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            Occorre studiare una regolamentazione che condizioni 
               
              gli incentivi per  
              la banca coinvolta nella funzione  
              antiriciclaggio,  
              affinché la sua  
              condotta sia il più possibile efficace. 
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             1. Introduzione 
            «[...] Le azioni delle Banche centrali sono uscite dal silenzio, 
              forse per non più ritornarvi; se quel silenzio è stato 
              in passato percepito come garanzia di indipendenza, oggi lindipendenza 
              si realizza nel rendere conto esplicito della propria azione in 
              modi e tempi che non ne compromettano lefficacia». 
              Questa frase fu pronunciata dal Governatore Paolo Baffi nel 1976; 
              oggi se sostituite allespressione le Banche centrali 
              semplicemente le banche, la considerazione di Baffi 
              diventa di straordinaria attualità, perché coglie 
              una fase importante e delicata del modo di far banca in Italia, 
              che riguarda laspetto fondamentale di tale attività: 
              la gestione delle informazioni sui clienti nei rapporti con terzi 
              soggetti, in particolare le istituzioni pubbliche. 
              Le banche si trovano sempre di più a dover perseguire due 
              finalità, entrambe essenziali per un corretto e proficuo 
              svolgimento dei propri servizi. Da un lato, nel rapporto con i clienti, 
              siano essi famiglie e imprese, la continua evoluzione dei prodotti 
              offerti, con un aumento del loro numero e della loro complessità, 
              continua a poggiarsi su una base di riservatezza, che è fisiologica 
              in unindustria che produce e distribuisce beni fiduciari. 
              Dallaltro lato, esigenze legate a finalità di interesse 
              generale, quale la difesa dellordine pubblico, spingono le 
              autorità ad utilizzare le banche in una funzione ausiliaria, 
              in cui è proprio il patrimonio informativo delle banche sui 
              propri clienti al centro dellattenzione. In questo senso, 
              emerge sempre di più la necessità di trovare un equilibrio 
              tra riservatezza e trasparenza, che consenta di coniugare lesigenza 
              microeconomica aziendale di scegliere condotte coerenti con la creazione 
              di valore economico, con la finalità macroeconomica di disegnare 
              politiche pubbliche efficaci. La ricerca di tale equilibrio è 
              particolarmente avvertita nelle banche locali, dove il radicamento 
              territoriale e il rapporto diretto con i clienti continua a caricarsi 
              di peculiari significati, anche con lavvento delle applicazioni, 
              nelle attività bancarie, delle nuove tecnologie dellinformazione. 
              Limportanza di rendere conciliabile il duetto 
              trasparenza-riservatezza emerge in tutta evidenza prendendo in esame 
              la regolamentazione antiriciclaggio, che è, sotto questa 
              prospettiva, realmente paradigmatica. 
            2. Il rapporto banca-clienti-autorità fra trasparenza 
              e riservatezza: il caso delle regole antiriciclaggio 
            La riforma della disciplina antiriciclaggio  D. Lgs. 26 maggio 
              1997, n. 153  e le ipotesi di un Testo Unico Antiriciclaggio, 
              nonché lultima versione del Decalogo della Banca dItalia, 
              che ha visto la luce lo scorso 17 gennaio, rappresentano nelle intenzioni 
              delle autorità un punto di svolta nel rapporto tra sistema 
              bancario ed esigenze pubbliche di lotta alla criminalità. 
              Due i princìpi cardine di tale svolta: netta separazione 
              tra area finanziaria e area investigativa, con lUIC a rappresentare 
              il filtro tra il mondo bancario e quello ispettivo-giudiziario; 
              depenalizzazione. Con una motivazione di fondo: modificare un quadro 
              normativo che ha fino ad oggi prodotto risultati non lusinghieri 
              in termini di significatività delle segnalazioni (inefficacia), 
              e costi certi  materiali ma soprattutto immateriali  
              per il sistema bancario (inefficienza). 
