In
una normale abitazione si possono trovare, in media, più di 50
serrature, a riprova del fatto che la serratura è uno dei più
diffusi strumenti di protezione di persone e di beni.
Anche se le prime serrature di cui abbiamo traccia risalgono ai Sumeri
(un esemplare è custodito al Museo del Louvre), sono i Romani
il popolo che per primo ha utilizzato su larga scala serrature in bronzo
o in ferro, non dissimili da quelle moderne, che hanno in Linus Yale,
serraturiere americano del secolo scorso, il loro inventore.
In un mondo ad alta tecnologia, come quello in cui viviamo, può
essere ragione di piacevole sorpresa apprendere che le serrature non
sono solo appannaggio delle abitazioni europee, ma che anche nelle capanne
delle tribù africane dei Bambara e dei Dogon esse vengono correntemente
usate, con fini simili e con l'aggiunta di valori cosmogonici, affatto
nuovi per l'uomo moderno.
Questa è una storia vera, che spero affascinerà voi lettori,
come già ha affascinato chi scrive.
La terra e
i popoli
Il potente valore simbolico e figurativo delle sculture e delle maschere,
ed in particolare delle serrature, nelle manifestazioni artistiche
africane, impone che all'esame degli oggetti si arrivi solo dopo un
cammino preparatorio, senza il quale si perderebbe gran parte del
godimento tecnico e culturale che l'oggetto può assicurare.
Ho articolato questo cammino in una breve descrizione dei luoghi e
delle popolazioni, in una più accurata e sempre sintetica descrizione
della visione cosmogonica di questi popoli, ed in una descrizione
degli aspetti tecnici della serratura.
L'Africa subsahariana comprende un immenso territorio che va dall'entroterra
Atlantico (la Mauritania) sino all'Etiopia meridionale e, convenzionalmente,
alla foce dello Juba.
Essa è abitata da numerosi ceppi negroidi, di cui i più
interessanti per noi sono i negri sudanesi, che hanno raggiunto uno
dei più elevati livelli culturali ed artistici dell'intero
continente africano.
Essi prendono il nome dall'espressione araba "belled es Sudan",
cioè la terra dei negri. In questo ceppo sono individuabili
chiaramente diverse etnie, come i Soniko, i Mandingo, i Bambara, i
Dogon, i Senafi ed altri.
Le caratteristiche orografiche e idrogeologiche della zona che andiamo
ad esaminare sono assai significative, perché hanno influenzato
in modo determinante il tipo di società che si è ivi
sviluppato.
Il Niger, fiume sacro per il suo contributo allo sviluppo dell'umanità,
non meno del Nilo, del Danubio, del Reno, del Volga, dello Yang-tse,
del Mississippi, del Rio delle Amazzoni, scorre inizialmente verso
il nord, per compiere ai confini meridionali del Sudan una amplissima
ansa, con un delta interno unico nel suo genere, indi inverte il suo
corso e si dirige a sud per gettarsi nell'Atlantico.
Le popolazioni Dogon e Bambara vivono proprio a ridosso del delta
interno; i Bambara per lo più sulla riva settentrionale; i
Dogon nella piana di Seba, poco lontano da Mopti, capitale del Delta
interno, e lungo la scarpata falesica di Bandiagara, frutto dell'erosione
del mare nell'epoca pliocenica.
I traffici terrestri carovanieri hanno favorito per molti secoli,
fino alla metà di questo millennio, lo sviluppo delle città
poste lungo le principali direttrici di attraversamento.
I fasti di Dijenné e di Timbuctu sono ormai entrati nella letteratura,
oltre che nella storia. E' proprio nei primi secoli di questo millennio
che l'impero del Mali raggiunge il massimo fulgore. Una carovana reale
diretta verso le terre orientali era accompagnata da 60 cammelli,
che trasportavano oro, e tra le popolazioni locali per secoli si è
tramandata la storia del viaggio del Rex Melli, che gettava oro ai
villici che si addensavano sul suo cammino.
Lo sviluppo delle nuove rotte marittime fece gradualmente diminuire
l'importanza commerciale delle città dell'interno, che si concentrarono
nella loro vita quotidiana, legata alla sopravvivenza agricola e alla
conservazione di riti ancestrali.
