Oltre il limite monetario




Francesco Parrillo



1. L'economia italiana è travagliata da una drastica caduta della domanda di beni di consumo durevoli e di investimento. La situazione congiunturale è al suo punto minimo, aggravata, oltre che da fattori economico finanziari, da condizionamenti e remore psicologiche.
Il livello degli ordini è estremamente basso, l'andamento dei prezzi all'ingrosso è stagnante mentre le voci di costo aumentano, la Borsa è scesa a minimi storici, le Banche abbondano di disponibilità, che non trovano adeguata collocazione; gli impianti produttivi lavorano al 60-70%, mentre si assiste ad un allarmante, crescendo dell'utilizzo della Cassa integrazione: 126 milioni di ore integrate, tante quante in tutto l'anno '73, solo nel primo quadrimestre del '75. La disoccupazione tende ad aumentare: ai disoccupati ufficiali va aggiunto almeno un milione di persone che vivono ai margini del sistema produttivo.
Il quadro sarebbe stato ancor più grave in assenza di meccanismi, quale quello della Cassa integrazione, che attraverso la socializzazione del costo della recessione garantiscono, nel breve termine, un dato livello di domanda, evitando il collasso economico e sociale del sistema.
Il sostanziale riequilibrio della bilancia dei pagamenti, la riacquisita solvibilità della lira, il contenimento del processo inflazionistico non si sono accompagnati ad una ripresa dell'attività produttiva. In effetti, al di là dell'ottimismo di alcuni settori della stampa internazionale che hanno parlato di secondo miracolo economico, l'azione intrapresa dalle autorità preposte a riportare il sistema sotto controllo, mediante misure basate sulla restrizione del credito, l'aumento dei tassi bancari, i vincoli alle importazioni, provvedimenti fiscali, ha inciso sui livelli di occupazione e produzione, con particolari effetti sfavorevoli sulle piccole e medie imprese.
Indubbiamente la situazione nell'estate del '74 era senza via d'uscita, sicché le scelte apparivano obbligate ed in realtà la politica intrapresa dette i suoi frutti rapidamente, perché già nell'autunno si registrarono miglioramenti importanti nei prezzi e nei conti con l'estero. Tuttavia il timore di veder riapparire il male che si andava curando limitò l'efficacia quantitativa e temporale della politica volta a correggere gli effetti negativi che, sul piano economico e sociale la brusca frenata andava producendo.
Il progressivo allargamento del credito, l'abolizione del deposito obbligatorio sulle importazioni, l'eliminazione del plafond imposto alle Banche nella concessione di nuovo credito, la discesa dei tassi d'interesse, il rifinanziamento delle leggi di spesa in favore delle piccole e medie industrie, dell'edilizia e dell'agricoltura non furono sufficienti per rivitalizzare la domanda e quindi l'attività produttiva che, da più di un anno, era sottoposta ad una manovra di contenimento.
Contrasti di natura tecnico-politica sui modi e sui tempi d'intervento, oltre ai ritardi tipici della macchina burocratica, hanno bloccato, di fatto, l'operatività del "pacchetto" di provvedimenti predisposti nel primo semestre del 1975, sicché, ancora una volta, il ruolo primario è stato svolto dalla politica monetaria i cui limiti, nella fase di superamento della congiuntura, sono noti a livello scientifico e più volte riscontrati sul piano operativo.
In effetti, le decisioni del Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio del 30 gennaio sulla riforma delle riserve obbligatorie e il vincolo di portafoglio; quelle del 21 marzo, che hanno revocato i massimali sugli impieghi bancari e l'obbligo del deposito vincolato a fronte delle importazioni, oltre ad istituire un nuovo metodo nell'emissione dei Buoni Ordinari del Tesoro; quelle del 5 luglio sulla riduzione al 30% dell'obbligo di sottoscrizione dei titoli, seppure hanno realizzato un'inversione di tendenza nella politica governativa rispetto alla manovra restrittiva adottata nell'anno precedente si sono rilevate insufficienti a rianimare, da sole, l'economia italiana.
D'altronde, l'espansione della liquidità si è realizzata nell'ambito dei limiti imposti nel rispetto di impegni internazionali che prevedono dal 1 aprile 1975 al 31 marzo 1976 un flusso di credito globale di 24.700 miliardi.
