|     Non si cerca un vaccino per curare un capitalismo
 deviante, ma una bussola per orientare la dialettica
 dei futuri rapporti economici e politici.
   |  | «Esiste una morale dei signori e una morale degli schiavi 
               mi affretto ad aggiungere che in tutte le civiltà 
              superiori e più ibride risultano evidenti anche tentativi 
              di mediazione tra queste due morali e, ancor più frequentemente, 
              la confusione delluna nellaltra, nonché un fraintendimento 
              reciproco, anzi talora il loro aspro confronto  persino nello 
              stesso uomo, dentro la stessa anima». (F. W. Nietzsche, Al 
              di là del bene e del male, IX, 260).E un pensiero ancora attuale ai tempi nostri. Tempi di neotribalismo, 
              fazioni, divisioni e conflitti animati da un ritorno del fondamentalismo 
              religioso che copre noti e meno noti interessi sottostanti. Tempi 
              di terrorismo e norme repressive che comportano gravi limitazioni 
              per le garanzie individuali (si pensi ai prigionieri di Guantanamo, 
              in attesa di processo).
 E il nuovo radicalismo che avanza nel segno della globalizzazione. 
              Ieri il crollo del Muro di Berlino. Oggi il crollo delle Torri Gemelle 
              di Manhattan e la sconfitta dellAfghanistan talebano. Simboli 
              diversi rapidamente inceneriti. Vecchi equilibri politici infranti 
              che hanno messo in evidenza un vuoto poco nobile di realpolitik. 
              Il pensiero unico post-comunista, la nuova cultura imperiale, lungi 
              dal produrre omologazione, produce tensioni e instabilità, 
              guerre note e guerre ignote che il profilo economico della globalizzazione 
              da solo non riesce ad assorbire (quello organizzativo è tutto 
              da disegnare ed è proprio questo vuoto a creare il clima 
              del transitorio che non evolve). Esistono Stati perennemente abituati 
              al proscenio e Stati perennemente esiliati nel sottoscala della 
              geopolitica, popoli ancora alla ricerca di un livello minimo di 
              dignità statuale.
 Non cè una logica in questa ripartizione ma solo lesito 
              di relazioni internazionali alimentate da culture e consuetudini 
              di direttorio. Così la normalità occidentale 
              spesso sconfina nella prevaricazione offrendo nuove ragioni alla 
              doppia morale di Nietzsche. Lanagrafe dei ricchi viene ancora 
              letta come fonte di peccato. Ma se non si potrà mai appaiare 
              il diavolo allacqua santa, si potrà almeno ridurre 
              larea delle reciproche tentazioni.
 La rappresentanza tra Stati è chiaramente qualcosa di diverso 
              dalla rappresentanza negli Stati, ma di fronte alla sclerosi progressiva 
              dellentità statale anche la rappresentanza internazionale 
              diventa più incisiva se ancorata direttamente alla base popolare. 
              Alla sovranità statale si affianca e si aggiunge il peso 
              più consistente della sovranità sociale, ampliando 
              la quota di democrazia diretta nellarea della democrazia rappresentativa. 
              E unantica e nuova questione di dosaggio. In fondo nel 
              concetto di sovranità è implicito il compromesso tra 
              luomo totalizzante e lo Stato totalizzante (il giusto equilibrio 
              si ottiene quando luno non prevale sullaltro). Parallelamente 
              anche il modello di rappresentanza è in continuo divenire, 
              in ragione delle diverse molecole di umanità che rappresenta, 
              soprattutto quando le condizioni del mutamento sono molto rapide, 
              sorrette da un cervello collettivo (Internet) che si affianca e 
              interagisce con il cervello individuale. Ciò determina traumatici 
              mutamenti nel rapporto pubblico-privato di cui gli apostoli della 
              politica non sembrano ancora compiutamente consapevoli.Acquista contorni sempre più definiti il concetto di individuo 
              sociale che mette in crisi le categorie tradizionali della 
              politica (sovranità e rappresentanza subordinate alle direttrici 
              che guidano la mercificazione del mondo) e apre prospettive alla 
              ricerca di una nuova identità popolare.