            La disciplina antiriciclaggio assegna agli operatori bancari compiti 
              di pubblica utilità, che si affiancano alla missione aziendale 
              principale di produrre reddito, offrendo in modo efficiente servizi 
              bancari competitivi. Va osservato che la caduta delle barriere competitive 
              nazionali, conseguente allintroduzione della moneta e del 
              mercato unici, accentuerà la spinta congiunta alla ricerca 
              dei ricavi e alla compressione dei costi; nel contempo si chiede 
              agli operatori bancari efficacia nella collaborazione attiva nella 
              prevenzione e nel contrasto del riciclaggio del denaro, attività 
              criminosa le cui dinamiche saranno anchesse influenzate dal 
              progressivo integrarsi e globalizzarsi degli scambi creditizi e 
              finanziari. 
              In entrambi gli ambiti  missione aziendale e compito di pubblica 
              utilità  è centrale il rapporto con il cliente. 
              Nel quadro della lotta alla criminalità, lazione di 
              contrasto nei confronti del riciclaggio dei proventi illeciti ha 
              assunto un ruolo strategico per due differenti ragioni. La prima 
              è che il riciclaggio costituisce un forte fattore di inquinamento 
              del sistema economico, poiché determina rilevanti flussi 
              finanziari non orientati da aspettative di unefficiente allocazione 
              delle risorse, impedendo un corretto sviluppo della concorrenza. 
              La seconda consiste nella vulnerabilità delle organizzazioni 
              criminali nel momento in cui tentano di ripulire i proventi illeciti, 
              in quanto il contatto con operatori sani, soprattutto in presenza 
              di un approccio collaborativo da parte di questi ultimi, eleva la 
              possibilità di individuare fenomeni illeciti. 
              Limpegno a combattere la criminalità passa, quindi, 
              attraverso un efficace contrasto del riciclaggio dei proventi illeciti. 
              A livello scientifico, invece, il contrasto della criminalità 
              richiede limpegno a capire in profondità le sue origini 
              e i suoi meccanismi di riproduzione. 
              In particolare, nel quadro del contrasto al riciclaggio lanalisi 
              economica può fornire due importanti contributi: proporre 
              una chiave di lettura dei comportamenti degli agenti economici coinvolti 
              nellattività di riciclaggio, ad esempio gli intermediari 
              finanziari, e contribuire a mettere a punto strumenti di regolamentazione 
              antiriciclaggio efficaci. 
              La ricostruzione delle caratteristiche della normativa italiana 
              sulla base dellanalisi economica fa emergere, a ben vedere, 
              una sorta di doppio paradosso. 
              Da un lato vi è quello che possiamo chiamare paradosso 
              della collaborazione: tutta la regolamentazione antiriciclaggio, 
              dal 1991 ad oggi, è incentrata sul concetto di collaborazione 
              attiva da parte degli intermediari, cioè di comportamenti 
              autonomi volti a segnalare situazioni anomale nella gestione dei 
              flussi finanziari. I risultati dellapplicazione di tale principio 
              sono finora non entusiasmanti; secondo alcuni, anzi, francamente 
              deludenti. 
              La ragione? E lanalisi economica a indicarcela: qualunque 
              soggetto ha un comportamento attivo solo se da esso ne scaturisce 
              un qualsivoglia vantaggio, vale a dire se esistono gli opportuni 
              incentivi ad adottare una determinata condotta. 
              Lincentive approach ci insegna che, se la condotta di un determinato 
              soggetto economico non è quella attesa ovvero auspicata, 
              il problema va individuato analizzando le regole del gioco, formali 
              e informali, che condizionano e indirizzano tale soggetto. 
              Nel nostro caso le regole del gioco sono rappresentate, soprattutto, 
              dalla normativa antiriciclaggio. Dunque la normativa antiriciclaggio 
              non ha creato gli incentivi necessari per indirizzare gli intermediari 
              verso le condotte auspicate. 
              Occorre allora comprendere meglio le caratteristiche e le esigenze 
              aziendali degli intermediari, per poi individuare gli incentivi 
              giusti per comprendere quali sono gli spazi effettivi per attuare 
              il principio di collaborazione attiva. 
              Per fare questo è necessario partire da quella che è, 
              o dovrebbe essere, la missione aziendale di un qualunque intermediario: 
              rendere massima la redditività del capitale in esso investito. 
              Una tale missione aziendale implica, di conseguenza, lopportunità 
              di definire strategie di prodotto, da un lato, e di impiego dei 
              fattori produttivi, dallaltro, che siano ottimali dal punto 
              di vista dellefficienza. 
