I capitali
torneranno
a correre verso gli Stati Uniti, non appena i mercati avranno fiutato
che lAmerica
sta invertendo
la rotta: ma
quando sarà
questo momento?
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Gli industriali italiani (e, insieme con loro, quelli europei)
protestano vivacemente con la Banca centrale europea perché
leuro è troppo forte. Alcuni governi li seguono anche
acriticamente, e ingaggiano una sorta di braccio di ferro con la
stessa Banca europea, facendo pressioni perché sia un po
più permissiva. Il che significa: perché faccia scendere
la moneta europea rispetto a quella americana. Ebbene, possiamo
sbagliarci, ma siamo convinti che tutti, industriali e governi,
dovranno aspettare abbastanza a lungo. Anzi, non è del tutto
escluso che leuro vada ancora più su. Ci sono specialisti
del settore i quali sono disposti a giurare che, avendo la divisa
europea rotto la magica soglia di 1,40 rispetto alla
valuta americana, è ormai proiettata inesorabilmente verso
quote ancora più elevate. Per esempio, prima o poi, anche
verso quota 1,43. Dove poi, se la cosa può essere in qualche
modo consolante, dovrebbe fermarsi. Ma non è proprio detto.
Gli industriali italiani ed europei dovranno convivere per molti
mesi con un dollaro debole, e di conseguenza è meglio che
ci facciano subito labitudine, invece di sognare una guerra
a colpi di svalutazioni competitive fra gli Stati Uniti e lEuropa
comunitaria. Cose del genere si verificavano ai tempi della lira
(e abbiamo anche esagerato). Ma quella stagione si deve ritenere
ormai definitivamente tramontata.

I motivi che inducono a ritenere che non ci sarà una guerra
di svalutazioni competitive fra le due sponde dellAtlantico
sono numerosi. Fra i più importanti cè il fatto
che gli Stati Uniti, ad esempio, si trovano ad essere il centro
della crisi dei prestiti subprime. Hanno fatto davvero molto male
a lasciarla crescere, ma a questo punto possono soltanto cercare
di gestirla senza danni, o con i minori danni possibili. E la strada
più semplice per raggiungere questo obiettivo sembra essere
quella di tenere bassi i tassi di interesse e di lasciare che il
dollaro perda colpi rispetto alleuro.
Daltra parte, un giorno sì e uno no si legge che gli
Stati Uniti sono avviati verso la recessione. Con ogni probabilità
non è vero, ma sui mercati sono in molti a crederci. E nessuno
al mondo può far risalire la moneta di un Paese che è
ritenuto essere a pochi passi dal crepaccio della recessione. Ovviamente,
neanche la Banca centrale europea.
Ma non si tratta soltanto di questo. Al di là delle ipotesi
sulla recessione prossima ventura, rimane sicuramente il fatto che
negli Stati Uniti è in corso (e non da oggi) una spaventosa
frenata delleconomia. Nel 2004, cioè appena tre anni
fa, lAmerica aveva conosciuto una crescita del proprio Prodotto
interno lordo pari al 3,6 per cento: esattamente il doppio della
crescita che in quello stesso anno aveva fatto registrare larea
delleuro (1,8 per cento). Le proiezioni più aggiornate
del 2007 dicono che gli Stati Uniti cresceranno a stento del 2 per
cento, contro il 2,6 per cento dellarea euro.
Se allinterno di uneconomia che in pratica sta correndo
verso la crescita zero ci si mette anche la crisi bancaria-finanziaria
dei prestiti subprime (con il relativo blocco delle varie operazioni
di private equità, di acquisizione e di fusione, e via dicendo),
è facile vedere che il rischio di finire senza scampo in
recessione è molto forte (e questo infatti è oggi
largomento-principe utilizzato dai secessionisti).
Ma tutto questo spiega anche perché nel giro di pochissimo
tempo la Banca centrale americana, la Federal Reserve, sia passata
dalla decisione di alzare progressivamente i tassi di interesse
a quella di tagliare in maniera drastica il costo del denaro. E
perché lasci intendere che potrebbero esserci ulteriori aggiustamenti,
con nuovi tagli.
Pochissimi lo hanno notato, ma la risoluzione con la quale la Federal
Reserve ha tagliato il costo del denaro di parecchi basis point
è stata presa allunanimità. E questo sebbene
nel Comitato della Banca centrale americana siano presenti dei duri
e puri che fino a qualche tempo fa soltanto avevano giurato
che mai e poi mai avrebbero dato il proprio consenso al taglio del
costo del denaro.
La verità, molto semplice, è che nessuno al di là
dellAtlantico vuole la recessione. E di conseguenza si andrà
avanti così. Si taglieranno altri basis point e poi ci si
metterà a studiare leconomia. Se ci si accorgerà
che tutto questo non è stato ancora sufficiente, entro la
primavera del 2008 la Federal Reserve è pronta a tagliare
altri 50 basis point.
In ultima analisi, la decisione degli americani è che la
loro economia deve ripartire, anche a costo di prenderla a spintoni.
E la strada maestra per riuscire nellimpresa è appunto
quella di tanto denaro a buon mercato e di un dollaro debole. Ecco
perché lEuropa deve rassegnarsi. Impegnarsi in una
guerra di svalutazioni competitive contro leconomia e contro
la moneta più forti del mondo non avrebbe alcun senso e potrebbe
procurare uninfinità di guai.
Ma allora, fino a quando gli europei saranno costretti a subire
la concorrenza sleale del dollaro debole? La risposta
è abbastanza semplice e si ricava da quanto è stato
scritto nelle righe precedenti: fino al giorno in cui leconomia
statunitense non sarà ripartita. A quel punto soltanto i
capitali torneranno a correre verso gli Stati Uniti, e il dollaro
tornerà ad apprezzarsi, per la felicità dei nostri
imprenditori e dei nostri governanti. Anzi, con tutta probabilità
il dollaro ripartirà verso lalto un poco prima: non
appena i mercati avranno fiutato che lAmerica sta invertendo
la rotta. Ma quando sarà questo momento?
Oggi nessuno lo sa, anche perché nessuno sa quanto sia profonda
ed estesa la crisi dei prestiti subprime. Ma puntare sullestate
2008, o al massimo sullautunno, per linversione di una
rotta americana, potrebbe rivelarsi la mossa giusta. Nellattesa,
non resta che sopportare il dollaro debole e cercare altri mercati.
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