Evasione,
riciclaggio, lavoro nero, finanza
dei cartelli del
crimine: la mappa dellItalia
sommersa è
servita.
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È un vero e proprio fiume in piena. Un fiume di denaro:
quasi un quinto del Prodotto interno lordo italiano. Tutti soldi
che lo Stato italiano non riesce a intercettare, anche se passano
ogni giorno sotto i suoi occhi. Cè loperaio che,
terminato il lavoro, nega la fattura con un sorriso. Lartigiano
che, facendoti risparmiare lIva, la nega con un ghigno. Il
ristoratore che dimentica lo scontrino, ma offre volentieri un digestivo.
Il galoppino di Scampia o dellhinterland petroniano, nullatenente,
ma in grado di portare a casa 15 mila euro al mese spacciando pillole
e polveri. E ci sono i finti contratti a progetto delle società
telefoniche o i lavoratori invisibili dei cantieri edili, il money
transfer in contanti e le triangolazioni finanziarie dei commercialisti
ingegnosi, gli appalti truccati e le fatture gonfiate...
Proprio come quelle del Signore, le vie del sommerso in Italia sono
infinite. E il loro impatto sui conti è devastante, come
è stato sottolineato anche di recente: senza sommerso, o
con una quota di sommerso fortemente ridotta, il nostro Paese cambierebbe
volto; ci sarebbero alleggerimenti del carico fiscale per tutti
i contribuenti, quote maggiori di investimenti, più sicurezza,
più benessere sociale.

Discorso banale? Non proprio. Certo è che da noi la quota
di economia informale non osservabile (questa, la definizione
ufficiale coniata dallIstat nel 1992, quando per la prima
volta la contabilità nazionale ha unificato le stime di evasione,
riciclaggio, lavoro nero e finanza criminale) ha superato da tempo
i livelli di guardia: in meno di 15 anni il sommerso è quasi
raddoppiato, passando da 123,5 a 230,2 miliardi, con progressione
quasi geometrica. Unica eccezione il 2002, quando la quota di nero
stimata si ridusse di oltre il 4 per cento, prima di tornare a crescere
più veloce di prima negli anni successivi. Lo scorso anno,
secondo dati non ancora definitivi, sarebbero sfuggiti alle rilevazioni
del fisco e delle forze dellordine tra i 230 e i 245 miliardi,
cioè non meno del 16,6 per cento del Prodotto interno lordo
(1.340 miliardi nello stesso periodo): un valore che coincide perfettamente
con la serie storica compilata dallIstat. In questa particolare
disciplina, lItalia vanta un record assoluto tra i Paesi occidentali,
battendo di molte lunghezze la Francia (8,5 per cento), la Germania
(8 per cento), lInghilterra (6 per cento) e lOlanda
(4 per cento), e piazzandosi ben al di sopra della media mondiale.
Individuare i fattori che fanno del nostro Paese la Mecca del sommerso
non è difficile: leggi e controlli sono più o meno
gli stessi in tutto il mondo occidentale. Quel che cambia, in Italia,
sono le condizioni ambientali. Da noi le aliquote sui redditi sono
più alte della media europea. In più, la maggior parte
del reddito fiscale italiano arriva dai lavoratori autonomi e dalle
piccole imprese: soggetti strutturalmente deboli, che in caso di
difficoltà sono più propensi a ridurre i costi, ricorrendo
al lavoro nero e allevasione.
Per quanto difficile da accettare, insomma, da noi il sommerso aziendale
è vissuto dai suoi protagonisti quasi come una leva da azionare
per restare competitivi: questo non significa che sia giustificabile,
ma solo che la lotta allevasione e al lavoro sommerso dovrebbe
essere accompagnata da strumenti in grado di favorire la competitività,
la flessibilità e laccesso al credito delle nostre
piccole e medie imprese.

