La produzione
artistica, in ogni sua estrinsecazione, costituisce il mezzo col quale
l'autore appaga il desiderio di rielaborare un problema in modo particolare,
servendosi della fantasia inconscia e spesso del simbolismo, per coinvolgere
altri suscitando emozioni associative.
Se il rapporto tra arte ed emozioni fu studiato da Aristotele che
sviluppò il concetto di catarsi, è stato merito di Freud
aver sempre meglio delineato nei suoi numerosi Saggi l'importanza
della "psicoanalisi dell'arte": prendendo in considerazione
le opere di un artista nella stessa maniera con cui la psicoanalisi
considera i sintomi di un nevrotico, determinate irregolarità
comportamentali o i sogni di un individuo qualsiasi, è possibile
scoprire in esse, al di sotto dell'aspetto manifesto, un significato
latente che esprime le tendenze inconscie dell'autore.
L'attività creativa, valutata comparativamente nel suo insieme
o analizzata negli elementi particolarmente significativi, costituisce
insomma lo specchio dell'animo, la proiezione esterna di ciò
che esiste e viene rimosso nei meandri del profondo.
Nell'elaborazione dei dati analitici importanza fondamentale riveste
l'indagine biografica dell'artista, mirata a far luce sul vissuto
infantile e sulle caratteristiche personologiche strutturatesi nell'evoluzione
esistenziale; indagine anamnestica e psicologica che deve essere effettuata
con profondità e competenza, al fine di sfrondare quanto di
fantasioso e bizzarro l'opinione pubblica spesso elabora intorno alla
vita dei personaggi ricchi di talento.

Secondo l'importante concezione di Jung sull'archetipo (elemento costitutivo
dell'inconscio collettivo) esso è qualcosa che non può
essere percepito perché esiste solo in potenza (archetipo in
sé). Quando un archetipo viene attivato nell'inconscio di un
individuo da un complesso di circostanze personali o collettive esso
si manifesta con uno schema di comportamento istintivo, o su un piano
spirituale come immagine archetipa, cioè come un simbolo.
Accanto all'inconscio collettivo Jung postula quindi l'esistenza di
un inconscio personale formato da desideri repressi, da impressioni
sublimali e da esperienze dimenticate.
Il bisogno di liberarsi dai conflitti o di esprimere la ricchezza
del mondo interiore spesso viene avvertito anche da chi usa l'arte
come attività che diverge da quella principale (divertissement
di Pascal).
Per questi aspetti scientifici, di cui la preparazione professionale
mi ha reso edotto, ho potuto accettare l'invito di presentare la produzione
pittorica di Rita Guido, mia cara amica di vecchia data.
Affascinata dall'Espressionismo sin dal Corso degli studi d'Arte,
Rita Guido ha aderito a questa corrente, sia pur compiendo qualche
fuga surrealistica, impegnandosi dapprima nella pittura, poi nella
grafica, materiale apparso nelle 60 mostre, tra collettive e personali,
realizzate in varie città d'Italia.
In una particolare circostanza piuttosto recente la pittrice ebbe
a dirmi: "con questa caratteristica attività ho potuto
aprire il mio stato d'animo, liberandolo dal caos interiore".
All'inizio il processo creativo è stato costituito da grandi
spettri giallo-zolfo o cobalto o bianco, tali da far scrivere ad Antonio
Massari nell'Opuscolo critico al "Gruppo Terra d'Otranto":
"il cinema espressionista tedesco, il Monaco Nero, i fantasmi
decaduti di Oscar Wilde impallidirebbero (ove fosse possibile) di
fronte al terrore sprigionato dalle grandi teste planetarie sghembate".
Un mutamento operativo radicale si è verificato verso la fine
degli anni '70: su tele lo spazio viene creato da tutta una campitura
di fondo, necessaria per definire ed abbracciare il primo elemento
simbolico, l'albero senza foglie, elevantesi tra roccia, delineato
a somiglianza del candelabro ebraico, inciso spesso ripetutamente
su spazio-materia bianca, a volte pastellata di azzurrino e di rosa.
Successivamente è affiorato un altro simbolo: la foglia, ma
una sola foglia, verosimilmente elemento espressivo di maggiore rinascita
interiore.Nella giara dell'amore , lavorata a punta secca, campeggia
una pianta, ricca di foglie oblunghe, simmetriche, piuttosto ravvicinate:
nasce da una zolla-cuore e porta all'apice un frutto- cuore. Da questa
opera trae origine il simbolo della treccia, che domina la produzione
più recente dell'artista. Tali rappresentazioni, tecnicamente
realizzate col ritorno ad una materia morbidissima come il pastello
e agli olii più spaziali, costituiscono prevalentemente il
materiale degli ultimi lavori.

