Alla vigilia dell'estate
si era manifestata una tendenza abbastanza ottimistica; le speranze
di una ripresa poggiavano su alcuni indizi promettenti, specialmente:
il miglioramento - repentino, imprevisto e notevole - della bilancia
dei pagamenti e una decelerazione della spirale dei prezzi. L'agosto
è un mese scarsamente significativo, tutto preso dalle vacanze,
ma si aspettava, con una certa fiducia, di vedere come la situazione
si sarebbe presentata al ritorno dell'attività normale, fra
settembre e ottobre. La realtà ha smentito l'ottimismo e le
speranze, perché la congiuntura ha accusato un grave peggioramento.
Si sono accumulati in breve tempo una serie di elementi negativi,
che possiamo così sintetizzare: 1) la persistente contrazione
della produzione industriale estesa a tutti i settori e specialmente
nei settori chiave anticipatori dell'andamento a breve termine (siderurgia
e cemento); 2) l'imponente disavanzo del bilancio dello Stato, che
il ministro Colombo ha indicato come assolutamente invalicabile, ma
che di giorno in giorno viene purtroppo sempre più valicato;
3) lo scarso utilizzo dell'apparato produttivo che accresce i costi
costanti della produzione; 4) l'aumento della disoccupazione e sottoccupazione
e specialmente il ricorso massiccio alla Cassa integrazione guadagni;
5) la perdita strisciante del valore della moneta, che ha superato
il 20 per cento; la contrazione degli investimenti produttivi; 6)
la ripresa dell'aumento del costo della vita; 7) l'abuso dello sciopero
e l'estensione dell'assenteismo; 8) le piattaforme delle richieste
rivendicative per il rinnovo dei contratti di lavoro di oltre quattro
milioni di dipendenti: gravi non solo per l'aumento dei salari, ma
più ancora per le pretese d'interventi estesi e generalizzati
nella direzione e nelle scelte aziendali; 9) la riduzione del saggio
di sviluppo economico misurato dal reddito nazionale; 10) la situazione
politica debole, incerta, vacillante, che toglie operatività
alla condotta economica.
Questo melanconico decalogo dei record negativi che caratterizzano
l'odierna congiuntura merita un esame particolareggiato, specialmente
per taluni di essi, a cominciare dalla disoccupazione, sulla quale
disponiamo dei dati provenienti da varie fonti. I dati non coincidono,
essendo l'espressione di definizioni diverse, ma si accordano in quanto
alle tendenze che manifestano, e cioè: aumento del numero dei
disoccupati, specialmente giovani, e aumento di quello dei sottoccupati.
Secondo l'indagine campionaria sulle forze di lavoro, effettuata dall'Istituto
Centrale di Statistica, risulta che fra il luglio 1974 e il luglio
1975 il numero delle persone in cerca di occupazione è aumentato
del 17,6%, quello dei sottoccupati del 49,1%. D'altro canto il numero
degli iscritti nelle liste di collocamento del Ministero del Lavoro
è cresciuto nello stesso periodo del 13,3%.
Il quadro del mercato del lavoro si integra con i, dati delle ore
concesse dalla Cassa integrazione guadagni nell'industria (gestione
ordinaria), che sono aumentate da 20.534.282 ore nel periodo gennaio-settembre
1974 a 169.043.290 nello stesso periodo del 1975, con un incremento
del 723 per cento.
Le tre fonti suddette forniscono i dati per singole regioni, consentendo
di confrontare la dinamica della disoccupazione nelle varie parti
del territorio.

Ore lavorate
e guadagno medio
Merita ricordare
anche l'indagine effettuata periodicamente dall'Istituto Centrale
di Statistica sulle aziende che occupano almeno 500 dipendenti. Nel
periodo gennaio-luglio 1975 si sono registrate le seguenti variazioni
rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente:
1) diminuzione dello 0,3 per cento dell'indice dell'occupazione alle
dipendenze;
2) diminuzione del 6,8 per cento dell'indice delle ore lavorate mensilmente
per operaio;
3) aumento del 20,6 per cento dell'indice del guadagno medio mensile
per operaio, cioè delle retribuzioni medie corrisposte (detto
aumento è superiore a quello del costo della vita nello stesso
periodo).
