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Più o meno dieci anni fa abbiamo preso la
decisione storica di far decollare l’Unione
economica e monetaria, e l’euro è nato il
primo gennaio 1999. L’edificio che abbiamo
costruito è grande, solido e ammirevole.
Oggi l’euro è condiviso dalla maggioranza
dei Paesi e da più di 320 milioni di abitanti,
formando in questo modo il più grande
mercato del mondo sviluppato. È un risultato
ineguagliato negli ultimi decenni.
Tutto ciò dovrebbe essere particolarmente
apprezzato in questi tempi perturbati, tra
aumento dei prezzi dell’energia e dei prodotti
alimentari e le turbolenze finanziarie.
Conosco, e comprendo, la preoccupazione
dei consumatori rispetto all’impatto dei
prezzi mondiali sui prodotti di tutti i giorni.
Ma si può immaginare – perché abbiamo
vissuto shock con effetti analoghi negli anni
Settanta e Ottanta – quale sarebbe stato
l’impatto della moltiplicazione fino a sei
volte del petrolio, in dollari, dal 2002 fino a
poche settimane fa, prima della regressione
del costo dell’oro nero, e le conseguenze di
queste turbolenze sulle nostre vecchie valute,
se non avessimo avuto l’euro!
L’euro è un successo innegabile; non si esagera
se lo si ripete con forza. E, sicuramente,
la divisa comune è qui per restare. Ma il
funzionamento dell’edificio dell’Unione
economica e monetaria può e deve essere
migliorato per raccogliere pienamente i
frutti in materia di crescita economica, di
competitività e di una maggiore e migliore
occupazione nei settori del futuro.
In larga parte, ciò richiede un più grande
coordinamento e maggiore sorveglianza,
non soltanto delle nostre politiche di bilancio,
ma anche di quelle economiche in un
senso più ampio. Rivoluzionario?
Nuovi
poteri per la Commissione, come ho potuto
leggere in alcune reazioni alle nostre idee?
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Per le strade di San Francisco. Michela Grande |
No. Si tratta piuttosto di un ritorno alle
origini, al Trattato di Maastricht adottato
dai capi di Stato e di Governo dell’Unione
europea nel 1992, che prevede all’articolo
99 che «gli Stati membri considerino le loro
politiche economiche come una questione
d’interesse comune e le coordinino».
Basta accusare l’euro di tutti i mali immaginari!
Riconosciamo piuttosto i vantaggi
in materia di riduzione dell’inflazione e dei
tassi d’interesse, dell’eliminazione dei costi
e del rischio di cambio, dell’integrazione e
migliore efficacia dei mercati, e della riduzione
della bolletta petrolifera. Occorre
una volontà politica più forte per riuscire
ad arrivare ad un vero miglioramento della
situazione e ad un bilancio in pareggio in
tutti i Paesi dell’area euro.
In particolare, l’Italia ha fatto notevoli
progressi nel rispettare le norme del Patto
di stabilità e di crescita, riducendo lo scorso
anno il disavanzo nuovamente al di sotto
del limite del 3 per cento del Prodotto
interno lordo e invertendo la tendenza all’aumento
del debito degli ultimi anni. Ma
in momenti di crisi planetaria come quella
che ci riguarda è necessario continuare con
determinazione con il consolidamento fiscale
per accelerare la riduzione del debito,
che rappresenta ancora più del 100 per
cento del Pil, e per rompere così definitivamente il vecchio circolo vizioso disavanzo-debito. A titolo di esempio dei benefici immediati
di una simile strategia, basta vedere quanto
sta avvenendo in Belgio, un Paese che soltanto
cinque anni fa aveva un debito oltre
il 100 per cento e spese per interessi oltre il
5 per cento del Pil. Avendo raggiunto e
mantenuto il bilancio in pareggio in questi
ultimi anni, Bruxelles è riuscita a ridurre
sia il debito sia le spese per interessi di circa un quarto.
Si tratta di una riduzione che se rapportata
al Prodotto interno lordo dell’Italia significherebbe
circa 20 miliardi di euro risparmiati
ogni anno in spese per interessi. Un
ammontare paragonabile a quello di una
manovra finanziaria, disponibile “gratuitamente”
ogni anno per altre iniziative che
potrebbero favorire lo sviluppo dell’Italia.
E un ammontare crescente nel tempo in linea
con la riduzione del debito pubblico.
Che in Italia non può accelerare, neanche
in momenti critici diffusi nel Vecchio Continente
e nel mondo.
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