La migliorata situazione di liquidità da tempo attesa, si è rivelata non idonea a suscitare gli effetti sperati, anzi eccedente la capacità di assorbimento del sistema, come i dati più recenti sembrano confermare. La domanda di credito è diminuita mostrando un andamento decrescente sia pure in modo non continuo. Sta di fatto che la percentuale d'incremento degli impieghi delle aziende di credito è passata dal 25% dell'ottobre scorso al 12,6% del mese di maggio 1975 se si considerano i dati su base annuale, dal 24% al 3,9% se si la riferimento a quelli su base trimestrale destagionalizzati.
In sostanza, ad una iniziale flessione della domanda di credito a breve termine si è accompagnata, e progressivamente consolidata, un'accentuata contrazione della richiesta di prestiti a medio termine: la riattivazione del mercato finanziario, le accresciute risorse degli istituti di credito speciale, il ripristino dei crediti agevolati non sono riusciti a dare slancio e tono agli investimenti di ampliamento, di ammodernamento, di diversificazione degli impianti delle imprese.
Paradossalmente, proprio nel 1974 - l'anno delle restrizioni creditizie - si è raggiunto un massimo storico negli investimenti privati nell'industria, con un aumento del 60% rispetto al 1973.
2. Alcuni elementi di natura squisitamente finanziaria possono avere influito su questa caduta degli investimenti, come la discontinuità dei crediti speciali ed agevolati, l'attesa di ulteriori riduzioni dei tassi attivi ma, evidentemente, debbono esistere altre cause più profonde, di carattere extra-finanziario, se il meccanismo degli investimenti si è inceppato, ed in che misura, proprio quando è stata messa in moto una politica monetaria più permissiva ed una politica creditizia rivolta a fornire più capitali a basso costo. La difficoltà di impostare programmi produttivi, la rigidità del fattore lavoro, la insufficienza della ricerca scientifica, la forte riduzione della domanda pubblica, sono tra le cause che hanno reso "esausto" l'investimento e molto pesante la sua prospettiva.
Secondo taluni studiosi si, è troppo tardato nell'attenuare la stretta sicché il cavallo si è talmente fiaccato che si rifiuta di bere.
Se fino ad un anno la gli imprenditori erano disposti ad indebitarsi nella convinzione che il costo del credito sarebbe stato assorbito dalla lievitazione dei prezzi, ora il quadro è mutato perché è mutata non solo la congiuntura nazionale, ma anche internazionale.
Dall'inflazione si è passati, in quasi tutti i paesi, alla recessione da cui si sta tentando di uscire. In tali circostanze, non è possibile affidarsi unicamente all'azione monetaria i cui effetti asimmetrici nei riguardi della domanda globale sono ormai evidenti.
Gli investimenti, è noto, sono sensibili alle variazioni del costo del denaro ed alla disponibilità di credito, ma sono altresì la componente più volatile della spesa globale e quella meno reattiva, nel breve periodo, a provvedimenti di stimolo, quando si tenga conto della componente soggettiva.
Motivi psicologici incidono sulle decisioni degli imprenditori stimolando e deprimendo volta a volta gli spiriti vitali.
Il quadro sociale deteriorato, le incertezze politiche, la problematicitá di conseguire un giusto profitto sono tutti elementi che attenuano il gusto del rischio e della imprenditorialità.
Sta di fatto che una politica di maggiore apertura creditizia ed una quantità addizionale di risorse finanziarie non sono di per se idonei ad assicurare una "automaticitá" nel processo di risalita, come l'esperienza attuale dimostra.
Non è sufficiente, quindi, portare il cavallo alla fonte per consentirgli di bere, occorre stimolarne la sete completando le misure monetarie e creditizie con provvedimenti fiancheggiatori in grado di attivare con energia la domanda.
3. Il problema del momento è di accelerare ed affinare l'azione antidepressiva, legandola con la ristrutturazione dell'apparato industriale nella direzione indicata dall'evoluzione della domanda interna ed internazionale.
A questo fine, è necessario affiancare alla politica monetaria, di per se insufficiente, una politica di spesa pubblica per investimenti in grado di svincolare il sistema dalle spire della recessione.
Non ci si può affidare alla spontaneità del mercato per risolvere i problemi attuali, tanto più che non potrà essere una azione di export-led a trarci d'impaccio. Attualmente, quasi tutti i paesi sono in difficoltà con la sola eccezione dei grandi produttori di petrolio e, nonostante che alcuni di essi siano prossimi al punto di svolta, i tempi della "recovery" sembrano slittare ulteriormente rispetto alle previsioni. D'altronde, le attese degli esperti sono piuttosto per una crisi che si può raffigurare a forma di "U" con un lungo periodo di lenta crescita prima del rilancio, che per un andamento a "V", cioè per un secco mutamento di rotta della tendenza economica.