Dopo un lungo periodo di relativo isolamento, la cultura occidentale
riscoprì le popolazioni di questa terra, in particolare i Dogon,
nella prima metà di questo secolo, grazie agli studi dell'etnologo
francese Marcel Griaule nel 1946, e della sua discepola e collaboratrice
Germaine Dieterlen.
Vivendo a stretto contatto con le popolazioni locali, apprendendo
dalla viva voce degli anziani, in particolare dell'ormai famoso cacciatore
cieco Ogotemmeli, i miti cosmogonici e le tradizioni che governano
ancora oggi questa popolazione, esaminando ed interpretando i manufatti
locali, maschere, terrecotte e serrature, i due etnologi hanno tracciato
un quadro completo ed affascinante di questa popolazione ed hanno
rivelato al mondo occidentale, supposto "evoluto", l'eccezionale
ricchezza espressiva che essa ha saputo infondere in oggetti rituali,
ma anche in oggetti di uso quotidiano.
L'UNESCO, dichiarando la città di Dijenné patrimonio
culturale del mondo intero, ha consacrato i valori tipici di questa
remota e culturalmente isolata area africana.
Le etnie negro-sudanesi del Mali hanno in comune molti aspetti sociali
e culturali: tutte o quasi fanno riferimento ad un unico essere supremo,
creatore di tutto; il patrilignaggio è in particolare adottato
universalmente; l'agricoltura si basa sulla coltivazione dei cereali,
come il sorgo e il miglio; l'allevamento è limitato a bovini
e caprini.
Il rispetto e la considerazione per gli anziani e per gli antenati
sono fondamentali. La donna ha un preciso ruolo nella società
tribale, perché essa è simbolo di fertilità e
fecondità e senza di essa non si potrebbe perpetuare la stirpe.
Si tratta quindi di un ruolo funzionale più che strutturale
e le frequenti rappresentazioni del seno femminile sono tese ad evidenziarne
la funzione di nutrimento per la prole, più che essere simbolo
sessuale in senso stretto.
L'organizzazione politica si fonda su aggregati di famiglie, cui presiede
un anziano, capo politico, e talvolta anche capo religioso, come l'Hogon
dei Dogon.
Trattandosi di popolazioni stanziali, esse hanno costruito villaggi
composti da una serie di abitazioni aggregate, in ognuna delle quali
abita una famiglia.
Ogni famiglia dispone di un granaio principale ed un granaio secondario
(una sorta di dispensa annessa all'abitazione); alcune capanne, in
particolare quelle dell'Hogon, sono destinate a funzioni collettive;
in una di esse si trova il Tempio degli antenati, ove si adora il
morto vivente, cioè il Lébé, ed altri locali
ove viene amministrata la giustizia e vengono prese le decisioni importanti
per la collettività.
Le abitazioni sono quasi sempre dotate di porte su cui sono applicate
le serrature.
L'importanza della serratura nella cultura Dogon è testimoniata
dal fatto che le dimensioni del corpo verticale sono spesso sovrabbondanti
rispetto alle esigenze tecniche, a riprova del fatto che la serratura
è l'occasione di una testimonianza: al valore funzionale si
sovrappone quindi il valore simbolico.
La lingua e la cultura di queste popolazioni sono riuscite a rimanere
relativamente indenni dalle elevate pressioni religiose e politiche
delle vicine popolazioni mussulmane, che si sono espanse in tutta
l'Africa subsahariana.
Il livello di influenza raggiunto è spesso misurato accuratamente
dall'esame della figurazione: laddove la religione mussulmana
ha preso salde radici, scompaiono le figurazioni zoomorfe e antropomorfe
e compaiono disegni geometrici, oppure il nulla.
La cosmogonia
dei Dogon e dei Bambara
La cosmogonia dei Dogon, esaurientemente illustrata dal Griaule nella
sua opera, completata postuma, Le renard pâle,, è una
delle più ricche ed articolate dell'intero continente africano.
