Gli italiani, nella nascente Europa, hanno interesse
e volontà di entrare come Italia, non come la ventina
e più di tribù
dislocate
a sud delle Alpi.
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Nella seduta dell11 marzo 1861 il presidente del Consiglio
dei Ministri del Regno di Sardegna, Camillo Benso conte di Cavour,
presentò allapprovazione della Camera dei Deputati
un disegno di legge già approvato dal Senato. Si trattava
di una legge dallunico articolo, così formulato: Il
Re Vittorio Emanuele II assume per sé e per i suoi successori
il titolo di Re dItalia.
Grandi applausi si levarono dallaula del Parlamento subalpino,
che ancora oggi non si può visitare nel palazzo Carignano
a Torino senza unintima emozione. Il 14 marzo in una sola
seduta la Camera, come aveva già fatto il Senato il 26 febbraio,
discusse la legge. Alcuni deputati (Brofferio, Ricciardi, Bixio)
osservarono come già aveva fatto qualche senatore
che sarebbe stata preferibile una legge di iniziativa parlamentare
e non governativa, cioè, secondo il diritto pubblico di allora,
della Corona. Si sarebbe anche preferita la formula Re degli
italiani a quella di Re dItalia.
Bixio sollevò la questione del mantenimento dellordine
di successione del Regno di Sardegna (V. E. II) per il sovrano di
un nuovo Stato. Nessuno insistette, però, nelle sue osservazioni,
per cui subito si passò alle votazioni. Dei 443 deputati
ne erano presenti 294. Vi furono 292 voti di approvazione, ma i
due deputati che apparivano non aver votato a favore precisarono
subito che avevano sbagliato a votare. Il 17 marzo la legge venne
pubblicata e divenne latto istitutivo di uno Stato che, per
la prima volta nella storia, riuniva quasi ventuno milioni di italiani.
Mancavano ancora allunità varie regioni, ma già
era, però, lItalia ed era stata proclamata tale da
un Parlamento che, eletto il 27 gennaio 1861, anchesso nella
prima volta nella storia costituiva la libera rappresentanza
secondo la legge elettorale di allora di tutti gli italiani
del Regno, dalle Alpi alla Sicilia e alla Sardegna. E come Italia
e come grandissimo evento della storia europea, e quasi un miracolo
della storia, fu salutata dallopinione pubblica internazionale.

Negli anni che seguirono i suoi problemi furono affrontati e variamente
risolti. Molte cose non sono andate come ci si aspettava o si sperava
e ai molti problemi di allora rimasti insoluti se ne sono aggiunti
altri: ma non è così di tutte le cose umane? Naturalmente
se, malgrado tutto, lunità italiana ha riscosso tante
critiche e negazioni, qualche ragione vi deve essere. Ma, quale
che sia questa ragione, il bilancio dellItalia unita è
stato davvero negativo? Nessuno davvero può crederlo. Sarebbe
fastidioso e fuorviante contestare le negazioni, che pure hanno,
come si è detto, la loro ragion dessere.
Una constatazione però si impone per tutti. In poco più
di un secolo il Paese, che allinizio si temeva potesse sfasciarsi
da un momento allaltro, non solo è rimasto unito, ma
è diventato la sesta potenza industriale del mondo e si è
talmente modernizzato ed è talmente progredito, che anche
le parti che noi ne consideriamo meno sviluppate (come il Mezzogiorno)
appaiono in ben altra condizione se paragonate ad altri Paesi del
Mediterraneo e dellEuropa orientale e balcanica.
Bisogna risalire nel tempo alla grande fioritura dellepoca
comunale per trovare nella storia italiana un tale ritmo e grado
di sviluppo. Non vogliamo affatto dire con ciò che anche
la nostra Italia raggiungerà i fastigi rinascimentali dellaltra.
Vogliamo solo dare il senso della dimensione e della qualità
di ciò che lItalia unita sia stato solo un prodigio
economico. In realtà, con essa, unantica nazione ha
ritrovato la strada della grande storia, che aveva perduto da tre
secoli, ed è diventata ununità civile molto
di più di quanto i suoi critici pensino.
Il 4 novembre è una data idonea a ricordarlo, perché
quella guerra, con le ore oscurissime di Caporetto e con un alto
prezzo di sangue, fu la prova migliore dellavvenuta formazione
in Italia di una grande realtà civile unitaria. Solo così
si spiega che si siano superati i tanti, formidabili problemi di
quella guerra. Perciò la data del 4 novembre merita la popolarità
di cui ha sempre goduto in Italia.
Ma a nostro avviso anche superiore e più difficile è
stato il collaudo che lunità ha avuto nella seconda
guerra mondiale, quando davvero il Paese fu portato dal regime fascista
a uno dei massimi disastri della sua storia e ne ha pagato e ne
paga tuttora le conseguenze; e difficilissimo è stato il
collaudo di un cinquantennio di Repubblica, con la guerra
fredda che divise in due il Paese, la contestazione,
il terrorismo, lo sconquasso della cosiddetta prima Repubblica
e delle sue forze politiche (nessuna esclusa) tra gli anni 80
e 90, con lesplosione violenta del separatismo della
Lega del Nord, con la cresciuta patologia della malavita organizzata,
e via dicendo, anzi piangendo.
Eppure, lItalia è lì, quale è cresciuta
in quasi un secolo e mezzo di unità e soprattutto proprio
in questi ultimi cinquantanni, e di una sua divisione neppure
più si parla, e nel complesso della sua vita civile, fra
tantissime e gravissime deficienze, si sente e non ci vuole
neppure un orecchio molto sensibile che è viva e vitale,
e che gli italiani, nellEuropa nascente, hanno interesse e
volontà di entrare come Italia, non come la ventina e più
di tribù dislocate a sud delle Alpi.
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