|  
               
              
            Dove non cè più legge né 
              ordine  
              interno, occorre  
              applicare il principio della responsabilità internazionale. 
           | 
            | 
          
           
             Le speranze che il nuovo secolo potesse significare un nuovo inizio 
              nel rispetto dei diritti umani non si sono ancora esaudite. Vedere 
              con i miei occhi che cosa è accaduto in Cecenia, a Timor 
              Est o nella Repubblica democratica del Congo mi ha fatto capire 
              chiaramente quali debbano essere i nostri traguardi. Dalla mia recente 
              visita in Israele e nei Territori palestinesi occupati ho portato 
              la forte impressione di due popoli legati dalla storia e dalla geografia, 
              ma separati da un fossato ampio e crescente nella percezione luno 
              dellaltro. Dalle loro bocche ho sentito due racconti diversi: 
              da un lato la preoccupazione, comprensibile, per la sicurezza; dallaltro, 
              lumiliazione quotidiana per le discriminazioni meschine e 
              limpotenza delloccupazione, spesso aggravata dalluso 
              eccessivo della forza. Io ho raccomandato una presenza internazionale 
              di controllo nei Territori palestinesi occupati, per aiutare a rompere 
              il cerchio quotidiano della violenza e per incoraggiare la ripresa 
              del dialogo. 
            Resto convinta che la strada per un futuro di pace stabile nel 
              Vicino Oriente passa per il rispetto, da parte di tutti, dei diritti 
              umani internazionali e della legge umanitaria. E questo va al nocciolo 
              della questione: occorre educare ai diritti umani, investendo le 
              risorse finanziarie necessarie e praticando un miglior coordinamento 
              tra le Agenzie delle Nazioni Unite e i programmi e le organizzazioni 
              regionali. E prevenire le violazioni dei diritti umani prima che 
              accadano, così come è stato chiesto da più 
              parti.  
              Forse lo sviluppo più positivo dei diritti umani negli ultimi 
              cinquantanni è stato il diffuso accordo dei governi 
              su che cosa si debba intendere per diritti umani internazionali. 
              Anche questanno sono stati fatti dei progressi, con il Summit 
              del Millennio a New York e col Protocollo opzionale alla Convenzione 
              per leliminazione di tutte le forme di discriminazione contro 
              le donne. Cè stato poi anche un forte appoggio ai due 
              Protocolli opzionali alla Convenzione per i diritti dellinfanzia, 
              (quello sui bambini-soldati e laltro sul traffico dei bambini). 
              La sfida maggiore ora è vedere queste norme accolte a livello 
              nazionale. Quando i governi non sono in grado di farlo, il mio Ufficio 
              può avere un ruolo positivo. Prendiamo la Cina. Alcuni mesi 
              fa ho firmato a Pechino un Memorandum dintesa sulla cooperazione 
              tecnica nellambito dei diritti umani e ho sollecitato le autorità 
              cinesi a ratificare le due Convenzioni delle Nazioni Unite sui diritti 
              civili, politici, economici, sociali e culturali. La Cina deve fare 
              ancora molta strada prima che si possa parlare di unautentica 
              cultura dei diritti umani, ma io ritengo che laver accettato 
              di cooperare col mio Ufficio sia già un passo avanti. 
              Cè poi una crescente consapevolezza dellimportanza 
              del diritto allo sviluppo. Soltanto qualche anno fa, qualunque discorso 
              sui diritti umani era male accolto nellambito dei programmi 
              di sviluppo, raramente menzionato, e per lo più in un contesto 
              di traffici e commerci. Ora un nuovo dialogo si è aperto 
              tra gli esperti di sviluppo e di diritti umani, arricchito dal lavoro 
              delleconomista Amartya Sen sul diritto alla proprietà. 
              Questo approccio riconosce il fatto che diritti e sviluppo si rafforzano 
              lun laltro. 
              Con il crescere delle preoccupazioni sulla disparità dei 
              benefici derivati dalla globalizzazione, si comincia a parlare del 
              suo impatto sul godimento dei diritti umani. Io credo che questi 
              potrebbero fornire una parte delle regole che guidano le decisioni 
              politiche da cui nasce il fenomeno della globalizzazione. Nel 1998 
              abbiamo celebrato il cinquantesimo anniversario della Dichiarazione 
              Universale dei Diritti dellUomo e riaffermato la loro universalità 
              e indivisibilità. Nei prossimi anni dovremo connettere quei 
              princìpi con strategie efficaci per eliminare la povertà 
              estrema. Io sono convinta che questa sia la risposta più 
              costruttiva che si possa dare ai contestatori di Praga, di Seattle 
              e di Nizza, che vedono lordine economico mondiale squilibrato 
              a scapito dei Paesi più poveri e le politiche di sviluppo 
              insufficienti sotto il profilo umano. 
            La responsabilità è un potente strumento preventivo. 
              Manda un chiaro segnale che le persone colpevoli di gravi violazioni 
              dei diritti umani non godranno dellimpunità, ma saranno 
              chiamate a dar conto dei loro crimini. La prima responsabilità 
              è delle autorità nazionali. Dove non cè 
              più legge né ordine interno, o le autorità 
              competenti non sono disposte ad agire di fronte agli abusi, occorre 
              applicare il principio della responsabilità internazionale. 
              Il caso Pinochet ha mandato un forte messaggio che limpunità 
              non sarà più tollerata. 
              Di qui, la necessità della Corte Internazio-nale per i crimini. 
              Lo Statuto di Roma è una conquista storica: per la prima 
              volta un trattato multilaterale stabilisce che alcuni atti sono 
              crimini di guerra, quando vengono commessi in un conflitto armato 
              non internazionale.  
              Infine, razzismo e xenofobia, forze sempre potenti nella società: 
              nel prossimo settembre si terrà a Durban, in Sudafrica, una 
              Conferenza mondiale contro il razzismo, la discriminazione razziale, 
              la xenofobia e lintolleranza. Sarà loccasione 
              per unanalisi dellidentità nazionale, considerando 
              la diversità come una forza e la tolleranza come la base 
              per la coesione sociale. E sarà un buon test per misurare 
              la volontà dei governi di accompagnare gli ideali con lazione. 
           |