GUGLIELMO
PETRONI, lucchese, Premio Strega 1974 per la narrativa con il romanzo
"La morte del fiume", edito da Mondatori; ha scritto per la
nostra rivista queste pagine che mettono in luce la portata e la validità
del poeta di Lucugnano, che, pur essendo stato uno spirito anticipatore
della cultura del nostro tempo, è pressochè sconosciuto,
o scarsamente considerato, nella terra d'origine.
La vicenda letteraria
di Girolamo Comi è pari a quella delle più rappresentative
personalità della cultura letteraria del suo tempo. La sua
formazione intellettuale inizia nella Svizzera francese, passa per
la prestigiosa Parigi dei primi anni del secolo e si conclude a Roma,
dove tra i tanti amici si lega particolarmente con Arturo Onofri.
L'affinità degli spiriti e la concordanza delle ricerche tra
i due ha provocato troppo spesso giudizi congiunti e interdipendenze
che, in qualche modo, hanno ritardato lo studio del poeta Comi come
individualità precisa.
Comi stesso infatti, commemorando l'amico, sentì il bisogno
di una precisazione: " ... non sarebbe male chiarire una volta
per tutte che l'associazione Comi-Onofri è giustificata soltanto
dall'importanza che abbiamo attribuito alla funzione della parola,
intesa come segno spirituale universale e come lievito dello sviluppo
di una poesia in via di divenire linguaggio dell'anima, atto a collegare
le esperienze più profonde dell'umana società ".
Oreste Macrì del resto, sul binomio Onofri-Comi precisa : "
non fu Comi seguace, ma coinventore, in assoluto " di quella
cosmogonia poetico-filosofica concettualmente ordinata a cui i due
poeti aspiravano.
Sono queste precisazioni che ancor oggi conviene tenere presenti,
perché chi voglia approfondire la poesia e l'umanità
di Comi in molti casi si troverà ancora davanti gli aspetti
del " sodalizio " con Onofri che può anche falsare
la giusta prospettiva che occorre per inquadrare lo scrittore salentino
nel suo tempo con la sua individualità integra.
Comunque, a meglio comprendere la non comune personalità di
Comi, la sua determinatezza verso un modo di intendere i valori della
vita e dello spirito che lo porteranno poi alla sua calda e passionale
religiosità, sarà bene riportare qui un brano di una
pagina della sua biografia che ritengo dettata direttamente da lui
stesso anche se in terza persona: " Da Parigi il giovane Comi
fu improvvisamente sbalzato in Italia dall'intervento italiano nella
guerra del 1915-18. Fu questa un'altra fondamentale esperienza per
il poeta, che già da allora manifestò il suo spirito
libero e l'insofferenza per i facili compromessi. Fu, infatti, denunziato
al Comando Militare in zona di guerra a causa di un carteggio-diario
nel quale sosteneva l'inutilità e la ridicolaggine non solo
di quel conflitto, ma di tutte le guerre che l'umanità è
in grado di risolvere con mezzi incruenti. Dal conseguente processo
scaturì una condanna di sei mesi di carcere militare, condanna
che fu, però, commutata col trasferimento in prima linea (Altopiano
d'Asiago). Benché in zona di guerra, lo zaino del poeta procurò
non poche punizioni al proprietario per essere stato riscontrato da
più ispezioni pieno di libri, invece che degli oggetti imposti
dal regolamento ".
Oggi può sembrare facile, parecchi adesso sono in grado di
capire un comportamento del, genere; ma allora eravamo nel 1915 ed
è inimmaginabile la fermezza ed il convincimento intimo che
occorrevano per pensare e soprattutto per agire in tal modo.
Già dunque Comi possedeva tutti gli elementi spirituali, tutta
la macerante convinzione che gli consentivano giudicare il mondo e
l'uomo vivendone l'imperfetta e compromessa esistenza con calore e
sensualità, cercando però quel che più tardi
lui stesso chiamerà l'assoluto, ciò che lo condurrà
a quella vocazione di solitudine e meditazione nella quale luminosamente
s'accende quella sua fede, quel suo cattolicesimo doloroso e luminoso,
almeno visto attraverso i suoi sentimenti, la sua parola e le sue
ricerche.