Essa merita un certo spazio, come condizione necessaria per la comprensione
delle figurazioni simboliche. Per i Bambara, la illustrazione è
più sintetica, non solo perché questa popolazione è
stata studiata meno in profondità, ma anche perché oggettivamente
ha una diversa valenza espressiva.
In principio era l'essere supremo Amma, che ha creato tutto; esso
(o essa?) viene raffigurato, assai di rado, in forma androgina o più
spesso in forma di segno V, detto la clavicola di Amma. Si tratta
di un segno che appare con estrema frequenza sulle serrature, in particolare
sull'estremità attiva del catenaccio, della parte cioè
che si impegna nella muratura dell'abitazione e che blocca la porta:
in pratica, la parte più importante nella funzione di chiusura.
La figura centrale della cosmogonia a Dogon è il Nommo, cioè
il gemello maschio della coppia di gemelli, principio del bene, che
si oppone alla coppia di gemelli, principio del male. Esso viene trasformato
da Amma in Volpe per purificare l'ordine dell'Universo e restaurare
l'ordine turbato, indi viene sacrificato e dalle sue membra nascono
le quattro coppie di gemelli, primordiali antenati dell'uomo. Essi
giungeranno sulla terra navigando su un'arca celeste e vi porteranno
il necessario alla vita.
Il Nommo viene spesso raffigurato come essere androgino, a testimoniare
il duplice ruolo dell'uomo e della donna nella creazione e moltiplicazione
della stirpe, e per questa ragione il concetto di acqua e di Nommo
sono spesso indifferenziati.
I gemelli, relativamente rari nelle etnie negroidi, rappresentano
da sempre un elemento di grande attrazione simbolica e reale per le
popolazioni locali e la donna che dà alla luce i gemelli è
tenuta in considerazione quasi sacrale.
I gemelli, pertanto, raffigurano sia gli antenati, sia la proliferazione
dei cereali, sia la fecondità della famiglia.
I Dogon adorano in modo particolare gli antenati, sia quelli remoti
sino ai mitici gemelli progenitori, sia quelli più recenti.
L'altare ad essi dedicato si trova nella ginna, cioè l'abitazione
principale.
Il serpente, in cui si tramutò il Lébé, è
anch'esso simbolo degli antenati.
L'immagine del cavaliere a cavallo compare spesso nelle maschere e
nelle serrature: il cavaliere simboleggia il viaggio che il Nommo
fece, trascinando l'arca, dal cielo alla terra, portando seco una
scheggia incandescente che permise di portare il fuoco sulla terra.
L'antilope, spesso stilizzata in due corna, fu incaricata di vigilare
sul sentiero del sole, che il Nommo avrebbe dovuto percorrere per
recarsi sulla terra.
La visione cosmogonica dei Bambara è decisamente più
semplice. Anche qui esiste un essere supremo, il Faro, che crea una
coppia di gemelli, che egli feconda grazie alle rondini. Da esse ha
origine l'umanità.
La popolazione Bambara vive in grandi agglomerati, che racchiudono
più famiglie in un complesso di case, dette "lu",
chiuse da porte su cui sono applicate serrature che rispecchiano stilemi
semplici, ma non per questo meno plastici.
L'immagine più frequentemente raffigurata è la donna,
seguita da animali vari (in particolare il coccodrillo) ed altri simboli
religiosi, come il copricapo trilobato del capo politico-religioso
della società Komo.
L'articolazione sociale dei Bambara si basa infatti su società
chiuse, l'appartenenza alle quali è riservata a determinate
categorie. Tipica è la società dei forgerons o degli
adolescenti da iniziare ai riti della maturità.
Le serrature
Le serrature e le porte sono realizzate da artigiani che per qualche
tempo si pensò fossero ispirati artisti. In realtà,
si tratta di artigiani professionisti, spesso inquadrati in società
chiuse, che custodiscono e trasmettono le conoscenze esoteriche e
materiali necessarie per la corretta esecuzione delle opere.
Nell'artigiano che costruisce le serrature confluiscono numerosi messaggi:
egli può essere, di volta in volta, simbolo dell'Hogon, cioè
del sacerdote capo del villaggio, che gode di autorità e prestigio
quasi regali; oppure rappresenta il fabbro-scultore, che è
padrone del fuoco e può realizzare oggetti, e la cui capacità
di raffigurazione di potenti simboli conferisce autorità e
prestigio indiscusso.
