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            Per ora, limitiamoci a verificare  
              che le attuali forme di opposizione non giovano nemmeno  
              in piccola parte  
              a migliorare  
              la governabilità  
              globale.  
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             Il vertice europeo di Nizza si è svolto precisamente un 
              anno dopo la conferenza di Seattle della World Trade Organization. 
              Gruppi di oppositori hanno duramente contestato il vertice nel nome 
              dellantiglobalizzazione, espressione che va ormai considerata 
              come sinonimo di anticapitalismo.  
              La composizione di questo vasto fronte comprende ecologisti, animalisti, 
              terzomondisti e spiritualisti di varia estrazione: e cè 
              chi sostiene che vi siano ormai forti componenti legate a organizzazioni 
              più militanti, quali gruppi anarchici di diversi Paesi, alcuni 
              eredi delloperaismo degli anni Settanta e Ottanta, e, persino, 
              dei separatisti baschi. Gruppi, comunque, che hanno ideologie e 
              programmi (quando ci sono) anche molto diversi, ma con la volontà 
              comune di opporsi allestablishment economico e finanziario 
              nazionale e internazionale. Probabil-mente, uno degli slogan più 
              significativi di Nizza è stato, infatti, un graffito in vernice 
              nera che recitava: «Morte al denaro!». 
              Da Seattle a Nizza le tappe di quello che si usa chiamare impropriamente 
              il popolo di Seattle sono state numerose, in un crescendo che sicuramente 
              non ha ancora toccato le punte più alte. La nuova contestazione 
              degli anni Duemila è passata infatti attraverso gli appuntamenti 
              più importanti delleconomia mondiale: il World Eco-nomic 
              Forum, di Davos; il meeting del Fondo Monetario Internazionale, 
              di Washington; lincontro sulleconomia mondiale, di Praga; 
              con qualche puntata minore, come la Conferenza sulle Biotecnologie, 
              di Genova. 
              La mobilitazione è grande. La capacità organizzativa, 
              grazie anche a Internet, è ammirevole. Lesito è 
              stato, e continua ad essere, significativo. E difficile ignorare 
              ciò che accade, anche se occorre chiarire che leffetto 
              vero consiste per ora in una sorta di diritto di veto e di interdizione, 
              mentre quasi per nulla la contestazione riesce a portare contributi 
              positivi nelle istanze decisionali che contano. E difficilmente 
              potrebbe essere altrimenti. 
              Questi gruppi sono infatti espressione di movimenti dopinione 
              che sorgono essenzialmente nellOccidente ricco e industrializzato. 
              I Paesi in via di sviluppo, con le loro istanze, non ne sono per 
              nulla rappresentati. Anzi, molte delle richieste dei gruppi di opposizione 
              sarebbero, qualora accolte, del tutto contrarie agli interessi dei 
              Paesi più poveri. Basta pensare alle richieste di una maggiore 
              protezione dellambiente e di standard che condizionino gli 
              scambi internazionali al rispetto di norme ecologiche stringenti; 
              alle critiche al Fondo Monetario Internazionale e alla Banca Mondiale 
              in merito alle politiche di prestito ai Paesi bisognosi; o, ancora, 
              alla strenua opposizione alle biotecnologie, che possono rappresentare 
              un pericolo, ma anche unimportantissima soluzione ai problemi 
              della fame, delle malattie e del sottosviluppo. 
              Ciò che queste opposizioni non hanno è una capacità 
              propositiva reale, che tenga conto della grande varietà e 
              complessità dei problemi, vale a dire di quella che si chiama 
              la governabilità globale. Molti dei problemi che oggi si 
              affrontano ricadono sotto questa cappa. Il fallimento della Confe-renza 
              dellAja sul clima ne è un esempio: non si è 
              riusciti a comporre visioni contrastanti e interessi divergenti 
              tra i tanti Paesi che hanno partecipato ai lavori, perché 
              per fare fronte a problemi globali si utilizzano strumenti locali 
              o parziali. Ladozione di soluzioni globali, però, comporta 
              laccettazione di soluzioni che su scala locale possono essere 
              non ottimali, o addirittura penalizzanti. 
              Poco più di un anno fa, a Seattle, era fallita la conferenza 
              che la Wto aveva convocato per lanciare un nuovo round commerciale, 
              che si sarebbe dovuto chiamare Global Round. Il vertice naufragò 
              e un anno abbondante non è stato sufficiente per farlo resuscitare. 
              Ma il fallimento era stato determinato dallimpossibilità 
              di individuare unagenda comune realistica, che contemperasse 
              obiettivi differenti di Paesi diversi: ci furono contrasti tra Paesi 
              industrializzati, come gli Stati Uniti e i membri dellUnione 
              europea, tra Paesi industrializzati e in via di sviluppo, e anche 
              tra gli stessi Paesi in via di sviluppo. Laccompagnamento 
              sonoro delle manifestazioni esterne dei dimostranti giunti a Seattle 
              non fu che una concausa apparente, perché nei fatti la Conferenza 
              era già fallita prima di iniziare.  
              Ma non cè alcun dubbio che la variegata opposizione 
              antiglobalista tenda a complicare questo quadro, di per sé 
              complesso. Nel campo ambientale, ad esempio, molti ministri dellAmbiente 
              innalzano la bandiera ecologista, e questo si è chiaramente 
              notato al vertice dellAja, dove la posizione europea non è 
              riuscita a incontrarsi con quella americana. Nelle vicende delle 
              biotecnologie, il copione è spesso analogo (la Conferenza 
              di Genova è stata contestata anche da politici e rappresentanti 
              di governo). Nei futuri momenti dincontro delle grandi organizzazioni 
              economiche, come il Fondo Monetario, o commerciali, come la Wto, 
              si troveranno sicuramente esponenti politici e di governo che si 
              faranno paladini di alcune delle posizioni del fronte di opposizione. 
              E alle immense difficoltà di organizzare una governabilità 
              globale, coordinando gli interessi di 150 e più Paesi, si 
              assommeranno le difficoltà di dare rappresentanza alle organizzazioni 
              non-governative, o almeno a quelle capaci di far sentire meglio 
              la propria voce. 
              E alquanto arduo sostenere che ciò sia bene, che risponda 
              a esigenze di democrazia globale e, soprattutto, porti a soluzioni 
              più eque. Per ora, limitiamoci a verificare che le attuali 
              forme di opposizione non giovano nemmeno in piccola parte a migliorare 
              la governabilità globale. Certamente, la repressione non 
              costituisce una soluzione; ma le manifestazioni violente non fanno 
              altro che creare danno, togliendo credibilità allintero 
              movimento antiglobalizzazione, che invece, in alcune parti, potrebbe 
              portare un contributo di critica, di ragioni, e  cè 
              da sperarlo  di nuove proposte. 
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