Persistente
diminuzione della produzione industriale
L'indice della
produzione industriale in agosto e in settembre ha proseguito e accelerato
il declino iniziato nell'ottobre 1974: è quindi da dodici mesi
che la curva discende senza pause. Le previsioni degli operatori sono
rivolte verso un proseguimento di questa tendenza. Nei primi nove
mesi del 1975 la riduzione dell'indice della produzione si aggira
intorno al 12-13 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno
scorso. Una grave diminuzione si riscontra anche sulla produzione
di acciaio: nei primi otto mesi del 1975 essa si è contratta
del 6,2 per cento rispetto allo stesso periodo del 1974. Un'altra
diminuzione si è constatata nella produzione di cemento: da
gennaio ad agosto del 1975 è stata del 5,7 per cento.
Infine si ha una conferma del deterioramento della produzione industriale
e del complesso del quadro economico dai dati sul consumo di olio
combustibile per l'industria, che denunciano da gennaio a settembre
1975 una diminuzione del 24,8 per cento in confronto al periodo gennaio-settembre
1974. Altre diminuzioni di notevoli entità si sono verificate
(luglio 1975 su luglio 1974) nella produzione di autovetture (-12,2
per cento) e dell'energia elettrica (-3,4 per cento).
Bilancia dei
pagamenti favorevole
Ecco, finalmente,
una notizia positiva. La bilancia dei pagamenti, che comprende lo
scambio delle merci e dei servizi (turismo, rimesse degli emigranti,
noli, ecc.) si è chiusa in settembre con un disavanzo di soli
80 miliardi. Esso è stato coperto da un aumento dell'indebitamento
delle aziende di credito verso l'estero e da un peggioramento della
situazione della Banca d'Italia. Se abbiamo attribuito a questi dati
un segno favorevole è perché essi, a confronto degli
anni scorsi, indicano un notevole miglioramento. Infatti, da gennaio
a settembre 1975 il disavanzo della bilancia dei pagamenti è
stato di 463,6 miliardi di lire, che però se si considerano
i 590 miliardi di prestiti rimborsati, si traduce in un attivo di
127,4 miliardi. Nello stesso periodo del 1974 il disavanzo fu di 2.730,4
miliardi.
Anche la bilancia commerciale si presenta, in complesso, discretamente
favorevole. Nei primi otto mesi del 1975 essa ha presentato un saldo
passivo di 966 miliardi, di gran lunga inferiore di quello previsto
e temuto a seguito del grave rincaro del petrolio importato. Tralasciando
il saldo passivo di 2.913 miliardi imputabile ai prodotti petroliferi,
si ottiene un avanzo di 1.947 miliardi di lire relativo alle altre
merci. Nei primi nove mesi del 1974 il saldo risultò passivo
di 5.048 miliardi, di cui 1.754 miliardi per i prodotti non petroliferi.
E' quindi evidente il notevole miglioramento conseguito.
L'ultimo dato reso noto per il commercio estero riguarda il mese di
agosto, durante il quale le importazioni, rispetto all'agosto 1974,
sono diminuite del 18,3 per cento, mentre le esportazioni sono aumentate
del 16,1 per cento. Nel periodo gennaio-agosto 1975 le importazioni
sono diminuite dell'11,5 per cento, mentre le esportazioni sono aumentate
del 17,0 per cento. Due parole di commento su questi dati: le importazioni
sono diminuite specialmente per la contrazione della nostra produzione
industriale; le esportazioni sono aumentate per far fronte in parte
alla diminuzione della domanda interna, ma sono state effettuate con
gravi sacrifici sui costi di produzione.
Impieghi e
depositi
Nel mese di ottobre
1975 gli impieghi presso le aziende di credito sono aumentati rispetto
al mese precedente del 6,4 per cento; i depositi si sono incrementati
dell'1,3 per cento. Pertanto il rapporto impieghi/depositi è
passato da 63,5 per cento in settembre a 66,7 per cento in ottobre.
Nell'ottobre 1974 esso era 64,0.