Nel complesso evasione, capitali occulti e simili coprono quasi
due terzi del sommerso tradizionale. Il resto, (40-45 miliardi lanno),
alimenta un altro primato italiano: il lavoro irregolare. Per comprendere
la drammaticità di questo fenomeno basta scorrere il rapporto
che lIspettorato del Lavoro ha reso noto a giugno: i dipendenti
irregolari censiti nel primo semestre sono aumentati del 69 per
cento rispetto allo stesso periodo dellanno precedente. E
si presume che si tratti di dati sottostimati, soprattutto per il
Nord-Est, territorio in cui il fuori-busta è diventato la
nuova frontiera della flessibilità.
Secondo il Censis, il 12,9 per cento dei lavoratori dipendenti risulterebbe
impiegato in realtà completamente sconosciute al fisco, senza
contare le decine di migliaia di immigrati in settori come lindustria
del falso, ledilizia e lagricoltura. Gli incentivi allemersione,
invece, segnano il passo: dal 2003 ad oggi sono state sanate appena
16 mila posizioni.
Per reagire in qualche modo, lo Stato punta a rafforzare le ispezioni.
La Finanziaria 2007 ha deliberato lassunzione di 300 nuovi
ispettori del lavoro, mentre nel Dpef è previsto lo stanziamento
di diversi milioni per coordinare i lavori di Ispettorato, Guardia
di Finanza e Agenzia delle Entrate.
Negli ultimi tempi, la lotta allevasione ha ottenuto più
di un risultato tangibile. Ma perché si compia davvero il
cambio di passo, è necessario agire anche sulla zona
Grigia, quella dove il nero tradizionale incrocia
leconomia criminale. Ecco un altro segno distintivo dellItalia
sommersa: oggi la Malavita SpA è lazienda più
grande e più dinamica del Paese. Questanno, infatti,
per la prima volta i suoi ricavi potrebbero superare i 100 miliardi
di euro (quasi cinque volte il fatturato della Fiat, tanto per intenderci),
con un incremento compreso fra il 3 e il 5 per cento sul 2006 e
con una progressione costante dal 1992. Se si trattasse di unazienda
vera e propria, i volti dei suoi capi meriterebbero di frequente
la copertina di Fortune. Invece dobbiamo accontentarci delle loro
foto segnaletiche, visto che i loro business sono droghe (giro daffari
da 26 a 30 miliardi di euro lanno), prostituzione (12 miliardi),
racket (14 miliardi). Soldi facili ed esentasse, che a loro volta
alimentano nuovi guadagni.
A livello globale, il denaro controllato dalle mafie ha ormai raggiunto
una cifra da fumetto disneyano: 3,78 trilioni di dollari, cioè
il 9 per cento del Pil mondiale. E la criminalità italiana
è tra le più brillanti nella gestione dei capitali:
al netto di quanto speso per mantenere in vita le organizzazioni,
i margini sono pari al 75 per cento. Poco più della metà
vien fatta emergere, mentre il resto è reinvestito in nuove,
lucrose attività illecite.
Evasione, riciclaggio, lavoro nero, finanza dei cartelli del crimine:
la mappa dellItalia sommersa è servita. Sulle possibili
soluzioni il dibattito è aperto: stroncare il fenomeno è
difficile si sostiene ma limitarlo il più possibile
è doveroso, purché si usino gli strumenti giusti.
Quali? Un buon antidoto potrebbe essere lo spostamento graduale
della tassazione dai redditi ai consumi, secondo alcuni. Altri aggiungono
che si dovrebbe consentire la detrazione parziale di tutte le spese
certificate, come avviene negli Stati Uniti. Ne sarebbe colpita
anche leconomia criminale, che dal nero quotidiano
ricava una gran fetta di utili. Proposte che negli ultimi quindici
anni, sebbene sempre presenti nel dizionario della retorica politichese,
non hanno mai trovato spazio nelle politiche governative. Mentre
il sommerso ha continuato a proliferare. Che sia proprio questo
il vero miracolo italiano?
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