 E in crisi la visione illuminista di Talleyrand, fondatore 
              della moderna diplomazia francese e continentale.
 Le attuali istituzioni internazionali (Onu, Wto, Alleanza atlantica, 
              Fondo monetario, Banca mondiale, la costellazione delle istituzioni 
              europee e di quelle che governano i diversi mercati comuni) danno 
              ogni giorno segnali di palese debolezza. Non è più 
              tempo di arbitraggi e sottili distinguo gattopardeschi. Queste organizzazioni 
              vanno rafforzate allargando larea democratica del potere gestito 
              e dunque rendendo più collettiva la partecipazione al processo 
              decisionale. Attualmente si fa largo uso del diritto di veto e domina 
              il fascino  talvolta il dirigismo  degli Stati con maggiore 
              partecipazione finanziaria (si dovrebbe andare verso il principio 
              one State-one vote).
 Riconoscere una pluralità di livelli di governo e di espressioni 
              di rappresentanza non implica la disgregazione dei governi centrali, 
              lazzeramento dei loro poteri. Vengono ceduti al livello transnazionale 
              solo quei compiti e quelle funzioni che per la loro caratura internazionale 
              mal si conciliano con gli strumenti di gestione in uso a livello 
              locale e nazionale. Per i politici è un terreno sdrucciolevole 
              dove è facile passare dal ruolo di outsider a quello di cicala 
              imprevidente. Tuttavia il silenzio non paga. Occorre rimodulare 
              in tempi brevi le regole che governano le relazioni internazionali 
              muovendosi lungo la sottile linea di confine che separa il compromesso 
              dalla tutela. La globalizzazione porta allinterdipendenza 
              e dunque a decisioni collettive negli ambiti che hanno una ricaduta 
              sulle singole collettività.E funzionale a questo disegno la necessità di riorganizzare 
              la rete di ambasciate potenziando le ragioni di attrazione e orientamento 
              verso un nuovo modello di sviluppo. In Italia il Presidente Berlusconi 
              parla di rieducazione economica della tecnocrazia diplomatica, inquadrandola 
              tuttavia in una visione mercantile tradizionale, senza proporre 
              alcuna traccia per nuovi cocktails da utilizzare nei percorsi dello 
              sviluppo (lItalia è al settimo posto mondiale per lesportazione 
              di manufatti ma occupa il tredicesimo posto per investimenti allestero 
              e il ventesimo come Paese destinatario di investimenti esteri).
 La parola sviluppo continua a conservare il fascino 
              dellineluttabilità, al punto che per il suo contrario 
              si usa unaltra parola magica: sottosviluppo. Sono 
              due terminali di un processo che prevede ununica opzione possibile: 
              una crescita positiva costante. Con effetti paradossali di freno 
              e condizionamento nelle relazioni internazionali prodotti dallassenza 
              di dinamiche politiche e dallandamento ondivago del mercato 
              (lefficienza non è data da migliore tecnologia e migliori 
              leggi).
 Già Aurelio Peccei e il Club di Roma avevano messo in luce 
              negli anni Sessanta i limiti di uno sviluppo basato sulla crescita 
              senza freni, tesi oggi ripresa da più voci sulle due sponde 
              dellAtlantico (citiamo per lEuropa il tedesco Wolfang 
              Sachs, esponente prestigioso dellIstituto Wuppertal e lo storico 
              francese Serge Latouche).
 Non è casuale che ora si parli più spesso di sviluppo 
              sostenibile, di una ricerca complessa tra diverse opzioni 
              compatibili che rende necessaria la mediazione politica. Alcune 
              aree di emergenza hanno caratura palesemente globale.
 Lemergenza sociale è palpabile nella violenza che si 
              va accumulando in un modello organizzativo in cui gli have not, 
              gli emarginati, prima vengono affascinati da una possibile partecipazione 
              al banchetto dei ricchi, poi vengono esclusi dal gap tecnologico 
              che frena i loro processi di crescita. Prende forma il delirio delle 
              illusioni perdute, un dramma umano che Jorge Luis Borges definisce 
              «la expresión de la irrealidad». In Africa il 
              griot, colui che tramanda oralmente la storia e le tradizioni, sembra 
              aver perduto lingua e voce. Così accade che chi non ha la 
              vocazione del santo minore subisce il fascino dei proclami rivoluzionari.
