Altroché se è
bella Milano, quando il cielo
è manzoniano
e da una finestra alta sui tetti vedi
il Monte Rosa
e la chiostra delle Alpi.
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Chi dice che Milano non è città da godere? Quel che
cè da vedere e trarne piacere non è davvero
poco a Milano. Non ci sono solo il Duomo, la Scala, il Castello
Sforzesco, SantAmbrogio, SantEustorgio e cento altri
monumenti. Non è soltanto la città degli affari e
della moda. Ben altro cè di gran valore culturale,
artistico, e anche ambientale.
Non sono milanese doc, come almeno i quattro quinti dei cittadini
ambrosiani, ma vivo da più di quarantanni a Milano.

La milanesità lho vissuta intensamente, è diventata
parte di me. Perché Milano ti cattura e persino ti plasma,
ha una capacità incomparabile di assorbire e amalgamare,
imprimendo in chi viene a viverci i suoi caratteri. È un
meraviglioso crogiolo, luogo dincontro e fusione come nessun
altro.
Di questa città ho assimilato umori, sensibilità,
valori, modi di pensare e di vivere. Per scelta, oltre che per quotidiana
pratica di vita. Quarantanni di esistenza nei giornali ambrosiani
(Corriere della Sera, Corriere Lombardo, Il Giornale), di frequentazioni
del mondo intellettuale (qualche nome: Montanelli, Piovene, Buzzati,
Spadolini, Rumi, Veronesi), di quello accademico (Lazzati, Finzi,
Bausola, Monti, quattro magnifici rettori e non pochi altri cattedratici),
di tante intelligenze dei diversi settori (ne cito alcuni, come
mi vengono in mente: prìncipi della Chiesa come Montini e
Giovanni Colombo, editori come Bompiani, Mondadori, Rizzoli, artisti
come Messina, uomini di teatro come Remigio Paone, uomini del creare
e del fare come Du Chène de Vère, Confalonieri, Romiti,
politici e amministratori come Bucalossi, Malagodi, Martora, Tognoli,
Albertini), insomma, dopo tanti incontri, relazioni, contatti, contiguità,
amicizie, alcuni tuttaltro che episodici, la milanesità
mè entrata nei sentimenti, quasi nelle vertebre.
Conosco di Milano, soprattutto del suo cuore storico, ogni strada,
ogni palazzo, ogni angolo. Me la sono goduta, per esempio, nelle
settimane dagosto, chè il periodo migliore per
apprezzarne la bellezza. Sì, la bellezza. Quando la città
è quasi vuota non cè niente di più piacevole
che andarsene dentro la vecchia Milano a passeggio, cercando lombra
di quelle strade strette ai fianchi di via Manzoni, Montenapoleone,
via SantAndrea, via Bigli, dalle parti di Brera, via Fiori
Chiari, Fiori Oscuri, o verso piazza San Sepolcro, via Cappuccio,
via SantOrsola, piazza Mentana, luoghi alteri della Milano
aristocratica e borghese, o verso SantAmbrogio e lex
convento bramantesco dove Padre Gemelli portò lUniversità
Cattolica.
Il silenzio e la solitudine aiutano a scoprire i pregi di unurbanistica
e di unarchitettura che sono uniche, con quegli antichi palazzi
che contengono splendidi cortili con mirabili giardini e raccontano
la storia della città. È la Milano che piacque a Stendhal
e catturò persino quel difficile di Montale, poeta ligure
malmostoso, che, sentendosi quasi in esilio nella sua via Bigli,
arrivò a dire che Milano si può amare dimenticando
che ci si vive per lavorare.
Ma sì, Milano è anche bella, oltre ad essere terra
di lavoro. Umberto Saba, poeta triestino, le ha dedicato queste
parole: «Fra le tue pietre e le tue nebbie faccio villeggiatura.
