Occorre creare una nuova fiducia. L’Europa
termina là dove la volontà di un’identità
comune europea
è poco sviluppata o addirittura
assente.
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Il 2003 fu un anno di decisioni importanti per il futuro dell’Unione
europea, un anno nel corso del quale vennero registrati successi
e fallimenti. Tra i successi, si annoverò soprattutto l’allargamento
dell’Ue a dieci nuovi membri, la cui adesione divenne effettiva
il primo maggio 2004. Tra i fallimenti, il fatto di non aver potuto
realizzare quell’allargamento sulla base di una Costituzione
europea. Lo stesso naufragio della Conferenza intergovernativa,
tenutasi a Bruxelles, mise in luce la necessità per l’Europa
di adottare una Costituzione in grado di radunare gli Stati membri
in un’autentica unione politica e i cittadini in una comunità
continentale, dove l’identità comune rivestisse una
maggiore importanza rispetto agli egoismi nazionali del passato.

L’apertura dell’Unione europea nei confronti dei nuovi
Stati membri è stata talmente allettante da indurre l’Ue
a sottovalutare ampiamente le difficoltà comportate dall’allargamento.
L’obiettivo di rapportare l’ammissibilità dei nuovi
membri a determinati criteri politici, economici e giuridici ha
certamente fornito un quadro formale vincolante per tutti, ma non
ha tenuto conto degli enormi sforzi intellettuali che la crescita
comune del Continente rende necessari. Modernizzazione economica,
coordinamento del diritto e un nuovo equilibrio solidale sono condizioni
importanti per la coesione interna dell’Unione europea. Tuttavia,
il dibattito politico ha largamente trascurato un elemento almeno
altrettanto indispensabile: lo sviluppo di un’identità
comune europea, basata sulla condivisione di storia e cultura, e
sulla consapevolezza di appartenere a una comunione di valori e
di destini.
Chi ricerca non soltanto l’allargamento, ma anche l’approfondimento
dell’Ue è tenuto a impegnarsi per lo sviluppo di una
simile identità. Il simbolo principale di tale “sentimento
del noi” è la Costituzione europea, che per l’Unione
allargata dovrebbe rappresentare una base per costruire il futuro,
contribuire ad agevolare e rendere più democratiche le decisioni,
rafforzare l’ordinamento interno dell’Unione e, nello
stesso tempo, conferire un nuovo peso al ruolo dell’Europa
nel mondo. A tale scopo, la Convenzione aveva sottoposto al Consiglio
europeo una bozza che, inizialmente, tutti i partecipanti avevano
valutato come una buona base. In occasione della Conferenza intergovernativa
degli Stati membri, ne vennero messi in discussione i punti fondamentali
in un’ottica istituzionale.
Una volta di più si è avuta la conferma del fatto
che le questioni istituzionali sono, allo stesso tempo, questioni
di potere e che da esse dipende anche l’imposizione degli interessi
degli Stati membri. In questa situazione confusa, l’identità
comune ha avuto la peggio, e con essa la Costituzione europea, con
la quale la Convenzione dell’unione europea aveva sperato di
spezzare i meccanismi del mantenimento del potere, del blocco e
dell’imposizione degli interessi degli Stati membri al Consiglio
europeo di Nizza.

Ancora una volta, il temporaneo fallimento del processo costituzionale
al Consiglio europeo di Bruxelles aveva dimostrato che la concezione
di un’Unione europea come comunione di destini poteva ancora
evolversi. L’insistenza di Spagna e Polonia sulla ponderazione
dei voti allineata al blocco delle decisioni dell’Ue, i rapporti
di Francia e Germania con i nuovi partner dell’Unione, parzialmente
percepiti come una forma di dominio, la mancanza di sensibilità
per gli interessi degli Stati minori dell’Ue, ma anche la sconsiderata
violazione delle regole del Patto di Stabilità, hanno distrutto
gran parte della fiducia in Europa.
Tuttavia, in ogni crisi c’è sempre una via d’uscita.
Occorre creare una nuova fiducia. Inoltre, è necessario dare
un nuovo slancio al processo costituzionale. È necessario
che l’Europa, concepita come comunione di destini, riceva debito
spazio non soltanto nella concezione dei cittadini, ma anche nei
pensieri dei governanti. “Noi, il popolo”: così
inizia la premessa della Costituzione americana, non “Noi,
i governi”. L’Europa termina là dove la volontà
di un’identità comune europea è poco sviluppata
o addirittura assente. Questo principio può valere come massima
per il rapporto reciproco tra i membri, così come per la
definizione dei confini dell’Unione e le sue relazioni con
l’estero. Se ci attenessimo ad esso, avremmo una guida più
sicura per il futuro.
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