Il "forgeron", cioè il fabbro-scultore, è
infatti una sorta di demiurgo tra il visibile e l'invisibile, tra
l'uomo e il divino, ed è per questa ragione che la carica è
assai ambita e non è facile diventare tali, se non dopo un
adeguato periodo di apprendistato.
Rimandiamo alle schede tecnico-figurative per ulteriori approfondimenti.
Il principio
di funzionamento della serratura
La prima raffigurazione di questo tipo di serratura appare sui bassorilievi
nel Tempio di Luxor, nell'alto Egitto, ma molti studiosi ritengono
che l'origine sia assai più antica e la fanno risalire ai Sumeri.
La serratura è composta da più parti (cfr. foto in basso):
- v'è un elemento a sviluppo prevalentemente verticale, chiamato
corpo (in Dogon, tâ koro), che accoglie nel suo interno gli
organi principali;
- v'è un catenaccio a sviluppo e movimento orizzontale, (in
Dogon, tâ dagu), che può scorrere in modo da impegnare
o liberare una cavità ricavata su uno stipite della porta della
capanna. E' questo l'elemento mobile che consente alla serratura di
svolgere il suo ruolo;
- all'interno del corpo principale è ricavata una cavità,
detta gabbia, nella quale sono apposti con abile opera di fabbro dei
denti verticali appiattiti o ritorti a spirale. Essi possono cadere
verso il basso sotto l'azione della gravità o spostarsi verso
l'alto, sollevati dai corrispondenti denti della chiave. In essa sono
ricavati dei fori, in cui cadono i perni appena descritti, bloccando
lo scorrimento del catenaccio;
- i denti sono uno, due o più sino a quattro, e la loro disposizione
rappresenta uno degli elementi primari di cifratura individuale delle
singole serrature. In altre parole, occorre che la chiave sia sagomata
in modo tale che la posizione dei vari denti corrisponda esattamente
a quella dei denti della chiave, consentendone il sollevamento contemporaneo
e la liberazione del catenaccio;
- infine, la chiave, che può essere realizzata con impugnatura
in legno e denti in ferro (tipologia caratteristica delle serrature
Dogon) oppure in ferro battuto (tipologia caratteristica delle serrature
Bambara). Nella chiave sono ricavati dei denti che per disposizione
e lunghezza devono corrispondere esattamente ai denti posti nella
gabbia nel corpo della serratura.
Se il catenaccio è dotato di una apertura laterale, si può
usare una chiave con impugnatura in ferro o in legno; diversamente
la chiave è sempre in ferro per poter essere sagomata in modo
appropriato.
Questo schema è vivo ancora oggi in tutta la fascia del Paesi
che va dall'Atlantico sino alla penisola araba ed anche oltre.
Esso è anche sfruttato nelle comunissime serrature a rotore
dette "tipo Yale", ma con una variante determinante: i denti
non hanno la stessa altezza, come nella fattispecie, ma hanno altezze
diverse, cui corrispondono varie dimensioni dei denti (o delle cavità
della chiave). Il numero possibile di cifrature sale in modo incrementale
e la produzione di serie di serrature con codifiche tra loro diverse
diventa relativamente semplice.
Le moderne serrature tipo Yale, prodotte in centinaia di milioni di
esemplari, non rappresentano quindi altro che un miglioramento della
tipologia messa a punto millenni fa e rimasta sostanzialmente invariata
sino ai giorni nostri.
Vale la pena, infine, rammentare che le serrature romane dell'età
repubblicana ed imperiale, ancora oggi perfettamente conservate nelle
parti in bronzo, lavorano su un principio sostanzialmente simile a
quello illustrato.