Quando lo incontrai ancora non si era votato all'ultima e severa solitudine
di Lucugnano. Il suo appartamento romano non distava più di
cento metri dal mio, ma io non l'avevo mai saputo. Soltanto dopo la
fine della guerra volle conoscermi, ebbi così una certa consuetudine
con la sua aristocratica ricchezza intellettuale che si stemperava
nel gesto lento e gentile, quasi raffinato, nella parola meditata,
non priva di bonomia.
Dietro tutto però, nelle lunghe serate trascorse con gli amici,
spesso si affacciava il volto più tormentato, si intuiva il
calore, per non dire il fuoco passionale con cui si mariteneva ancorato
alla sua fede, alla sua tormentata necessità di un assoluto
che contenesse i germi della redenzione.
Allora ci si poteva sentire anche un po' estranei, intimiditi come
intimidisce chiunque ha la veemenza del credere.
Del suo passato non parlava quasi mai, dal presente duro e inquietante
sembrava essersi distaccato.
Verso il 1947 la sua presenza a Roma si fece sempre più rara,
finché non smobilitò la casa per ritornare alla sua
Puglia, al suo Salento di cui fin dal suo primo apparire alla poesia
aveva conservato l'ardore e la luminosità. Il suo fu un ritorno
alle origini, fu la necessità della ricerca di un comportamento
anche pratico che rispecchiasse in qualche modo le sue aspirazioni;
perciò appunto, assieme ad alcune iniziative di carattere più
privato, nella sua casa di Lucugnano nel 1949 fondò quell'Accademia
Salentina " L'Albero " il cui scopo testualmente era ed
è tutt'oggi quello di dar vita ad " un'opera di ricognizione
interiore ed esteriore, onde possiamo sapere 'chi siamo' ".
Poco d'altro avrebbe potuto somigliare al Poeta Girolamo Comi quanto
questo fervore immesso nella sua iniziativa che fu poi seguita dalla
omonima rivista " L'Albero ". Qui l'assoluto di Comi può
metterci soggezione, può anche darci l'impressione che il suo
misticismo non fosse privo d'una certa dose di ingenuità che
andrebbe intesa come un certo candore ritrovato attraverso una vita
intensa e sanguigna come fu la sua. Comunque la si voglia guardare,
la sua fede era ansia di riconoscersi non parzialmente ma, dobbiamo
ancora una volta ripetere la parola, in assoluto.
Questa nota, che vuol essere soltanto un breve ricordo dell'amico,
affidata esclusivamente alla memoria, tralascia ogni considerazione
critica, giacché su Girolamo Comi esiste una nutritissima bibliografia
che, sempre affidandosi alla memoria, va dagli scritti di Nicola Moscardelli
a quelli di Francesco Jovine, di Carlo Betocchi, Arnaldo Bocelli,
Enrico Falqui, Giovanni Titta Rosa, Giancarlo Vigorelli e molti altri.
OPERE DI GIROLAMO COMI:
Poesia
Il Lampadario (Losanna, 1912); I rosai di qui (Roma, 1921); Smeraldi
(ivi, 1925, Boschività sotterra (ivi, 1927); Poesia, 1918-1928
(ivi, 1929); Cantico del tempo e del seme (ivi, 1930); Nel grembo
dei mattini (ivi, 1931); Cantico dell'argilla e del sangue (ivi, 1933);
Adamo. Eva (ivi, 1935); Poesia ( 1918-1938) (ivi, 1939); Spirito d'armonia,
1912-1952 (Lucugnano 1954); Canto per Eva (ivi, 1955).
Saggistica
Poesia e conoscenza (Roma, 1932); Necessità dello stato poetico
(ivi, 1934); Aristocrazia del Cattolicesimo (Modena, 1937).