La riduzione
del debito può
essere la sferzata per uscire dalla
situazione di crisi
e di stagnazione
in cui leconomia italiana è da tempo
ingessata.
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Negli ultimi anni le autorità pubbliche di molti Paesi hanno
cercato di ridurre il disavanzo (cioè lindebitamento)
e il debito della Pubblica Amministrazione conteggiati dalle autorità
di Bruxelles con diverse operazioni innovative. Anche
le autorità italiane sono ricorse a operazioni straordinarie
che hanno apportato correzioni allandamento dei conti pubblici,
alcune dirette a ridurre il disavanzo-indebitamento (e quindi indirettamente
il debito), altre a ridurre il debito. La maggior parte di queste
operazioni è stata approvata dalle autorità europee.
Tuttavia le operazioni straordinarie non producono effetti duraturi,
di tipo strutturale, e quindi lasciano aperto e irrisolto per il
futuro il problema della copertura delle poste inevitabilmente venute
meno. Grazie alle operazioni straordinarie per ridurre lindebitamento
e il debito portate a termine nel periodo 1997-2005, il debito pubblico
è stato ridotto di ben 168 miliardi (pari all1,5% del
Pil in media annua). Nei nove anni considerati la riduzione del
debito complessivamente realizzata è stata pari al 12,2%
del Pil nel 2005.
Il ricorso alla finanza creativa.
Ecco come si è giunti allammontare complessivo di riduzione
del debito realizzato nel periodo 1997-2005. Nel primo periodo (1997-2000),
le misure straordinarie per ridurre il disavanzo (lindebitamento)
hanno raggiunto 33,8 miliardi di euro, nel secondo (2001-2005) ben
51,7 miliardi. In entrambi i periodi, queste operazioni hanno raggiunto
in media annua la stessa percentuale (0,8% del Pil). Oltre alle
misure dirette a ridurre il debito, altre operazioni straordinarie
hanno ridotto direttamente il debito e quindi consentito la discesa
graduale del rapporto debito-Pil richiesta dai vincoli europei.
Nei due periodi considerati esse sono ammontate, rispettivamente,
a 46,2 e a 79,3 miliardi (pari in media annua, rispettivamente,
all1,1 e all1,2% del Pil). Viceversa, nei due periodi
considerati il debito è stato accresciuto da alcune regolazioni
di debiti pregressi, in primo luogo dalle Ausl, verso i fornitori,
per 18,3 e 23,7 miliardi, pari in media annua allo 0,4% del Pil
in entrambi i periodi.
Alcune operazioni straordinarie non sono state approvate dallEurostat.
Pertanto, il valore dellindebitamento ha subìto revisioni
in rialzo da parte dellIstat. Le poste riprese hanno interessato
operazioni nei due periodi per 6,3 e 14,7 miliardi, pari rispettivamente
in media annua allo 0,1 e allo 0,2% del Pil.
Rapporto debito-Pil.
A seguito dei maggiori fabbisogni e delle decisioni delle autorità
europee di includere alcune operazioni straordinarie nel debito,
nel quadriennio 2001-2004 il rapporto tra il debito e il Pil si
è ridotto solo di 4,7 punti percentuali, raggiungendo
nel 2004 il 106,6% del Pil, salendo poi al 108,5% nel 2005, per
la prima volta dopo un decennio di riduzioni.
Nel periodo 2001-2005 lammontare della riduzione del rapporto
è andata riducendosi, sino ad arrestarsi nel 2005, indice
questo delle crescenti difficoltà di controllo degli andamenti
dei conti pubblici. Lavanzo primario, indicatore della capacità
di ridurre il debito, è diminuito dal valore massimo del
6,7% del Pil nel 1997 sino quasi ad annullarsi nel 2005. Il peggioramento
è avvenuto nonostante un volume rilevante di operazioni straordinarie
per ridurlo.
Anche grazie alle operazioni straordinarie che hanno ridotto il
debito si è risparmiata una spesa per interessi nel solo
2005, pari a oltre 9 miliardi (0,7% del Pil). Senza le operazioni
straordinarie, nello stesso periodo il rapporto debito-Pil, invece
di diminuire (dal 120 al 108% del Pil), sarebbe aumentato di oltre
il 120%.

Le tendenze dei conti.
Le previsioni ufficiali per il biennio 2005-2006 danno un indebitamento
in riduzione (3,8% del Pil) nel 2006. Secondo lOcse, lindebitamento
dovrebbe salire al 4,2% nel 2006 e al 4,8% nel 2007. Secondo il
Cer, nel biennio 2006-2007 lindebitamento è stimato
che si collochi intorno al 4,7% del Pil, di poco superiore a quello
del 2005. Il rapporto tendenziale debito-Pil è visto in progressivo
aumento (dal 106,5% del Pil nel 2005 al 110% nel 2007, al 111% nel
2008).
Patrimonio pubblico.
Sino al 2005 proposte di dismissione dellintero patrimonio
disponibile della Pubblica amministrazione non sono state avanzate,
in primo luogo perché mancava una sua valutazione. Nel 2005
una ricognizione effettuata dal ministero dellEconomia ha
valutato lordine di grandezza del patrimonio della P.A. a
valore di mercato in circa 732 miliardi, pari al 53% del Pil. La
parte maggiore del patrimonio pubblico è rappresentata da
immobili (72 e 349 miliardi, rispettivamente, dello Stato e degli
Enti locali); seguono le partecipazioni in imprese quotate e non
quotate (63 miliardi per lo Stato e 17 per le Regioni e gli Enti
locali), le concessioni (68 miliardi per lo Stato e 60 per le Regioni
e gli Enti locali) e i crediti (31 miliardi per lo Stato e 74 per
le Regioni e gli Enti locali).