L'amministrazione Ford si è impegnata in una politica del doppio binario contro l'inflazione e la recessione e sull'assioma secondo cui la ripresa quanto più è lenta, tanto più ha la possibilità di durare. In Germania, chi parla di sviluppo zero per il 1975 dà prova di ottimismo; il cauto comportamento del consumatore tedesco, i timori degli imprenditori privati ed i dubbi di quelli pubblici impediscono un'azione più dinamica nel settore vitale degli investimenti. Sicché, per il momento, il Paese è nel fondo della "V".
In questa condizione non sarà certo una "locomotiva" estera a trainare l'economia del nostro Paese, nè l'effervescenza dei consumi, tipica dei mesi estivi, potrà essere considerata un indice realistico di una situazione in ripresa.
Tutto lascia supporre, secondo alcuni esperti, che la situazione continuerà ancora a deteriorarsi nei prossimi mesi.
Il sistema è ad un bivio: o lo si pone in grado di utilizzare in pieno le proprie risorse, uscendo dal dilemma inflazione-recessione, stimolando gli investimenti e rinvigorendo la produttività, oppure esiste il rischio che esso venga posto ai margini degli altri Paesi industrializzati.
La priorità assoluta deve essere data al sostegno degli investimenti e dell'occupazione; è quindi necessario un piano di emergenza in grado di utilizzare il lavoro delle forze inoperanti e di riattivare in pieno gli impianti produttivi.
Ciò sarà possibile mediante una politica di massicci investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture sociali e delle abitazioni, di intenso sostegno delle esportazioni e di ampia fiscalizzazione degli oneri sociali, specialmente per le iniziative ad alta intensità di lavoro come quelle tipiche delle piccole e medie industrie e del Mezzogiorno.
Le scelte sono obbligate ed urgenti; occorre procedere in tempi brevi, superando gli ostacoli politici e burocratici, considerato che ci si trova di fronte ad una drammatica prova della verità.
C'è bisogno di fatti e non di parole, giacche è necessario avviare una grande operazione di fiducia nei riguardi dei lavoratori e degli imprenditori. In questo senso è indispensabile che le autorità si propongano obiettivi precisi, limitati e credibili da conseguire con provvedimenti operativi e non velleitari.
Il paese non chiede soluzioni miracolistiche, ma che le risorse e la buona volontà ancora esistenti possano essere valorizzate tempestivamente. Non bisogna far ricorso a misure complicate che comportano un luccichio di miliardi non trasformati in spesa ne alla piatta riconferma di una serie di impegni già presi in passato e che continua a slittare nel tempo senza realizzazioni concrete; ne è il momento di operare riconversioni, ristrutturazioni o rinnovamenti che hanno necessariamente tempi lunghi di attuazione e inizialmente scarsi effetti sull'occupazione.
Sono necessari, per contro, interventi immediati e di breve respiro, poco costosi in termini di bilancia di pagamenti e d'inflazione, ma capaci di occupare risorse inerti o sottoutilizzate.
Ciò non significa richiedere "la politica dello scavar buche", tanto per rianimare la domanda, bensì un'azione suscettibile di incidere su di una situazione che è giunta al punto di rottura per i costi sociali ed economici che essa comporta.
4. In questi giorni, è stato approvato il pacchetto di misure antirecessive che riattivano e modificano il meccanismo del credito all'esportazione: il plafond assicurativo è stato elevato a 2.500 miliardi, il Mediocredito centrale viene adeguatamente finanziato con l'aumento del Fondo di dotazione, mentre anche le esportazioni a breve termine vengono ammesse a credito agevolato. Particolare attenzione viene rivolta all'edilizia verso cui affluiranno nuovi mezzi per l'attuazione della legge 166. Gli altri settori d'intervento sono quelli noti: agricoltura, Mezzogiorno, viabilità ordinaria, programma elettronucleare, piano ferroviario, ospedali.
Si tratta ora di coordinare, di rendere compatibili, di valutare, di precisare le varie terapie definite e di attuarle senza indugio, dimostrando, coi fatti, volontà politica e capacità tecnica adeguate alla gravità della situazione.

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