LItalia
preoccupa per altri aspetti, tra i quali il gigantesco debito pubblico
e una finanza
pubblica
pigramente
orientata alla
crescita.
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Per lUnione europea è iniziata una fase densa di problemi.
Daltra parte, la Ue è una costruzione continua, e ciò
è condizione di forza e testimonia capacità di adattamento
a patto che siano solide le pietre angolari. Tre, in modo particolare,
vanno tenute in considerazione per consolidare leuro-razionalità
e per evitare gli estremi delleuro-entusiasmo e delleuro-scetticismo.
Una prima pietra portante (del tutto nuova, eppure non del tutto
priva di storia) è il Trattato che stabilisce una Costituzione
per lEuropa, approvato nel giugno 2004 dalla Conferenza intergovernativa
dei Capi di Stato e di Governo della Ue a Venticinque. Sono da qualche
tempo partite le ratifiche dei singoli Stati membri. Tutto dovrebbe
concludersi bene, superate alcune difficoltà dovute a correnti
di pensiero critico, comè sempre accaduto per i Trattati
europei.

E pur vero che leurocostituzione, con le sue dimensioni
gigantesche di circa 450 articoli, cui vanno aggiunti i Protocolli,
gli Allegati e le Dichiarazioni, può suscitare perplessità
malgrado i suoi notevoli punti qualificanti. Bene hanno fatto perciò
i servizi della Commissione europea a mettere sul sito futurum
della Ue varie sintesi delleurocostituzione fino a un minimo
di poche pagine. Soluzioni, pur senza alcun valore legale, molto
utili, anche se un po radicali. Per questa ragione può
essere suggerita una riflessione: la Convenzione europea che ha
predisposto la bozza di eurocostituzione venga rinnovata in forma
ridotta per ri-compattare la stessa. Così tra sette anni
circa, tempo medio che intercorre tra un Trattato europeo e laltro,
si potrebbe addivenire ad una nuova versione delleurocostituzione
che includa soltanto le parti essenziali.
I cittadini dellUnione europea devono infatti poter capire
a fondo leurocostituzione, altrimenti cè il rischio
che essa diventi appannaggio dei giuristi-linguisti
del Consiglio che attualmente lavorano sul testo nelle ventuno lingue
in cui la stessa farà fede. Agli italiani suggeriamo perciò
di meditare a lungo sulle (abbastanza contenute) Parti I e II delleurocostituzione,
leggendole alla luce del Progetto politico europeo che
riprende alcuni interventi del Presidente Carlo Azeglio Ciampi.
Una seconda pietra angolare (nuova, ma di complesso avvenire) è
lallargamento che ha portato lUnione da quindici a venticinque
Paesi. Agli infiniti commenti su questo passaggio aggiungiamone
due. Il primo prende spunto dalla nuova Commissione europea presieduta
da José Manuel Barroso, che dal 1° novembre scorso resterà
in carica per cinque anni, e dalla sua composizione di 25 Commissari,
tra cui il Presidente e ben cinque vicepresidenti. Non ci rallegriamo,
diversamente da altri, per il fatto che alla Francia sia andato
il portafoglio minore dei trasporti, privato adesso
del cruciale dicastero dellenergia, che è stato scorporato
e affidato a un Commissario ungherese. Lidea che la Commissione
diventi forte se a personalità di Paesi deboli
si attribuiscono dicasteri importanti ci sembra davvero assai poco
convincente.
Nella Commissione Barroso ci sono di queste peculiarità e
preoccupano. Non va dimenticato, infatti, che il Presidente della
Commissione è stato dal gennaio 1985 al dicembre 1994 un
francese doc, come Jacques Delors, con il quale la Cee
superò grandi difficoltà puntando al mercato e alla
moneta unica. Unesperienza, questa, che va tenuta presente
come lezione di comportamento sul modo di governare la Ue in questi
primi anni del XXI secolo.

Il secondo commento riguarda le cooperazioni rafforzate previste
dai Trattati e sostanzialmente confermate dalleurocostituzione
se «gli obiettivi ricercati da detta cooperazione non possono
essere conseguiti entro un termine ragionevole dallUnione
nel suo insieme, e a condizione che vi partecipi almeno un terzo
degli Stati membri». Francia e Germania rimangono cruciali
per la Ue anche come nucleo di cooperazioni rafforzate, per esempio
nellenergia, nella ricerca scientifico-tecnologica, nella
difesa.
LItalia, che con i due citati Paesi fa circa il 54 per cento
del Pil della Ue e che insieme con loro è stata la co-fondatrice
della Ceca nel 1951 e della Cee nel 1957, dovrebbe essere co-attore
di possibili cooperazioni rafforzate. Al proposito anche il Presidente
della Repubblica ha affermato nellottobre 2003 che «limpegno
di un gruppo di Paesi davanguardia non preclude, ma anticipa
come è sempre stato nella storia dellUe
la partecipazione degli altri Paesi membri allavanzamento
dellintegrazione».
Una terza pietra angolare (recente, ma piuttosto invecchiata) è
il Patto di stabilità e crescita. Con la sentenza del 13
luglio 2004 la Corte di giustizia ha affermato che «la domanda
della Commissione di annullare la mancata adozione da parte del
Consiglio delle decisioni di intimazione nei confronti della Germania
e della Francia è irricevibile. Le conclusioni con cui il
Consiglio ha sospeso le procedure per i disavanzi eccessivi e modificato
le raccomandazioni da esso precedentemente rivolte a ciascuno di
tali Stati membri per la correzione del disavanzo eccessivo sono
annullate».
Non entriamo nel merito analitico della sentenza, della quale quasi
tutti si sono sorprendentemente dichiarati soddisfatti, ma rileviamo
che la stessa ha implicitamente evidenziato la necessità
di riformare le procedure per evitare sia automatismi sia vuoti
giuridici. Ma è anche la sostanza del Patto che va rivista.
Dopo la sentenza il Presidente della Commissione europea ha affermato
che avrebbe reso note alcune linee di riflessione sul Patto per
migliorare la governance economica. Ora ci aspettiamo che una proposta
incisiva di modifica del Patto (si pensi alle spese per investimenti
in infrastrutture e nei settori della ricerca scientifica e della
ricerca tecnologica) venga dalla Commissione Barroso, a fronte di
unUnione europea che cresce poco e che senza una ripresa robusta
della Francia e della Germania, le cui finanze pubbliche sono sane,
come rivela il loro basso debito sul Prodotto interno lordo, continuerà
ad essere in difficoltà.
Quanto allItalia, conta per la sua economia e per la sua storia
europeista, ma preoccupa per altri aspetti, tra i quali il gigantesco
debito pubblico e una finanza pubblica pigramente orientata alla
crescita.
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