Ripresa della
spirale di aumento dei prezzi
Tanto i prezzi
all'ingrosso quanto quelli delle materie prime di importazione e quelli
del costo della vita, che avevano presentato una pausa nei mesi precedenti,
hanno ripreso ad aumentare nel mese di settembre, con il pericolo
di una preoccupante ripresa inflazionistica. Anche per la scala mobile
si è avuto un nuovo scatto di due punti "pesanti".
Il costo degli
aumenti retributivi dei dipendenti statali
La stagione del
rinnovo dei contratti è cominciata con minacciosi squilli di
tromba. Ad essi si aggiungono le vertenze per il pubblico impiego.
I primi elementi disponibili lasciano prevedere un notevole incremento
complessivo delle retribuzioni. Il prof. Forte ha calcolato che esso
comporterà un ammontare di spesa intorno a 450 miliardi su
base annua per il settore dei dipendenti pubblici. Tale aggravio farà
aumentare nel 1976 il disavanzo del bilancio statale da 11.500 miliardi,
già previsto precedentemente, a 12 mila miliardi di lire, e
richiederà un sensibile aumento delle entrate tributarle.
Oroscopi sul
futuro: punto interrogativo senza una valida risposta
Di previsioni
a breve termine ne abbiamo parecchie, che scrutano l'orizzonte per
cercare di scorgere se spunta l'aurora. Dinanzi a noi ve ne sono ben
cinque. Esse riguardano per lo più il prodotto nazionale, che
ovviamente ha un valore di sintesi.
Nella relazione previsionale presentata al Parlamento dal ministro
del bilancio: e dal ministro del tesoro si prospetta per il 1976 una
ripresa con un incremento del reddito nazionale del due per cento;
ma più che di una previsione, si tratta di una "possibilità"
soggetta a talune ipotesi. Più interessanti, anche perché
si riferiscono ai vari settori industriali, sono le previsioni per
il 1976 dovute alla Confindustria; esse riguardano la produzione,
gli investimenti e l'occupazione. Le riferiamo qui di seguito, limitandoci
al totale dei settori produttivi.
Riteniamo che queste previsioni siano alquanto ottimistiche perché
risalgono a valutazioni fatte nella primavera del 1975, quando la
situazione economica sembrava migliore, di quella attuale.
Un documento della Comunità Economica Europea presenta un quadro
dell'incremento annuo del prodotto nazionale a prezzi e cambi costanti.
Per l'Italia il tasso di variazione è stato, del 4,2 per cento
annuo nel quinquennio 1968-1973 e dovrebbe salire al 5,3 per cento
annuo nel quinquennio 1973-1978 (ci sembrano previsioni alquanto ottimistiche).
In confronto ai tassi di sviluppo indicati per l'Italia, quelli corrispondenti
al complesso della CEE sono indicati del 4,7 per cento nel primo periodo
e dal 4 al 4,5 per cento nel secondo periodo: quindi le previsioni
per l'Italia sono migliori del complesso della Comunità.
La Sezione Economica dell'Eurofinance prevede per il 1976 rispetto
al 1975 un incremento del prodotto nazionale in Italia dell'1,0 per
cento, contro una diminuzione dell'1,5 per cento nel 1975. Per il
totale della Comunità è prevista per il 1976 una diminuzione
dell'1,0 per cento.
Infine è apparso recentemente uno studio di un gruppo di ricercatori
della Chase Econometrics che fa capo alla Chase Manhattan Bank. Si
apprende da tale studio che nel 1976 si dovrebbe conseguire una forte
ripresa economica - Stati Uniti in testa - con un notevole incremento
del prodotto nazionale; ma dal 1978 è da attendersi una grave
ricaduta delle economie dei paesi dell'Occidente. Ancora non siamo
usciti dalla crisi, e già se ne prevede un'altra a brevissimo
termine.
Che valore possiamo dare a queste previsioni così diverse e
talvolta sconcertanti? Riteniamo che meritino ben poca fiducia; per
ciò noi le abbiamo presentate come "oroscopi". Non
resta, purtroppo, che rassegnarsi a stringersi nelle spalle, e dire:
staremo a vedere.