 Lemergenza ambientale, ampiamente collegata alluso delle 
              fonti energetiche, è oggetto di continuo allarme sociale. 
              Lindustria non può trincerarsi dietro la logica dei 
              bilanci, considerando marginali i costi dellinquinamento che 
              vengono scaricati per la maggior parte sui bilanci pubblici (ovviamente 
              si rendono necessari incentivi fiscali e creditizi per attivare 
              consorzi industriali dediti alla sperimentazione). Una recente indagine 
              dellUnione europea ha valutato che ogni litro di benzina bruciato 
              nelle città provoca 0,72 euro (1400 lire) di spesa sanitaria. 
              Comunque, un panorama dettagliato sul deficit ecologico dei vari 
              Paesi è rilevabile dal Living Planet Report 2000 
              elaborato dallOnu e dal WWF Internazionale.
 Lemergenza sanitaria, procurata in parte dai danni ambientali, 
              è drammaticamente palpabile con altre motivazioni nelle aree 
              del sottosviluppo, dove vive circa l80% della popolazione 
              mondiale. Ogni giorno una persona su quattro muore di Aids, malaria, 
              tubercolosi, diarrea.
 Lemergenza finanziaria, fattore di notevole turbolenza per 
              le Borse e i mercati, crea spesso drammatici casi dinsolvenza 
              (Sud-Est asiatico, America Latina). I Paesi in crisi fanno ricorso 
              a prestiti internazionali e ad azioni di salvataggio del Fondo monetario 
              internazionale (Fmi). Ma così facendo si affidano a soffocanti 
              consuetudini assistenziali, non attivano solidi mercati finanziari 
              interni e si allontanano dalla formula Trade not Aid, commercio 
              non aiuti. Sono poi costretti a subire procedure di stabilizzazione 
              che non agevolano la crescita, essendo ispirate da ricette fiscali 
              restrittive che si preoccupano di raffreddare linflazione, 
              senza pensare alla disoccupazione e ai rischi sociali connessi. 
              Queste crisi ricorrenti mettono in evidenza la necessità 
              di una riforma del sistema finanziario globale, dando priorità 
              ad una riforma incisiva del Fondo monetario internazionale (Fmi) 
              e della Banca mondiale (vanno definite le rispettive responsabilità; 
              la loro funzione originaria era quella di proteggere la stabilità 
              delleconomia mondiale concedendo prestiti a breve termine 
              ai governi membri in stato di emergenza. Adesso hanno assunto prevalenti 
              compiti di salvataggio e si nota uneccessiva dipendenza dei 
              Paesi in via di sviluppo da queste istituzioni).
 E difficile tuttavia invocare soluzioni forti con un lessico 
              debole. Nello stagno delle relazioni internazionali old fashion 
              sono state lanciate di recente preziose pietruzze con lintento 
              di modificare lo schema consolidato delle alleanze. Ci riferiamo 
              alliniziativa del Presidente Bush di rompere, in occasione 
              della guerra al terrorismo, gli schemi di contrapposizione frontale 
              (Occidente contro Oriente, cristiani contro islamici) preferendo 
              alleanze asimmetriche, con linclusione di alcuni Paesi-reclute 
              nella nuova mappa geopolitica che si cerca di accreditare (Pakistan, 
              Cina e altre nazioni). Iniziative altrettanto asimmetriche, di notevole 
              spessore politico, sono riscontrabili nellinvito di Giovanni 
              Paolo II ai cattolici di digiunare insieme agli islamici nellultimo 
              giorno del Ramadan e nella giornata di preghiera per la pace 
              che questanno ha coinvolto dodici confessioni religiose (la 
              prima giornata di Assisi è del 1986).
