Occorre
adottare nuove strategie d'intervento potenziando le nostre capacità
tecnologiche per produrre meglio ed esportare di più. - In campo
agricolo è fondamentale la ricomposizione fondiaria per creare
efficienti unità agricole - I dati della Cassa Integrazione.
a) INDUSTRIA
Negli ultimi dieci
anni si è registrato un aumento della produzione cui ha corrisposto
una costante diminuzione dell'occupazione. La spiegazione di questo
fenomeno apparentemente contraddittorio è semplice: si è
avuto un aumento di produttività cui non ha corrisposto un
adeguato ampliamento diversificato della domanda.
La generale caduta di tono dell'apparato produttivo è principalmente
imputabile allo scarso apporto di innovazioni tecnologiche. Ciò
ha prodotto il progressivo logoramento del sistema la cui produzione,
in termini di valore aggiunto, risulta caratterizzata dal contributo
prevalente della forza lavoro. In questo senso una parte di responsabilità
ricade sui criteri adottati dall'industria di Stato, dal momento ch'essa
detiene il controllo dei gruppi maggiori e più qualificanti
la politica dello sviluppo.
Così, in un'epoca caratterizzata da una evoluzione tecnologica
rapida e convulsa, la crisi economica ha portato allo scoperto questo
aspetto negativo insito nel sistema produttivo industriale. Allo stato
attuale è necessario dare massimo impulso alla ricerca utilizzata
a fini di sviluppo. Ciò deve costituire impegno primario per
ogni seria iniziativa volta a perseguire il riassetto dell'apparato
industriale e la conseguente distribuzione settoriale e territoriale
degli investimenti.
Il deficit della bilancia italiana dei pagamenti tecnologici (recenti
previsioni ne fissano l'ammontare a 190 miliardi di lire per il 1975,
a 250 miliardi per il 1980), pone motivi di seria riflessione sia
per la generale capacità produttiva del paese, sia per la stessa
qualità del nostro futuro sviluppo.
Se la solidarietà internazionale si traduce (come è
auspicabile) in facilitazioni alle esportazioni italiane, bisognerà
ben definire che cosa si vuole esportare ed in quali aree economiche
s'intende operare. Se intendiamo restare nella logica di mercato che
guida le scelte dei paesi industrializzati dobbiamo dare in primo
luogo ossigeno alla ricerca tecnologica. I problemi della ricerca
sono strettamente legati ad ogni progetto inerente al futuro sviluppo
industriale.
L'Italia è destinata a dipendere sempre più dalle esportazioni
industriali e la sua capacità competitiva si misurerà
in base all'apporto che la moderna tecnologia saprà dare al
valore aggiunto incorporato nei prodotti esportati.
b) AGRICOLTURA
L'agricoltura
allo stato attuale è un settore assistito. Questo comparto
produttivo è stato per anni dimenticato dagli economisti fino
a quando il mercato mondiale dei prodotti alimentari non ha suggerito
rapidi ed opportuni ripensamenti. I dati ISTAT relativi all'ultimo
censimento fanno notare che in venti anni sono fuggite dalla campagna
26 milioni di unità lavorative di cui solo il 50% è
stato utilizzato dall'industria.
Il restante 50% è stato presumibilmente assorbito dalle attività
terziarie (servizi pubblici, apparato distributivo, ecc.) contribuendo
ad accrescere il volume dei costi meramente passivi.
Si tratta ora di ripensare alle attività agricole dando ad
esse contenuti economici in termini di mercato. Le piaghe da curare
sono molte e gravi. Il movimento migratorio ha lasciato inalterata
la struttura della proprietà fondiaria aprendo margini sempre
più ampi all'abbandono della terra e all'anarchia produttiva.
Allo stato attuale l'eccessivo frazionamento della proprietà
fondiaria costituisce l'ostacolo più grave per la creazione
di imprese agricole con dimensioni economiche.
Un esempio significativo viene dalla Puglia.
In questa regione operano nel settore agricolo 369.812 aziende per
una superficie coltivata pari a ettari 1.706.817 (ogni azienda detiene
meno di 5 ettari). Eppure l'agricoltura concorre col 21% al reddito
complessivo regionale ed offre lavoro al 37% della popolazione attiva.
La metà della produzione agricola è sostenuta dai settori
dell'uva e delle olive (circa 550 miliardi) ma mancano le fabbriche
attrezzate per la conservazione, la trasformazione e la vendita dei
prodotti. Ci si serve ancora degli intermediari per piazzare la merce
sul mercato alimentando in questo modo un altro anello del sistematico
taglieggiamento dei produttori (contadini, proprietari).
Le condizioni
in cui versa l'agricoltura non sono diverse nelle altre regioni, per
cui un piano di risanamento investe problemi generali di dimensione
aziendale (negli Stati Uniti la media aziendale è sui 500 ettari,
mentre in Francia è sui 150 ettari) e di organizzazione dei
settori di trasformazione e vendita dei prodotti.
Il meccanismo degli incentivi necessari per la sua attuazione costituisce
materia di valutazione politica. Esso comunque non può essere
disatteso senza esporre il paese ad ulteriori, gravi emorragie valutarie.
e) SERVIZI
La riorganizzazione
dell'apparato commerciale ed il riassetto dei servizi della Pubblica
Amministrazione costituiscono altrettante necessità primarie.
La pessima gestione della finanza pubblica è di gran lunga
il nodo più grosso da dipanare, l'ostacolo su cui si misura
la volontà rigeneratrice della democrazia parlamentare. Oltre
a dover risanare l'irrazionale e caotica organizzazione dei servizi
è opportuno ricordare che va anche posto un freno al moto perpetuo
delle variazioni delle remunerazioni dei pubblici dipendenti. La variazione
di tali remunerazioni è sinonimo di variazione nel riparto
del reddito totale nazionale per cui questo problema va correttamente
inquadrato valutando le condizioni di opportunità e di giustizia
di tutti i gruppi sociali operanti nel paese.
Comunque i criteri generali per indirizzare la spesa pubblica verso
i settori più produttivi sembrano acquisiti. Bisogna però
trovare su questo punto qualificante del costume politico nazionale
strategie e metodi nuovi ed efficaci per condurre una valida azione
di governo.
Questi "punti caldi" del sistema presentano esigenze innovative
radicali che purtroppo vanno attuate nel momento meno felice, cioè
nei momenti in cui l'inflazione ha assunto ritmi di accelerazione
"brasiliani".
Nè conviene l'attesa, perchè siamo di fronte ad una
recessione di dimensioni mondiali, che certamente durerà a
lungo, e pertanto va considerata come componente normale della evoluzione
economica dei prossimi anni.
Il ritmo d'inflazione è già al di là del 20%
in Giappone ed in Italia, in Gran Bretagna è sul 15%, negli
Stati Uniti ed in Francia sul 10%. In dieci anni il mondo occidentale
ha visto passare il ritmo medio di aumento dei prezzi dal 3% al 10%
e poichè il mito del consumismo non è facilmente reversibile
tutto lascia pensare che nei prossimi dieci anni il ritmo medio di
aumento dei prezzi si aggirerà sul 15-20%. Naturalmente si
verificheranno situazioni diverse in ragione delle concrete capacità
di resistere a questa tendenza manifestate dai vari sistemi economici
nazionali. La Germania appare al momento il paese meno esposto, mentre
nell'occhio del ciclone si trovano attualmente l'Italia e la Gran
Bretagna.

