Prevalevano, semmai, sul
versante della
letteratura storica gli studi dedicati alle iniziative
e allopera dei banchieri
medioevali.
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È stato osservato che negli ultimi anni il sistema finanziario
è balzato al centro della scena economica, al punto da essere
considerato allo stato attuale la fucina dei cosiddetti poteri
forti. E ciò per almeno due motivi preminenti: da una
parte, per la perdita progressiva di statura e della funzione trainante
dei principali gruppi industriali, un giorno al vertice del firmamento
economico; dallaltra, per il processo di concentrazione e
di razionalizzazione verificatosi nel settore bancario, a far luogo
dal 1993, in coincidenza con la graduale uscita dal settore pubblico
di quelli che erano i principali istituti di credito, e sfociato
in alcuni casi in unespansione delle attività in più
vasti contesti internazionali.
Sia chiaro: non è che in passato le banche, nel loro insieme
oppure singolarmente considerate, avessero svolto un ruolo secondario.
Tuttaltro. Esse hanno sempre contato, hanno sempre fatto sentire
il loro peso e la voce non soltanto nel puro e semplice contesto
economico, ma anche, in più di una circostanza, in quello
politico e sociale.
Malgrado ciò, le loro vicende non hanno suscitato, fino a
qualche decennio addietro, un particolare interesse in campo storiografico.
Al di là di poche eccezioni, le esperienze e i percorsi del
mondo bancario non sono stati oggetto di analisi approfondite o
di specifiche monografie. A meno che non si trattasse della Banca
dItalia, per via dellimportanza che hanno sempre rivestito
tanto la sua politica monetaria quanto la sua politica del credito.
Prevalevano, semmai, sul versante della letteratura storica, sulla
scia di una solida tradizione, gli studi dedicati alle iniziative
e allopera dei banchieri medioevali. E questa tendenza si
spiega col fatto che a quellepoca lintermediazione finanziaria
di alcuni uomini daffari italiani si esercitava in varie piazze
estere (in virtù di un primato culturale in tema di procedimenti
contabili e strumenti operativi rispetto ai loro concorrenti) e
sorreggeva inoltre lesportazione dalla Penisola di un grappolo
di manufatti di alta qualità; e che le fortune di quanti
svolgevano questo genere di attività avevano portato alcuni
di loro a scalare le vette degli ordinamenti comunali, quando non
si erano messi a capo di determinate signorie personali: così
da aprire la strada sia allaffrancamento delle città
dellentroterra feudale sia allavvento di incipienti
forme di capitalismo.

Daltra parte, se lItalia aveva continuato ad essere
nei decenni successivi uno dei centri propulsivi delleconomia
europea, ciò era dipeso in misura rilevante dalle cospicue
transazioni dei finanzieri genovesi e di altre contrade, quali prestatori
di denaro alle nascenti monarchie nazionali: tantè
che si è attribuita alle bancarotte di Spagna, Francia e
Portogallo, nel terzo quarto del Cinquecento, una delle principali
cause del declino, da allora, della Penisola. Fatto sta che soltanto
dallinizio degli anni Settanta del secolo scorso si è
incominciato da noi a puntare i riflettori sul mondo della banca
nelle sue componenti e nelle sue dinamiche, quali a mano a mano
sono andate manifestandosi dallepoca post-unitaria in poi.
E ciò, oltre tutto, in quanto sollecitati dal dibattito sulle
matrici e sulle traiettorie del nostro decollo industriale tra la
fine dellOttocento e i primi anni del Novecento. Giacché,
più che sulla fisionomia peculiare e le linee evolutive delle
banche, quel che più premeva era stabilire se e quale fosse
stato il loro apporto allindustrializzazione del Paese. Tantè
che si può far risalire ai tre volumi pubblicati nel 1974-76
(firmati da Antonio Confalonieri) sugli impieghi delle banche miste
di deposito e di investimento, il turning point dal
quale ha preso avvio tutta una fioritura di indagini e ricerche
sulle istituzioni bancarie.
Daltra parte, sul rapporto fra banca e industria si è
concentrata lattenzione anche nel periodo fascista, dal momento
che allepoca della crisi mondiale degli anni Trenta «il
Duce come si legge in un Rapporto dellIri aveva
vissuto ore angosciose quando le banche, e in specie la Banca commerciale,
stavano per fallire», col rischio perciò di provocare
un grave scossone nel regime.
Fatto è che oggi, grazie ad una cospicua e crescente serie
di studi, si è potuto infine porre mano ad unopera
collettiva come quella apparsa nellultimo Annale,
(AA.VV., Annali, 23. La banca), delleinaudiana Storia dItalia,
che pur comprendendo alcuni contributi attinenti alletà
medioevale e moderna, è incentrato soprattutto sulle caratteristiche
e sulle vicende del sistema bancario e finanziario, dallUnità
nazionale ai nostri giorni.
È pur vero che, come riconosce uno degli Autori, in una densa
ricognizione sullo stato degli studi, mancano ancora varie tessere
per un quadro storico esaustivo delluniverso bancario quale
si è andato configurando nelle sue differenti articolazioni
ed esperienze, come nelle sue diverse strategie e modalità
di gestione. E ciò, anche perché alcune fonti documentarie
di primissimo ordine sono ancora oggi inaccessibili (come, ad esempio,
quelle di Mediobanca).
Comunque sia, possiamo intanto disporre, con questa sorta di imponente
antologia, (nellambito della quale va segnalato, fra gli altri,
il saggio sugli economisti italiani e la banca), di una ricchissima
messe di elementi di conoscenza e di giudizio. Anche se non in tutti
i casi hanno un sapore di assoluta novità, quegli elementi
concorrono tuttavia a disegnare e a fornire un vasto profilo dinsieme,
su un arco temporale di lungo periodo, di certi tratti distintivi
e della complessa evoluzione delle strutture bancarie, con riferimento
ai loro rapporti con lo Stato e con lamministrazione pubblica,
con le imprese industriali e con il settore dei servizi, nel corso
delle diverse congiunture economiche e dei mercati finanziari. Che
è quanto mancava, appunto, sino ad oggi, e che può
pertanto servire ora anche da guida e da stimolo per ulteriori analisi
e progetti di ricerca.
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