 Si fa strada nei Palazzi che contano lidea di un mondo multipolare 
              in cui il dialogo sulle complessità va condotto su una molteplicità 
              di livelli (diplomatico, politico, economico, religioso, culturale). 
              Si riscopre lattualità dei comportamenti asimmetrici 
              che in passato aveva prodotto la cultura mediterranea di Mattei, 
              Moro, Andreotti, Craxi. Comportamenti che erano stati contrastati 
              o guardati con sospetto, anche se erano riusciti a recuperare al 
              dialogo politico larga parte del mondo arabo (la cultura mediterranea 
              ignora le frontiere).
 La ricerca di audience globale ha rotto gli schemi e le simmetrie 
              in cui finora erano state imbrigliate le relazioni internazionali. 
              Faticosamente prende forma un dialogo meno formale, più sensibile 
              alle diverse realtà sociali, orientato verso lattuazione 
              di obiettivi comuni. Si riduce larea degli scontri tra visioni 
              contrapposte (destra e sinistra, capitalismo e statalismo, blocchi 
              filo-occidentali e blocchi filo-orientali). Il massimalismo ideologico 
              cede il passo alla ricerca di logiche utilitaristiche che modificano 
              il quadro internazionale dei valori e delle gerarchie. Nel nuovo 
              dialogo sulle complessità resta sempre in primo piano la 
              violazione dei diritti umani. Cè il rischio che su 
              questo e altri argomenti prioritari per la qualità della 
              vita (si pensi alla tutela dellambiente), nellera della 
              comunicazione globale, si parli molto senza dirsi nulla. Ma, abbattendo 
              gradatamente gli steccati, saremo tutti chiamati a tradurre in comportamenti 
              concreti la massima di Martin Lutero secondo cui «i pensieri 
              non pagano dazio». E implicita lesigenza di dover sdoganare le differenze 
              nel dibattito politico, salvaguardando le identità culturali. 
              Il dialogo in questo modo valorizza anche nuove professionalità. 
              Informatici, matematici, statistici, esperti della teoria del caos 
              vengono utilizzati ampiamente per definire percorsi simulati, con 
              relativi aggiornamenti. Il prestigio di una nazione si collega sempre 
              più alla sua capacità di prendere decisioni sofisticate 
              in tempo reale e la sua potenza, più che in coraggio e forza 
              militare, si misura in Mtops, unità di misura della velocità 
              del computer. Il post-colonialismo ha generato molti Stati evanescenti 
              ma le emergenze attuali rafforzano la loro caratura istituzionale 
              per cui, una volta sparigliate le vecchie alleanze, occorre trovare 
              occasioni di dialogo che li tolgano dallisolamento e livelli 
              di organizzazione politica in cui possano esprimersi. Per molte 
              popolazioni resta ancora difficile uscire dalla poesia senza entrare 
              nei racconti medioevali.
 Tuttavia non bisogna sciupare i timidi segnali che fanno pensare 
              ad un nuovo clima politicamente possibile, allavvio 
              di nuove relazioni internazionali capaci di rottamare il vecchio 
              paradigma della crescita. Anche leuro, dopo un lungo parcheggio, 
              da moneta esperanto ha assunto visibilità di 
              moneta reale. Non si cerca un vaccino per curare un capitalismo 
              deviante, ma una bussola per orientare la dialettica dei futuri 
              rapporti economici e politici.
 Resta comunque attuale una domanda ricorrente tra sociologi ed economisti. 
              Lindividualismo etico riuscirà a prevalere sullindividualismo 
              mafioso?
 
              
                | Nota bibliografica Per saperne di più si possono consultare alcuni recenti 
                    contributi: Il capitale, Edizioni Il Sole 24 Ore, Saggi 
                    di Robert Solow, Gary Becker, Elio Catania, Marco Onado, Carlo 
                    Triglia.
  Guido Montani, Il governo della globalizzazione  
                    Economia e politica dellintegrazione sovranazionale, 
                    Lacaita Editore, Roma, 2001.
  Filippo Andreatta, Mercanti e Guerrieri. Interdipendenza 
                    economica e politica internazionale, il Mulino, Bologna, 2002.
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