
Le incognite del comportamento sindacale in vista del rinnovo dei contratti
di lavoro per circa undici milioni di unità. La situazione e le
prospettive del Mezzogiorno.
Si parla del Piano
Pandolfi come di una specie di toccasana: con un 1978 positivo alle
spalle (sconfitto il " rischio Italia ", che praticamente
ci vietava di attingere ai mercati finanziari internazionali; superato
il muro di diffidenza dei partners europei; ristabilito un equilibrio
a nostro favore nei conti con l'estero; abbattuto un terzo del nostro
debito planetario; avviato un processo di sviluppo che, per quanto tenue,
è pur sempre emblematico di un'inversione di tendenza, cioè
ha ribaltato finalmente l'andamento negativo della nostra produzione
e dei nostri saldi di bilancio), con un '78 positivo alle spalle, dicevo,
si ravvivano speranze sopite, e la rassegnazione si trasforma in speranza:
la ripresa è nelle nostre mani, nelle mani di tutti: governo,
partiti, sindacati, forze imprenditoriali. Ma proprio a questo punto
sorgono gli interrogativi più inquietanti: abbiamo registrato
nelle pagine che seguono le voci di imprenditori e uomini di governo;
ma cosa faranno i sindacati? Sarà possibile stabilire un "
patto sociale ", sul modello inglese, o su un nuovo modello, comunque
rispondente alle necessità del momento? Si propenderà
per il nuovo decollo dell'economia italiana, decollo destinato poi a
trascinare dietro di sé tutto (politica sociale, occupazione,
e soprattutto occupazione giovanile, rinnovamento delle strutture produttive,
scuola, sanità, commercio estero, e via dicendo); oppure i sindacati
giuocheranno solo le " carte politiche ", cioè saranno
condizionati dai partiti, dei quali (perfettamente inutile nasconderselo)
per anni sono stati espressione? I rinnovi dei contratti di lavoro,
che interessano undici milioni di lavoratori, terranno conto del particolare
momento e delle possibilità di tradurre questo avvio di ripresa
in un concreto " take off ", oppure saranno il pretesto per
scardinare le prospettive di stabilizzazione, in vista di trasformazioni
di formule (e di contenuti) politiche, che muterebbero radicalmente
progetti di sviluppo e modelli di società che abbiamo scelto
insieme con i partners dell'Occidente sin dalla fine del secondo conflitto
mondiale? Il 1979 dovrà dare risposte chiare a queste, e ad altre
domande. All'orizzonte si profila una nuova crisi energetica, con l'aumento
dei prezzi del greggio; si restringeranno gli sbocchi dei mercati esteri
a chi non vi getta prodotti competitivi e altamente specializzati; la
tecnologia sofisticata (come l'elettronica) non dovrebbe risentire in
modo particolare delle nuove condizioni; ma lo stesso discorso non può
farsi per i prodotti prefiniti e per quelli delle industrie di trasformazione
(che interessano in modo particolare il nostro Paese), perché
con il nuovo anno la concorrenza sarà una vera e propria lotta
al coltello.
Nel '78, le esportazioni
sono cresciute del 5,5 per cento (più 5,8 per cento nel '77),
in misura superiore di quanto non abbiano fatto le importazioni (più
3,1 per cento). Le risorse disponibili sul mercato interno sono perciò
aumentate dell'1,3 per cento rispetto al '77. La bilancia dei pagamenti
mostra un avanzo abbastanza cospicuo, grazie al turismo e alla congiunturale
opportunità di favorevoli tassi di cambio (lira in forte recupero
sul dollaro, ma in netto ribasso su marco, yen, franco francese e sterlina).
I consumi finali interni segnano un'espansione del 2 per cento.
|
![]() Tutti i diritti riservati © 2000 |