              Se lintermediario si caratterizza per una tale missione aziendale, 
              cosa accade se lautorità pubblica chiede a tale soggetto 
              di svolgere un compito ulteriore, funzionale ad unesigenza 
              generale di primaria importanza? Linterme-diario verosimilmente 
              valuterà quali sono i costi attesi e i guadagni attesi che 
              possono essere generati da tale compito, e se la somma algebrica 
              è positiva collaborerà attivamente. 
              Ora valutiamo in questa ottica gli aspetti salienti della normativa 
              antiriciclaggio italiana. In termini di costi attesi, possiamo individuare 
              due grandi categorie di costo: a) i costi tecnico-operativi, o materiali, 
              o interni; b) i costi di reputazione o di ritorsione, o immateriali, 
              o esterni. 
            a) i costi tecnico-operativi, o materiali, o interni, sono legati 
              alla messa in atto allinterno dellazienda di tutti quegli 
              investimenti in capitale fisico e in capitale umano che occorrono 
              per assolvere in modo efficace il nuovo compito; 
              b) i costi di reputazione o di ritorsione, o immateriali, o esterni, 
              sono legati allimpatto che il nuovo compito può avere 
              nei rapporti che lintermediario ha con il complesso della 
              sua clientela, nella gestione del passivo come dellattivo. 
            Allintermediario si chiede di utilizzare per finalità 
              pubbliche  in questo caso assolutamente condivisibili  
              un patrimonio di informazioni che è però privato, 
              essenzialmente dei clienti. 
              In linea di principio, ogni intermediario inconsapevolmente può 
              svolgere transazioni o in generale offrire servizi a soggetti i 
              cui redditi hanno, almeno in parte, origine illecita. Vi è 
              però un notevole problema di estrazione del segnale. 
              Infatti occorre che siano contemporaneamente vere le seguenti ipotesi: 
             se la transazione svolge una funzione illegale, il riciclaggio, 
              che si sostituisce o si affianca alla sua funzione lecita usuale, 
              occorre che tale caratteristica si rifletta in unanomalia 
              della transazione stessa (ipotesi di anomalia); 
             se esiste ed è riconoscibile tale anomalia, essa 
              deve essere univocamente riconducibile allo svolgimento della funzione 
              illegale (ipotesi di univocità). 
            In altri termini, occorre tener conto che la particolare natura 
              dei beni trattati nellindustria bancaria  sono beni 
              fiduciari per eccellenza, perciò immateriali  rende 
              assai probabili i rischi di errore, sia del primo sia del secondo 
              tipo. 
              Gli errori del primo tipo si commettono quando non vale lipotesi 
              di anomalia, per cui una transazione che svolge, oltre o in sostituzione 
              della sua funzione legale, anche quella illegale, non assume tratti 
              o caratteristiche di anomalia. Quanto più sono probabili 
              gli errori del primo tipo, tanto meno efficace sarà lo svolgimento 
              del compito antiriciclaggio, a parità di costi materiali 
              e immateriali. 
              Gli errori del secondo tipo si commettono invece quando non vale 
              lipotesi di unicità, per cui una transazione con tratti 
              di anomalia non nasconde lo svolgimento della funzione illecita. 
              Quanto più sono probabili gli errori del secondo tipo, tanto 
              più alti sono i costi attesi immateriali, in termini di rischi 
              di perdita di reputazione con il cliente, a parità di costi 
              immateriali. 
              Va inoltre osservato che per propria stessa natura le operazioni 
              finalizzate al riciclaggio sono spesso efficacemente dissimulate 
              e presentano caratteristiche di elevata mutevolezza e variabilità 
              nel tempo e nello spazio. Per questo la classificazione tassonomica 
              delle operazioni (compiuta nel Decalogo) non può 
              che essere meramente indicativa e soggetta a rapida obsolescenza. 
              Ne deriva che i sintomi dai quali gli intermediari dovrebbero ricavare 
              segnali di possibile riciclaggio sono spesso confusi e in molti 
              casi poco aderenti alla realtà e alle specificità 
              operative. La strumentazione di warnings a disposizione degli intermediari 
              è quindi scarsamente fruibile e può indurre a commettere 
              errori: per evitarli è giocoforza adottare un approccio estremamente 
              cautelativo che minimizzi il numero delle segnalazioni. 