Mi riposo in Piazza Duomo». Ad un altro poeta, il romano Giorgio
Vigolo, piaceva «il rigido cielo grigio come un liquore forte,
unacquavite che morde». Nei Promessi Sposi del Manzoni
cè una massima magnifica: «Quel cielo di Lombardia,
così bello quandè bello, così splendido,
così in pace». Altroché se è bella Milano,
quando il cielo è manzoniano e da una finestra alta sui tetti
vedi il Monte Rosa e la chiostra delle Alpi. Splende in tutta la
sua storica bellezza la città, con quella grande, meravigliosa
natura che le fa da cornice.

A me, venuto da Roma tantanni fa, è capitato più
volte quel che, con la sua tipica poeticità padana, scrisse
Cesare Zavattini: «Milano è quando monto sul treno
a Termini, pregusto il gesto che farò nellavvolgermi
meglio intorno al collo la sciarpa di cachemire sul piazzale dei
tram».
Una città di «eleganza straordinaria», lha
definita Gae Aulenti, grande architetto e persona di squisita cultura:
«Città fatta aggiunge di un ordine naturale,
perché si capisce che le cose si voleva farle belle e durature».
Una piccola-grande metropoli con sette Università, chiese
dovè passata la storia, musei, pinacoteche (una per
tutte: Brera), teatri, il Conservatorio, biblioteche, librerie grandi
e ricche dogni titolo, caffè e ristoranti storici,
un insieme di ambienti classici e cose preziose che ne testimoniano
e ne esaltano storia e cultura.
Una città con una vitalità e uno spirito ineguagliabili.
Con un grado di eticità, oltre che di operosità, intraprendenza
e ingegnosità, certamente superiore ad ogni altra della nostra
penisola. Montanelli diceva che alla storia dItalia rimarrebbe
ben poco se le si sottraesse quella di Milano. Indro lha amata
molto Milano, le era grato per il successo che vi aveva ottenuto.
E giustamente Milano lha ripagato con quel monumento in bronzo
nei giardini di piazza Cavour.
Arbasino, con unimmagine da delicato e distinto scrittore
qual è, ha paragonato Milano al giardino dei ciliegi
di Cechov, «il podere più bello del mondo», che
ha fatto innamorare e gola ai grimpeurs di tutti i tempi.
Non soggiogabile, però. Ci hanno provato in molti, senza
riuscirci. È stata sempre Milano a prevalere. Ci provò
Bava Beccaris con le cannonate, che al contrario fecero da lievito
al socialismo turatiano. Nonostante tutti i tentativi di dominio,
Milano non ha mai perduto la sua specificità, la sua fortissima
e insoffocabile identità.
Il primato culturale di Milano non è mai venuto meno. NellOttocento
cera il salotto Maffei, frequentato da Manzoni, Cattaneo,
Verdi, DAzeglio, Emilio Praga, Tommaso Grossi, Carlo Tenca,
per citarne alcuni. Nel Novecento, e tuttora, questo primato lo
hanno presidiato e incarnato i giornali più autorevoli della
penisola, editori nobili e solidamente avveniristici, giornalisti
e scrittori di valore. Questa città è luogo di passaggio
obbligato di artisti, scienziati, intelligenze numerose e varie.
La società milanese ha un vigore intellettuale che bisogna
viverci per sentirne la fortezza.
Tutte queste qualità e caratteristiche fanno quella che io
nel mio Cara Milano chiamo civiltà ambrosiana.
Che è il complesso degli aspetti culturali, sociali e anche
emotivi, spontanei e organizzati, della collettività milanese.
Di un lontano discorrere con Guido Piovene, scrittore di alto livello
culturale, rammento questo giudizio: «Ogni città esprime
una propria distinguibile civiltà. Milano è lunica
città italiana con una sua autentica vocazione europea, che
risale addirittura al Settecento, e di quellepoca conserva
gran parte delle ragioni morali». Eccola, appunto, la civiltà
ambrosiana.
E una città così, che contiene tanta cultura e una
società tanto distinta, non è da godere, da visitare,
da vedere, da girare, da ammirare? Ma chi dice che non è
città per turisti?
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