Evitato il peggio
Quello di cui
si può essere certi è che verso la metà dello
scorso anno l'economia italiana era minacciata da un collasso, e all'estero
aveva perduto quasi totalmente di credibilità. Ciò spiega
la difficoltà e l'onerosità dei crediti che abbiamo
dovuto chiedere all'estero. Il pericolo è ora passato. Questo
è un punto favorevole, del quale va obiettivamente riconosciuto
il merito alla politica monetaria posta dal governatore della Banca
d'Italia saggiamente in atto, e sostenuta nonostante le spinte contrarie
e demagogiche di politiche più facili ma pericolose. La lira
si è consolidata, strisciando, ma senza ulteriori perdite,
sulla svalutazione di circa il 20 per cento rispetto al 9 febbraio
1973, quando siamo usciti dal "serpente'' e abbiamo lasciato
libera la moneta di fluttuare secondo le forze del mercato.
Preoccupante
calo della produzione industriale
Alla soglia del
secondo semestre dell'anno giova fare un esame della congiuntura dei
primi mesi dell'annata e cercare di scrutare le tendenze dei prossimi
mesi. Il dato più importante che caratterizza la situazione
è quello della produzione industriale, la quale, purtroppo,
continua a diminuire da sette mesi consecutivi (cominciando dall'ottobre
1974), paragonata con i corrispondenti mesi dell'anno precedente,
come appare dai dati seguenti.
L'Istituto Centrale
di Statistica ha iniziato il calcolo di una serie destagionalizzata,
tenendo conto del diverso numero di giorni lavorativi e di fattori
stagionali. I dati così ottenuti per periodi trimestrali sono
qui riportati: essi indicano le variazioni percentuali rispetto al
trimestre precedente.
La diminuzione non ha risparmiato nessun settore e ha colpito specialmente
l'automobile e l'edilizia. cioè le due colonne che sostengono
l'apparato economico generale per i riflessi che esercitano su un
gran numero di attività collegate. Per esempio, l'industria
automobilistica attinge agli altri settori nazionali oltre l'80 per
cento dei suoi "inputs" di materiali e servizi, attivando
direttamente e indirettamente il 16 per cento della produzione delle
industrie metallurgiche, il 16 per cento delle industrie della gomma
e della plastica, l'11 per cento dei prodotti in metallo e il 6 per
cento del materiale e forniture elettriche.
Un settore nel quale la contrazione produttiva è stata meno
grave è quello del cemento. Tuttavia si nota nel primo quadrimestre
del 1975 una diminuzione del 3,4 per cento. Però nell'Italia
meridionale si è riscontrato un aumento del 4,6 per cento,
che risulta da andamenti regionali contrastanti: aumento in Campania,
in Calabria e Basilicata, ma forte diminuzione in Puglia.
Una forte contrazione si è constatata nella produzione di acciaio
grezzo nel mese di maggio, da 2.046.000 t. (1974) a 1.780.000 t. (1975).
Un altro indicatore della perdita di quota dell'industria è
costituito dal consumo di olio. combustibile per detto settore: nel
mese di aprile esso è diminuito del 7,4 per cento rispetto
allo stesso mese del 1974; nel primo quadrimestre 1975 la riduzione
è stata dell'11,8 per cento in confronto al medesimo periodo
del 1974.
Disoccupazione
contenuta
Non ostante la
sensibile diminuzione della produzione industriale, la disoccupazione
non ha subito una ripercussione di pari inten sità. Gli iscritti
presso gli uffici di collocamento in cerca di impiego sono diminuiti
di circa 10.000 unità fra febbraio e marzo (ultimo dato conosciuto);
a un anno di distanza si è invece constatato un aumento del
5,1 per cento, che si ripartisce in +6,6 per cento nelle regioni centro-settentrionali
e +4,0 per cento nel Mezzogiorno. In quest'ultima area le va-riazioni
sono le seguenti:
Un'indagine speciale effettuata dal Ministero del lavoro ha riscontrato
che il 38 per cento degli iscritti negli uffici di collocamento sono
da considerare di "difficile collocamento" (46 per cento
in Campania, 48 per cento in Basilicata, 36 per cento in Puglia);
si tratta di persone probabilmente occupate o iscritte per poter usufruire
di facilitazioni varie.
