Ma la politica
nazionale saprà fare la propria parte cruciale,
rinunciando alla tentazione del
vecchio scambio politico?
|
|
Si parla un giorno sì e laltro pure di modernizzazione
del Paese, con promesse rinnovate a getto continuo, senza
che sia mai sciolto il nodo gordiano che attanaglia lItalia,
cioè il nodo della liberazione del Sud, preliminare
allo sviluppo del territorio meridionale italiano che ancora oggi
rappresenta la più estesa area depressa dellUnione
europea.
Che dal Mezzogiorno sia necessario partire per bonificare il Paese
ce lo ricorda in particolare la Commissione Parlamentare Antimafia,
riferendosi al fenomeno della ndrangheta in Calabria, con
una relazione approvata allunanimità. A leggerla, si
rimane agghiacciati. Leconomia della regione quasi del tutto
in pugno alle cosiddette ndrine, dal moderno porto per containers
di Gioia Tauro agli infiniti lavori e appalti dellautostrada
Salerno-Reggio Calabria.
In una parola, tutte le opere pubbliche sono controllate dai cartelli
del crimine; i finanziamenti europei sono largamente condizionati;
il buco nero della sanità è un gigantesco business,
in nome del quale si può uccidere (omicidio Fortugno), basato
sul degrado delle strutture pubbliche e il controllo delle cliniche
private, finanziate con i soldi di tutti. Come dimostrano anche
indagini giudiziarie in corso, la politica è debole e trasversalmente
infiltrata dal crimine organizzato, e il trasformismo è pratica
diffusa. Ma la Commissione lamenta anche il silenzio del mondo imprenditoriale
sulle pratiche estorsive.
Si dirà che la Calabria è un caso estremo. E lo è.
Ma fenomeni dello stesso tipo sono diffusi anche in due grandi e
popolose regioni come la Campania e la Sicilia, e registrano metastasi
ricorrenti in diverse aree della stessa Puglia. Per un esempio sotto
i nostri occhi, basta ricordare la degradante vicenda dei rifiuti.
Una classe politica, alla quale erano state affidate molte speranze
di rinnovamento, ha fatto affondare la società nella spazzatura,
essendo incapace di risolvere il problema e di evitare il controllo
della camorra sul grande affare rifiuti.

E la camorra si fa gioco dellirresponsabile fondamentalismo
verde e del pazzesco comportamento di sindaci e parroci culturalmente
arretrati e luddisticamente ingaggiati, sempre mobilitati per il
no. Per tacere, poi, del solito buco della sanità e delle
opere pubbliche. Anche in questi delicati e rilevanti settori la
società civile è quanto mai silente.
E un quadro altrettanto scoraggiante emerge dalla Sicilia. Una recente
indagine della Fondazione Rocco Chinnici ha stimato in almeno un
miliardo di euro il valore medio annuo del pizzo estorto
alle imprese dellisola tra il 2002 e il 2006. Quasi tutti
pagano (70-80 per cento delle imprese), con tariffe graduate a seconda
del settore (per un super-store, anche 27.000 euro al mese!). Ma
almeno qui gli imprenditori stanno facendo sentire la propria voce.
Occorre riconoscere che le classi politiche locali e regionali,
al di là degli schieramenti, non ce la fanno da sole. Ci
vuole un aiuto dal Centro, cioè dal Governo. Ma nella storia
del Mezzogiorno è stato sempre difficile per la classe politica
nazionale rinunciare allo scambio tra la massa di consensi portati
dal Sud e la mano libera lasciata alla politica locale sulluso
delle risorse pubbliche. È questa la torbidissima acqua che
alimenta clientelismo, corruzione e criminalità.
Non si può governare il Mezzogiorno senza una migliore politica
locale. È stato scritto che occorrerebbe una sorta di Maastricht
per i governi locali, che avrebbe un impatto forte sul Sud:
per portare avanti un federalismo coerente che responsabilizzi la
classe politica locale per il reperimento fiscale delle risorse;
per legare poi linevitabile quota di redistribuzione a valori
definiti a livello nazionale da unagenzia indipendente per
il costo e lefficienza dei servizi, con premi e sanzioni;
ma anche per ridurre drasticamente la manomorta della politica sulla
sanità e sui servizi pubblici locali, per eliminare le Province
e per disboscare la selva delle società partecipate.
E si è aggiunto che una particolare Maastricht per il Sud
ci vorrebbe poi per luso dei fondi europei (100 miliardi di
euro per i prossimi sette anni). Qui si tratterebbe di frenare la
deriva dissipatrice in mille rivoli di queste risorse da parte delle
Regioni. Per rafforzare il ruolo di indirizzo, di valutazione e
di controllo dal Centro; per convogliare i fondi in pochi grandi
assi, quali lordine pubblico e la lotta alla criminalità
organizzata, le infrastrutture essenziali (materiali e immateriali)
e lo sviluppo delle città. E anche in questo caso, non dare
a tutti a pie di lista, ma innescare una concorrenza efficace
tra territori con premi e sanzioni per favorire la buona progettualità
e lemergenza di una diffusa classe politica locale più
responsabile.
Le forze sociali, a far luogo dal mondo imprenditoriale e del lavoro,
potrebbero fare molto dal Centro: rinunciare a incentivi e trasferimenti
inutili per linnovazione e fonte di corruzione
a favore di nuovi e più efficaci forme di produzione di beni
collettivi; impegnarsi di più nella formazione di una coscienza
civica adeguata tra i propri rappresentati e in azioni più
coerenti ed esigenti di stimolo e controllo nei riguardi delle classi
politiche locali. Ma la politica nazionale saprà fare la
propria parte cruciale, rinunciando alla tentazione del vecchio
scambio politico? Cioè: ci sarà mai una radicale rivoluzione
pacifica e risolutrice per lannoso (e del tutto dimenticato)
coacervo di problemi del Sud?
|