              Infine, anche in un contesto in cui è nulla la probabilità 
              di errori del primo e del secondo tipo, esiste la possibilità 
              di emersione di rischi di ritorsione, in quanto una segnalazione 
              corretta rende disponibile alle autorità il patrimonio informativo 
              di un soggetto i cui redditi sono, in tutto o in parte, di origine 
              illecita. 
              Inoltre  e qui troviamo il secondo paradosso  laver 
              concentrato esclusivamente lattenzione della normativa sugli 
              intermediari bancari e finanziari può aumentare i costi immateriali 
              attesi. Se gli intermediari bancari, a causa dei compiti antiriciclaggio, 
              si caratterizzano rispetto ad altri operatori e fornitori di servizi 
              per una domanda aggiuntiva di informazioni, questo può avere 
              effetti non attesi e non desiderati sui clienti, riducendo, a parità 
              di costi per gli intermediari, la stessa efficacia della normativa. 
              Si può pensare, infatti, ad un effetto vasi comunicanti, 
              in cui, in presenza di normative severe in un vaso, 
              le operazioni illecite vengono comunque effettuate, approfittando 
              del lassismo in altri vasi. In questo senso appare opportuna 
              la direzione presa in via comunitaria, volta ad estendere lobbligo 
              delle segnalazioni a soggetti anche non finanziari ma che, per le 
              caratteristiche dellattività svolta, si prestano ad 
              essere utilizzati per finalità di riciclaggio. 
            Evidenziate le possibili fonti di costo che il compito antiriciclaggio 
              può far emergere per il singolo intermediario, chiediamoci 
              quali possono essere i guadagni attesi di tale normativa. 
              In primo luogo, sono stati più volte evidenziati i possibili 
              guadagni informativi: la necessità, creata dalla legge, di 
              assumere in taluni casi maggiori informazioni su operazioni dei 
              clienti aumenta il patrimonio informativo che lintermediario 
              ha con i propri interlocutori, migliorando le sue possibilità 
              di allocare in modo conveniente ed efficiente i suoi prodotti finanziari 
              e il suo credito. 
              In secondo luogo, vanno ricordati i guadagni attesi legati al minimizzare 
              il rischio denuncia per mancato adempimento del compito antiriciclaggio. 
              Ove difatti le autorità accertassero, per vie diverse dalla 
              (mancata) segnalazione di anomalia, la presenza di operazioni illegali, 
              scatterebbero le sanzioni (pecuniarie e penali) di legge a carico 
              dei responsabili. 
              Dunque, a fronte dei costi materiali e immateriali di varia natura, 
              gli intermediari dovrebbero mettere in conto dei vantaggi informativi 
              e di tipo, se vogliamo, assicurativo, legati al minimizzare la probabilità 
              di incorrere in sanzioni. 
              Si potrebbe a lungo discutere sullentità effettiva 
              o attesa di tali guadagni attesi. Il dato di fatto, data linsufficiente 
              collaborazione attiva lamentata dalle autorità, è 
              che essi senza dubbio non compensano i costi attesi. Inoltre, le 
              fonti di tali guadagni non appaiono suscettibili di sensibili e 
              ulteriori incrementi di efficacia, ottenibili, magari, con modifiche 
              delle norme volte ad ottenere tali risultati. 
              Per quel che concerne i guadagni informativi, è evidente 
              come, in un contesto in cui sempre maggiore è finalmente 
              la competizione, lincentivo per gli operatori bancari a raccogliere 
              informazioni utili a collocare meglio i servizi di pagamento, di 
              credito e in generale finanziari è oramai un dato di fatto, 
              che perciò non abbisogna di ulteriori additivi o di stimoli. 
              Le autorità non sono in grado di arricchire questo tipo di 
              patrimonio informativo e si sono fin qui astenute dal mettere a 
              disposizione degli intermediari, in tempi e con modalità 
              opportune, informazioni di altro tipo che potrebbero invece essere 
              utili a prevenire comportamenti fraudolenti da parte della clientela. 