Anche l'indagine sulle forze di lavoro (ultimi dati, gennaio 1975)
dell'Istituto Centrale di Statistica non rivela complessivamente un
aumento del numero di disoccupati rispetto al gennaio 1974.
Se il numero dei disoccupati non presenta un crescendo preoccupante,
ciò si deve ai seguenti motivi:
1) diminuzione delle ore di lavoro;
2) riduzione del lavoro straordinario;
3) forte aumento al ricorso alla Cassa integrazione guadagni.
Riguardo all'ultimo punto su indicato, le cifre dei primi quattro
mesi del 1975 danno un totale di ore integrate di 95 milioni di ore
rispetto a 20 milioni e mezzo nello stesso periodo dell'anno scorso.
Nel solo mese di aprile 1975 le ore integrate sono sei volte quelle
dello stesso mese del 1974, escluso il settore dell'edilizia.
Le "due"
bilance
La parte del cielo
congiunturale che mostra un pò di sereno è quella riguardante
la bilancia commerciale e la bilancia dei pagamenti internazionali.
Erano proprio queste due bilance che nella prima parte dell'anno scorso
avevano creato il più grave allarme con disavanzi paurosi,
creatisi specialmente per la repentina quadruplicazione del prezzo
del petrolio. Nei primi quattro mesi del 1975 le importazioni (7.617
miliardi di lire) sono diminuite dell'8,9 per cento rispetto allo
stesso periodo del 1974; le esportazioni (6.903 miliardi di lire)
sono aumentate del 23,4 per cento. Pertanto nel primo quadrimestre
del 1975 la bilancia commerciale ha presentato un disavanzo di 714
miliardi di lire imputabile a un saldo passivo di 1.430 miliardi ai
prodotti petroliferi e ad un saldo attivo di 716 miliardi per le altre
merci. Nel primo quadrimestre del 1974 il disavanzo commerciale era
stato di 2.770 miliardi contro i 714 miliardi su indicati per i primi
quattro mesi del 1975.
Così com'è migliorata la bilancia commerciale, anche
la bilancia dei pagamenti, che comprende le altre partite, oltre gli
scambi di merci (turismo, noli per trasporti, rimesse degli emigranti,
ecc.), segna da vari mesi notevoli recuperi che hanno consentito di
aumentare le nostre riserve ufficiali e, nello stesso tempo, di pagare
una parte dei nostri debiti con l'estero. In aprile la bilancia valutaria
dei pagamenti ha sfiorato il pareggio con un disavanzo di appena 38
miliardi (disavanzo di 480 miliardi nell'aprile 1974).
Da quanto si è detto si potrebbe trarre un giudizio estremamente
favorevole, senonchè ...
La diminuzione delle nostre importazioni va interpretata al suo giusto
valore. Essa è dovuta principalmente a due cause: 1) forte
diminuzione dei prezzi delle materie prime a mercato internazionale,
purtroppo non per il petrolio; 2) contrazione dei rifornimenti di
materie prime e prodotti semilavorati a causa della riduzione (cioè
della crisi) della produzione industriale.
Dobbiamo però giudicare con favore l'incremento delle esportazioni,
che riguarda non solo il valore in lire, ma anche la quantità
fisica delle merci vendute all'estero.
Sensibile aumento
delle esportazioni dalle regioni del Mezzogiorno
I movimenti valutari
relativi alle operazioni commerciali con l'estero consentono di esaminare
l'andamento di anno in anno al livello regionale e provinciale. Si
intende che i valori che ne risultano non sono completi, giacche alcune
importazioni ed esportazioni vengono effettuate in regioni diverse
di quelle di origine dei prodotti: qui i dati sono localizzati dove
avviene l'operazione commerciale.
Nel complesso per il 1974 il CentroNord figura con l'82,69 per cento
delle importazioni e l'89,98 per cento delle esportazioni di tutta
l'Italia. Per contro le regioni del Mezzogiorno costituiscono rispettivamente
il 6,10 e il 6,93 per cento.
L'incremento dei due sistemi territoriali presenta i seguenti incrementi
percentuali:
Si riscontra quindi da questi dati un forte incremento del commercio
estero delle regioni del Mezzogiorno fra il 1973 e il 1974, specialmente
per le esportazioni.