Componenti
e figurazioni di una serratura
Le parti di una serratura non vanno analizzate solo da un punto di
vista tecnologico, ma anche in base al loro valore simbolico. Ecco
perché si suole dividere l'elemento verticale della serratura
in due parti:
- la sommità o capo, nella quale l'artigiano (o l'artista?)
sviluppa il massimo delle sue capacità e dove sono rappresentati
i simboli più potenti. Qui si trovano i gemelli scolpiti a
tutto tondo, qui si trova il cavaliere, qui si trova la testa di iena
o di coccodrillo o altra rappresentazione antropomorfa o zoomorfa
facilmente riconoscibile;
- il corpo o tronco, cioè la parte che nasconde al suo interno
la gabbia dei denti e permette lo scorrimento del catenaccio. L'ampia
superficie del corpo viene spesso sfruttata per figurazioni simboliche
oltremodo significative, ma che possono essere realizzate con scalfitture,
oppure in bassorilievo;
- infine il piede, ove pure vengono rappresentate raffigurazioni simboliche
di varia complessità e dettaglio di lavorazione, ma di solito
con minore incisività (ma non sempre).
Anche il catenaccio viene caricato di particolari raffigurazioni simboliche,
solitamente di tipo geometrico. Il motivo maggiormente ricorrente
è la clavicola di Amma, sul lato attivo del catenaccio. Altre
scalfitture ed incisioni hanno precisi significati, meglio descritti
nelle schede delle singole opere.
Il numero e la disposizione dei denti hanno pure un significato simbolico,
secondo Germaine Dieterlen, ma non tutti concordano con queste interpretazioni.
In particolare si vuole che la disposizione dei denti sia connessa
all'orientamento della porta ed alla applicazione prevista (porta
di granaio, di capanna rituale, ecc.).
In linea di massima, presso i Dogon il numero di denti varia da due
a quattro, mentre presso i Bambara non supera tre.
Della chiave occorre quindi descrivere la disposizione dei denti e
la decorazione, che si limita però a figure geometriche. I
denti in ferro non hanno particolari significati ed hanno una funzione
puramente tecnica.
Molto si potrebbe dire, infine, sul legno utilizzato nella lavorazione.
E' evidente che il primo condizionamento dell'artigiano è dato
dall'offerta della natura. In questo ambito tuttavia egli ha a disposizione
diverse essenze dure e compatte, che può utilizzare sia per
la facilità di lavorazione, sia per il significato simbolico
del legno stesso.
Germaine Dieterlen ha individuato anche una serie di significati simbolici
sul tipo di essenza, che va scelta in funzione dell'utilizzo previsto
dalla serratura (porta di granaio comune, di ambiente religioso, di
abitazioni, ecc.). Anche questo tema è assai complesso e non
ritengo che valga la pena trattenervi a lungo il lettore.
La figura femminile rientra nel quadro dell'augurio di fertilità
e progenie, in termini di cereali e di figli, che la donna porta con
sé. Le differenze di acconciatura contraddistinguono varie
tribù o trasmettono specifici significati religiosi.
Assai diffuse sono le rappresentazioni miste di uomini con attributi
zoomorfi, in cui le orecchie della iena, animale che compare di frequente
nelle maschere Bambara, vengono applicate ad un volto umano. La iena
è l'animale guardiano della società ed ha il compito
di seguire e tenere lontani gli estranei.
Altre raffigurazioni naturalistiche e le raffigurazioni astratte che
compaiono sul corpo delle serrature, rivestito da una patina brunastra,
spesso risultano di difficile interpretazione.
Una domanda che mi viene posta di frequente riguarda l'età
di questi oggetti: la caducità del materiale non permette datazioni
certe ed in genere la vita utile di questi oggetti è assai
limitata.
Conviene quindi, a mio giudizio, che il lettore goda al meglio la
sintesi di forma e funzione di queste affascinanti serrature, cogliendone
lo spessore tecnico e culturale, senza addentrarsi in eccessivi approfondimenti,
nei quali spesso anche gli esperti non sanno definire il confine tra
realtà e fantasia. Un conoscente, che ha passato lunghi anni
presso queste popolazioni, mi ha descritto il modo in cui Germaine
Dieterlen soleva raccogliere dagli anziani del villaggio le loro tradizioni.
Li invitava a parlare, trascrivendo quanto un traduttore le narrava,
e li compensava quotidianamente. Si può ben pensare che una
tale impostazione potesse esser foriera di narrazioni che forse avevano
più il pregio della lunghezza, che della fedeltà alla
tradizione!