              Ci si riferisce a dati raccolti dalle forze di polizia o a disposizione 
              negli archivi di varie istituzioni (documenti smarriti e rubati, 
              liste elettorali, codici fiscali, utilizzo nominativi falsi, false 
              ragioni sociali, etc.), che potrebbero confluire in un archivio 
              centralizzato a disposizione degli intermediari finanziari e che 
              costituirebbe, analogamente a quanto accade in altri Paesi dellUnione 
              (Regno Unito, Olanda e altri), un efficace strumento per prevenire 
              le frodi creditizie. Questo tipo di contributo permetterebbe di 
              compensare, sia pure parzialmente, il costo sostenuto dagli intermediari 
              per raccogliere e canalizzare verso le autorità un flusso 
              normativo che, allo stato, è totalmente unidirezionale. 
              Per quel che riguarda invece i guadagni da assicurazione contro 
              il rischio incriminazione, non ci si illuda di incrementarli, ad 
              esempio, attraverso un inasprimento dellapproccio penale al 
              problema. La ragione di questo nostro convincimento è facilmente 
              spiegabile. 
              Un risultato oramai acclarato, nellanalisi economica come 
              nella disciplina giuridica, è la ridotta efficacia dellapproccio 
              penale nellindustria bancaria e finanziaria, stante la particolare 
              natura dei beni e dei servizi trattati, che si riverbera, tra laltro, 
              in crescenti difficoltà di ricostruzione ex post delle situazioni 
              verificatesi ex ante, quindi di attribuzioni di ruoli e responsabilità 
              effettive. Dunque, la disamina dellanalisi dei costi attesi 
              e dei benefici attesi che i compiti antiriciclaggio possono produrre 
              sul singolo intermediario sembra suggerire una chiara spiegazione 
              della ridotta efficacia della normativa. Occorre allora chiedersi 
              quale strategia adottare, allo scopo di ridurre i costi attesi della 
              normativa e/o aumentare i guadagni attesi della stessa. 
              A tale scopo, dati i costi materiali, a quantificazione difficile 
              ma non impossibile, è indispensabile conoscere meglio la 
              natura dei costi immateriali, il che significa per il futuro approfondire 
              sempre di più limpatto sul rapporto banca-cliente della 
              normativa antiriciclaggio. 
            3. Conclusioni 
            Obiettivo delle pagine precedenti era quello di offrire uno schema 
              di analisi utile a mettere in luce limportanza della ricerca 
              di un equilibrio, nel complesso delle relazioni banca-cliente-autorità, 
              tra tutela della riservatezza ed esigenze di trasparenza. 
              In conclusione: si deve innanzitutto ribadire come unanalisi 
              del riciclaggio e della relativa regolamentazione possa permettere 
              di capire come indirizzare correttamente la condotta degli intermediari, 
              allo scopo di coniugare lefficienza della loro condotta con 
              lefficacia nel perseguimento di obiettivi di pubblica utilità. 
              Inoltre, lo studio dellazione pubblica di deterrenza e di 
              contrasto non può fare a meno di un modello economico e aziendale 
              costi-benefici, che consenta di studiare e prevedere le conseguenze 
              di interventi, come quelli della regolamentazione antiriciclaggio, 
              che incidono sullattività economica degli intermediari 
              finanziari. 
              Il modello di analisi ha preso in esame il caso degli intermediari 
              onesti (o inconsapevoli), che i legislatori considerano ormai un 
              fulcro della regolamentazione antiriciclaggio. La banca onesta viene 
              interpretata come unorganizzazione economica orientata alla 
              massimizzazione del profitto, che dispone di un patrimonio informativo 
              specifico sui soggetti economici operanti su un dato territorio. 
              La razionalità della banca si riflette nella volontà 
              di rendere massima la differenza tra ricavi e costi, per cui la 
              regolamentazione antiriciclaggio, se vuole influenzare il comportamento 
              dellintermediario, deve partire dalla consapevolezza che occorre 
              incidere in modo equilibrato sulla struttura dei ricavi e dei costi, 
              considerato che la regolamentazione comunque accresce i costi. I 
              compiti antiriciclaggio, infatti, comportano per le banche lassunzione 
              di due tipi di costi; investimenti in capitale (fisico e umano) 
              e riduzioni della segretezza verso i clienti (asset strategico nellattività 
              di intermediazione). 