Di questo patrimonio, una parte (246-709 miliardi) sarebbe realizzabile
mediante adeguate cessioni, dismissioni e alienazioni, i cui proventi
potrebbero servire ad abbattere il debito pubblico. Con la cessione
della parte di patrimonio realizzabile si potrebbe pertanto abbattere
il 16-47% del debito complessivo della P.A. Il risparmio di spesa
pubblica conseguente sarebbe pari alla differenza tra la somma risparmiata,
per gli interessi e gli oneri di gestione e il rendimento attuale
delle attività cedute che sarebbe perduto, e il costo dellaffitto
degli immobili che rimangono in uso alla P.A., una differenza che,
per giustificare loperazione, dovrebbe risultare positiva.
Come abbattere il debito?
Lelevato livello del debito pubblico è considerato
il maggior problema della finanza pubblica italiana. Un riequilibrio
è considerato necessario, non solo per riprendere landamento
decrescente del rapporto debito-Pil, ma anche e soprattutto per
alleviare, mediante labbattimento del debito, la forte penalizzazione
delleconomia italiana discendente dallonere del servizio
del debito.
Si è calcolato che dal 1992 al 2004 per pagare interessi
sulla quota eccedente il 60% del Pil siano stati spesi, al netto
dei ricavi dalle privatizzazioni per 160 miliardi, ben 800 miliardi
a valori attuali, pari a oltre la metà dello stock di debito.
Nonostante questo sforzo gigantesco, la politica di riduzione del
debito è praticamente fallita, perché nel periodo
il rapporto debito-Pil è aumentato dal 100,8% a fine 1991
al 108,5% a fine 2005 (con una punta del 124,8% a fine 1994).
Senza interventi drastici sul debito, un nuovo ingente flusso di
risorse continuerà a pesare anche nel futuro sulleconomia
italiana, gravando ulteriormente sulle risorse disponibili. Sulle
dimensioni, sui modi e sui tempi di questa grande operazione di
dismissione è iniziato un dibattito che è ancora in
corso. Lammontare ricavabile dalla cessione del patrimonio
disponibile della P.A. deve essere adeguatamente valutato.

La proposta Guarino.
Secondo una proposta avanzata da Giuseppe Guarino, loperazione
di dismissione dovrebbe interessare almeno 450 miliardi, necessari
per fare scendere il rapporto debito-Pil al 75%, considerato un
valore congruo per modificare le aspettative e riavviare il processo
di sviluppo. La proposta ha il merito di rappresentare la prima
suggestione sul tema. Ma essa non appare la strada migliore per
dimettere il patrimonio pubblico. La superholding è una proposta
complessa, che creerebbe un modello di dimensioni difficilmente
gestibili (tipo nuova Iri) e cristallizzerebbe il processo di dismissione
riducendo gli incentivi a cedere le diverse attività.
Di per sé, la superholding non risolve il problema, che spetta
al governo e alla politica di sciogliere, di avere il coraggio di
vendere e privatizzare con regole che tutelino i cittadini e, nello
stesso tempo, valorizzino il valore delle singole attività.
Rimane quindi aperto il problema di definire i modi più opportuni
per finanziarizzare il patrimonio pubblico, utilizzando
i proventi per abbattere il debito. Un nuovo ciclo di privatizzazioni
attraverso la costituzione di veicoli, distinti per classe di attività,
rispondenti adeguatamente a logiche industriali e di creazione di
valore, appare essere la strada più opportuna.
Date le tendenze dei conti pubblici nei prossimi anni, labbattimento
del debito con unimpostazione complessiva, discontinua rispetto
a quella per singoli provvedimenti seguita nel periodo 1997-2005,
appare essere la strada preferibile per rimuovere lanomalia
italiana del differenziale di debito pubblico rispetto agli altri
grandi Paesi europei, e, nello stesso tempo, per rispettare i parametri
di finanza pubblica europei. Essa renderebbe meno costoso laggiustamento
delle politiche di bilancio ai parametri europei, sia attraverso
il minor costo per il servizio del debito, sia mediante gli effetti
positivi indirettamente prodotti sul valore dellavanzo primario
necessario per ridurre il rapporto debito-Pil.
Il ruolo degli Enti locali.
La reiterazione nei prossimi anni di provvedimenti straordinari,
quali quelli utilizzati per abbattere il debito nel periodo 1997-2005
appare, per la maggior parte dei provvedimenti già adottati,
impercorribile tecnicamente (eurotassa, licenze Umts, concambio
dei titoli del Tesoro presso la Banca dItalia) o politicamente
(scudo fiscale, condoni fiscali ed edilizi). Le Regioni e gli Enti
locali dovrebbero propriamente essere coinvolti e investiti del
problema del debito pubblico: incidentalmente è interessante
osservare che il 70% del patrimonio disponibile è posseduto
da Regioni ed Enti locali, a fronte solo del 5,3% del debito pubblico.
Anche se la riduzione del debito non risolverebbe di per sé
i problemi delle mancate riforme dei conti pubblici, essa creerebbe
un quadro favorevole perché le riforme possano essere realizzate.
Ma, risultato ancora più importante, loperazione può
essere la sferzata per fare ripartire le aspettative
di crescita economica e uscire dalla situazione di crisi e di stagnazione
in cui leconomia italiana è ingessata.
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