Per queste ultime forniamo le cifre del 1974, confrontate con quelle
del 1973 nelle singole regioni.
La riapertura del Canale di Suez: una possibilità per il
Mezzogiorno
Questa è
davvero una buona notizia per l'Italia, e specialmente per il Mezzogiorno.
A parte l'aspetto politico che costituisce una speranza di pace per
l'area del Mediterraneo, l'apertura di questa via d'acqua rappresenta
un fattore economico favorevole per l'attività dei porti dell'Italia
meridionale e insulare.
L'importanza di questa via non sarà più la stessa di
quella di un tempo per varie ragioni: 1) si sono costruite, durante
il periodo della chiusura, navi enormi che non possono transitare
(per ora) attraverso Suez; 2) una parte del petrolio prenderà
la via degli oleodotti; 3) l'aviazione ha sottratto una parte di viaggiatori
e turisti; 4) infine si sono creati notevoli interessi in favore dei
porti del Nord Europa che resisteranno per non perdere le loro posizioni.
Tuttavia una notevole arte di traffico marittimo riprenderà
la via del Canale di Suez e avrà effetti di un certo rilievo.
Si riprenderà, fra l'altro, la costruzione di naviglio di medie
dimensioni e si riattiverà quello già esistente, con
possibilità di un'espansione dell'attività cantieristica
nella quale anche l'Italia può avere un interesse. Ma l'Italia
può avvantaggiarsi specialmente per i lavori di manutenzione
ed altri di cui abbisognano le navi di passaggio nel Mediterraneo,
anzitutto quando fanno viaggi "vuoti".
L'importanza del Canale di Suez, alla vigilia del conflitto arabo
israeliano è documentata da queste cifre, che abbiamo elaborato
utilizzando gli Annuari della navigazione pubblicati dall'Istituto
Centrale di Statistica. L'impiego del Canale è specialmente
notevole per le merci sbarcate in Italia più che per quelle
imbarcate. Ciò si deve evidentemente ai nostri rifornimenti
di petrolio.
L'elaborazione che presentiamo pone in confronto le varie vie marittime
dei nostri rifornimenti. Suez e Gibilterra rappresentano le due vie
d'accesso prevalenti.
Poiché nel traffico complessivo ha grande rilievo il trasporto
del petrolio greggio, riportiamo anche il seguente prospetto.
Come si vede, la quasi totalità della provenienza dal Canale
di Suez è costituita dal trasporto di petrolio.
Prospettive
incerte, forse buone
L'analisi dei
principali indicatori della Congiuntura di questi primi mesi dell'anno
ci lascia perplessi sul giudizio da dare complessivamente. Come si
è visto, alcune cose sono andate bene e altre sono andate male.
L'aspetto che permane grave è quello della produzione industriale,
che significa infine possibilità di occupazione: intendiamo
occupazione effettiva non quella camuffata della Cassa integrazione.
Soltanto se la tendenza regressiva, dell'industria cesserà
e sarà seguita da una ripresa, sia pure lenta e graduale, potremo
dire che siamo usciti dal buio. Fra gli elementi da tener presenti
rispetto alle prospettive dei prossimi mesi dobbiamo citarne almeno
due. Uno è costituito dalle migliorate condizioni economiche
degli Stati Uniti per i quali gli economisti americani prevedono un
aumento dell'attivitá del 2-3 per cento nel terzo trimestre
e del 5-6 per cento per il quarto trimestre. L'altro elemento - purtroppo
pieno di incognite - è rappresentato dal rinnovo dei contratti
di lavoro ,che scadono nel prossimo autunno e riguardano circa quattro
milioni di lavoratori. Se il rinnovo dei contratti :avverrà
in un clima di serenità e si concluderà con risultati
equi, possiamo sperare in una ripresa; ma se - come da qualche parte
si è preannunciato - si andrà incontro a gravi tensioni
con una serie di scioperi e con piattaforme rivendicative superiori
alle possibilità della produzione, allora la ripresa si allontanerà.
L'interpretazione e l'uso le si farà dei risultati delle elezioni
amministrative costituiranno un altro fattore da cui potrà
dipendere l'avvio a un periodo migliore di quello degli ultimi dodici
mesi.