              Nellanalisi dellintermediario onesto due questioni giocano 
              un ruolo cruciale: distribuzione dellinformazione e incentivi. 
              La prima è cruciale, nel disegnare una regolamentazione efficace, 
              sotto tre diversi punti di vista: rilevanza del patrimonio informativo 
              dellintermediario, non verificabilità dellimpegno 
              (oneroso) dellintermediario nelleventuale azione antiriciclaggio, 
              non verificabilità dellincidenza dei fattori esogeni 
              sullefficacia della regolamentazione. 
              Lautorità pubblica sceglie di contrastare il riciclaggio 
              servendosi della banca, per via della specificità del suo 
              patrimonio informativo, e delegandole lazione di identificazione 
              e segnalazione antiriciclaggio (sotto lipotesi, che caratterizza 
              tutta la normativa antiriciclaggio, che il tentativo di ripulitura 
              da parte del criminale lasci una traccia, unanomalia, che 
              la banca può rilevare grazie al proprio patrimonio informativo). 
              Lazione viene svolta dallintermediario con un impegno, 
              oneroso, che il legislatore non può osservare direttamente, 
              ma da cui dipenderà, in gran parte, lefficienza dellantiriciclaggio. 
              Il secondo problema informativo, la non osservabilità dellimpegno 
              della banca nelladempimento della delega, obbliga a pensare 
              una regolamentazione antiriciclaggio che possa produrre non solo 
              costi, ma anche benefici alle banche. 
              Occorre cioè studiare una regolamentazione che condizioni 
              gli incentivi per la banca coinvolta nella funzione antiriciclaggio, 
              affinché la sua condotta sia il più possibile efficace 
              rispetto a tale funzione, senza ridurre lefficienza nello 
              svolgimento dei suoi compiti propri. 
              Nei futuri interventi legislativi dovrà certamente essere 
              confermata e rafforzata la logica di intervento, presente nel D. 
              Lgs. 153 del 1997, nel quale il legislatore ha ricercato la collaborazione 
              degli intermediari e delle autorità coinvolte, rifiutando 
              un approccio meramente sanzionatorio. Concordiamo pienamente con 
              chi afferma che non può ritenersi che il pieno rispetto della 
              normativa antiriciclaggio possa essere imposto al sistema dallesterno 
              con strumenti coercitivi; occorre invece raccogliere una convinta 
              adesione degli intermediari ai valori dellautonomia, integrità 
              e della legalità. 
              In futuro la disciplina antiriciclaggio non dovrà in alcun 
              modo essere considerata un elemento estraneo nel generale ordinamento 
              della finanza, essendo un settore della regolamentazione che partecipa 
              e concorre al perseguimento delle finalità di fondo della 
              trasparenza, correttezza e prudenza della gestione aziendale e della 
              stabilità, competitività e buon funzionamento del 
              sistema finanziario. 
              Il nuovo Decalogo della Banca dItalia va nella 
              giusta direzione. «Conosci i tuoi clienti, ma anche e soprattutto 
              i tuoi colleghi e i tuoi concorrenti, nazionali e internazionali»: 
              questo potrebbe essere lo slogan del nuovo Decalogo 
              della Banca dItalia, che fissa delle regole di buona condotta 
              per ridurre i rischi di inquinamento delle banche, assicurazioni 
              e finanziarie da parte del crimine, organizzato e non. Di fronte 
              ai nuovi rischi che lo sviluppo delle-banking, la crescita 
              dei centri off-shore, e, in misura minore, anche la transizione 
              allEuro possono produrre, la Vigilanza cerca di giocare 
              danticipo. 
              Era il 1993 quando per la prima volta la Banca dItalia formulava 
              delle indicazioni utili agli operatori per prevenire lutilizzo 
              delle proprie aziende per finalità di riciclaggio del denaro 
              sporco. Da allora sono cambiate caratteristiche fondamentali dei 
              mercati bancari e finanziari: le dimensioni assolute, il livello 
              di concorrenza, il grado di globalizzazione, la profondità 
              e la varietà dellinnovazione di prodotto e di processo, 
              tecnologica e non, larmonizzazione delle regole, ancorché 
              sempre incompleta. 