Nell'evoluzione
dell'attività artistica di Rita Guido si evidenziano chiaramente
due periodi contrapposti: i primo caratterizzato da immagini mostruose,
terrificanti, aggressive; il secondo rappresentato da elementi simbolici
comuni, realistici schematizzati nell'essenziale, delineati e circoscritti
in Lino spazio spesso arricchito da graffito.
In quest'ultima creatività prevale il bianco, che se per l'esperimento
di Newton del disco policromatico ruotante costituisce la somma di
tutti i colori, dal punto di vista pittorico-artistico rappresenta
il niente, ovvero la base sulla quale l'artista inizia la sua opera.
Nell'interpretazione analitica di quanto è stato esposto, si
intravede quindi nel primo periodo il bisogno della pittrice di rimuovere
e liberare dal profondo sgradevoli emozioni represse determinate sin
dall'infanzia da assenze-presenze, obbligate ambivalenze affettive,
a causa di particolari condizioni verificatesi nel nucleo familiare.
Le turbolenze emotive, le inquietudini interiori gradatamente regredendo,
hanno allontanato le considerevoli variazioni dell'umore nel corso
della maturità, anche per sopravvenuti eventi gratificanti;
a valide interreazioni tra Es-Io-Super Io, rendendo il soggetto in
esame affettuoso, dolce, premuroso, comprensivo, generoso: peculiari
aspetti caratterologici che, innestatisi nel riscatto alla vita, vengono
da tutti riconosciuti e particolarmente apprezzati.
Ma concrete rappresentazioni psicoanalitiche possono essere definite
dalla valutazione delle manifestazioni simboliche, servendosi degli
schemi indicativi codificati da osservazioni pluridimensionali (paleontologiche,
archeologiche, etnografiche, mitologiche, religiose, ecc.).

Se l'albero, secondo l'interpretazione simbolica generica, costituisce
il carattere ciclico dell'evoluzione cosmica, usato nella rappresentazione
grafica e valutato analiticamente in tutti i suoi componenti costitutivi
è un ausilio nello studio psicologico dell'inconscio, per cui
viene usato come reattivo mentale (Baum-Test di Koch). I dati in nostro
possesso non consentono ovviamente di elaborare un protocollo secondo
i canoni metodologici, ma le immagini pittoriche offerteci ci spingono
a formulare alcune considerazioni.
Osserviamo alberi piuttosto piccoli, spesso ripetuti in forma omogenea,
con scarsi rami, tronchi a cime compresse, prive di ogni elemento
ornamentale; il tronco esile, senza apparenti radici perché
a volte nascoste dalla roccia. Il tutto è delineato da tratto
continuo, deciso. Queste caratteristiche denotano una personalità
introversa, fortemente influenzabile dagli elementi esterni, non del
tutto capace di estrinsecare i propri sentimenti e desideri, a volte
mal controllata nel comportamento per cui affiorano aspetti aggressivi-impulsivi
sia pure transitori.
Nello scorgere attraverso le opere pittoriche i mutamenti psicologici
di Rita Guido, particolare importanza sembra avere la treccia, a volte
facente parte di una testa priva di elementi fisiognomici, a volte
raffigurante nella molteplicità acconciature di esponenti primitivi,
a volte arieggiante formazioni erotiche.
Con la treccia sembra che vengano vivificati piacevoli ricordi del
passato, saldi vincoli di amicizia per cui dalla pittrice questo simbolo
viene denominato la "treccia di Anna Maria", personaggio
che, nonostante il passar del tempo, costituisce una delle sue amiche
predilette.
Si intravede pertanto il ritorno mnesico nell'infanzia col cruccio
di non avere avuto in famiglia, nella cura di questa particolare acconciatura
civettuola, quelle attenzioni usate per la maggiore estetica dell'amica.
Ma particolarmente significativo, ai fini dell'interpretazione psicoanalitica,
è che i capelli, anche secondo l'immaginazione popolare, vengono
considerati la sede della forza vitale perché oltretutto continuano
a crescere per breve tempo dopo la morte; la treccia esprime poi un
collegamento intimo, uno scorrere di influenze dal bisogno dell'interdipendenza
con i simili.

Ciò conferma quanto di innovativo si sia verificato nell'inconscio
della pittrice, durante gli ultimi decenni, nell'attaccamento alla
vita e nella sintonia relazionale secondo le sue aspirazioni. E' tuttavia
opportuno considerare che al centro di ogni buon simbolo c'è
un nucleo oscuro che non cederà ad un'analisi razionale, anche
se attorno a questo nucleo possono raggrupparsi immagini trasparenti
che da esso traggono la loro forza e la loro intensità. Questo
concetto viene maggiormente espresso dallo stesso E. Wind quando asserisce:
"Un simbolo eloquente ha modo di lusingare il nostro desiderio
di profondità senza offendere il nostro bisogno di coerenza.
Con un alto grado di lucidità riesce a rimanere enigmatico.
La sua forza poetica deriva dalla unione di trasparenza e oscurità".
Attratti quindi da un'opera d'arte, estrinsecata in qualsiasi modalità,
noi viviamo un'emozione estetica, spirituale, che doverosamente ci
spinge a considerare l'autore un essere straordinario, dotato di talento
invidiabile, capace di esternare in funzione catartica pulsioni represse
con simboli o metafore. Le sintetiche considerazioni da me esposte,
sulla base dei molteplici studi esistenti nella letteratura sul rapporto
psiche-arte, nulla tolgono al valore degli illustri produttori: esse
intendono contribuire all'interpretazione dei complessi meccanismi,
a mio parere bio-psicosociali, che interreagiscono nella creatività,
apparentemente magica, degli individui non comuni.