              Il rischio di riciclaggio dei capitali illeciti non si è 
              abbassato, anzi. Tutti i processi prima ricordati hanno senzaltro 
              effetti positivi sullefficiente allocazione delle risorse, 
              reali e finanziarie, lecitamente prodotte o distribuite. Ma di pari 
              passo aumentano anche le possibilità per chi accumula illecitamente 
              redditi e patrimoni di renderli inodori, insapori e incolori, 
              per essere poi in grado di compiere in tutta tranquillità 
              le proprie scelte di consumo e di investimento, moltiplicando, per 
              questa seconda strada, il proprio potere dacquisto, e di riflesso 
              il proprio peso economico, sociale e politico. 
              Il riciclaggio dei capitali è così un cancro letale 
              per il regolare funzionamento dei mercati, in quanto consente a 
              soggetti criminali di poter contare su dotazioni di risorse sempre 
              più cospicue, e con esse porsi in vantaggio non solo per 
              competere, ma anche e soprattutto per distorcere a proprio vantaggio 
              le regole del gioco: comportamenti sleali, abusi, collusioni e corruzioni 
              divengono una micidiale Idra per operatori e imprese leali. 
              Ma se oggi è condivisa la pericolosità macroeconomica 
              del riciclaggio, meno scontata è lautentica adesione, 
              a livello microeconomico, di ciascun operatore alla lotta contro 
              questo fenomeno, soprattutto quando la crescente competizione può, 
              da un lato, innalzare la propensione al rischio, dallaltro, 
              accorciare o addirittura deviare lorizzonte temporale dellanalisi 
              costi-benefici, con il risultato di render allettante ogni applicazione 
              del vecchio adagio pecunia non olet. 
              Di fronte al pericolo che queste tentazioni si materializzino, il 
              Decalogo declina in forme nuove un principio che traspariva 
              fin dalla sua prima edizione: unefficace azione macro contro 
              il riciclaggio si fonda sulla ricerca di microfondamenta aziendali 
              che sposino lefficienza con lintegrità. Al centro 
              dellattenzione del Decalogo vi è lazienda, 
              sia essa bancaria, finanziaria e assicurativa, con i suoi uomini, 
              la sua missione di creazione di valore, i suoi patrimoni visibili 
              e invisibili, quali linformazione, la reputazione, la riservatezza. 
              La convenienza ad evitare infiltrazioni o coinvolgimenti inconsapevoli 
              in operazioni che possono ledere i patrimoni aziendali deve emergere 
              nellanalisi costi-benefici di tutti gli organi di decisione 
              e di responsabilità: a partire dal CdA, passando dal Collegio 
              Sindacale e dai CEO, scendendo verso quadri e impiegati. Solo in 
              questo modo possono essere neutralizzati quei singoli comportamenti, 
              esterni o interni, come linfedeltà aziendale, che possono 
              finire per provocare danni, patrimoniali e non, allimpresa 
              nel suo complesso. 
              Se in prospettiva la dimensione e la complessità del meccanismo 
              di produzione e di distribuzione dellinformazione che sta 
              alla base di ogni attività bancaria e finanziaria non potranno 
              che crescere, anche per la diffusione delle applicazioni delle ICT, 
              diviene vitale per ogni azienda, se vuol minimizzare il rischio 
              riciclaggio, che ogni suo ganglio utilizzi al meglio tutte le informazioni, 
              non solo sui clienti, ma anche su tutti gli interlocutori, esterni 
              come interni, in un rapporto costruttivo con le autorità 
              di settore, che poi filtrino ciò che è rilevante verso 
              le autorità investigative e inquirenti, tutelando gli intermediari. 
              La ricerca di un equilibrio tra efficienza e integrità non 
              può che passare dal disegno di meccanismi che incentivino 
              i comportamenti virtuosi, aziendali e di mercato. E in un Paese 
              tradizionalmente avvezzo agli abusi di statalismo e di dirigismo, 
              da un lato, ma già pronto oggi ad essere palestra dei cosiddetti 
              abusi di mercato, è questa la vera sfida. 
            
              
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                   Riferimenti bibliografici 
                      
                   
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