Il passivo, aggravato
dagli "oneri latenti", sfugge alla discrezionalità del
governo. Residui passivi regionali: una terra misteriosa nella quale i
poteri centrali si avventurano con difficoltà e con ritardi di
anni.
La situazione patrimoniale degli enti di previdenza e assistenza. I debiti
degli enti locali crescono a mano a mano che si passa dalle regioni del
Nord a quelle del Centro-Italia e dei Mezzogiorno.
Ci scrive l'amico
Cosimo Prete: "In 'Le cifre dello spreco' parlate dei debiti dello
Stato e di quelli dei comuni, che hanno raggiunto livelli impressionanti.
A me pare che mai, come in questo momento, gli italiani siano vittime
del qualunquismo, dell'indifferenza verso i problemi di tutti, dello
scetticismo nei confronti delle istituzioni. La barca affonda, e noi
con la barca, ma in piena allegria, quasi in uno stato di ebbra follia:
perché? Forse, chi sopravviverà, vedrà".
Avevamo detto: deficit dello Stato per il 1976, tutto compreso, 11.515,6
miliardi. Ora sappiamo che si tratta di una realtà puramente
formale, poiché è emerso - dopo! - che occorrerà
scontare per "oneri latenti" altri 6.000 miliardi, che si
riverseranno sul bilancio all'atto della loro definizione contabile
e amministrativa. Siamo a 17.500 miliardi e rotti. Ma non è tutto.
Come ha lamentato il ministro del Tesoro, il nostro è un bilancio
che segue la china del dissesto, e non ha più pretese di guida,
limitandosi a registrare la velocità con cui precipita una vecchia
locomotiva senza freni. Le entrate aumentano del 14,9 per cento, sempre
che l'amministrazione sia in grado di esigere i tributi. Le previsioni
di spesa aumentano del 25,3 per cento: vale a dire, di oltre un quarto.
E sono spese definitivamente sfuggite a qualsiasi controllo, sottratte
"ad ogni possibilità discrezionale del governo". Basti
pensare, aggiunge il ministro, "che nel complessivo aumento di
7.697,8 miliardi di lire che si registra nei confronti del 1975, circa
l'80% viene a collocarsi proprio nei trasferimenti e negli interessi,
nelle voci cioé che, concretando l'azione di redistribuzione,
appaiono rigidamente vincolate ad un automatismo che ne determina il
divenire sulla base di decisioni assunte in epoche precedenti".
Il bilancio dello Stato si caratterizza sempre più come un bilancio
di trasferimenti. Presi i quattrini dalle tasche dei contribuenti, vengeno
passati per una proporzione che ha ormai raggiunto il 54% del totale
della spesa ad altri enti: le regioni, i comuni, gli enti previdenziali.
"Per questo motivo", osserva Colombo, "non si è
assistito a un parallelo corrispondente peggioramento della consistenza
dei residui passivi". Ma questo semplicemente perché i nuovi
residui passivi non figurano più nel bilancio dello Stato. Occorre
cercarli tra le pieghe dei bilanci delle regioni: una terra misteriosa
nella quale i poteri centrali si avventurano con difficoltà e
con ritarda di anni.
E ancora. Lo scorporo del sistema mutualistico dell'assistenza ospedaliera
ha posto a nudo le crescenti difficoltà del sistema sociale.
La situazione patrimoniale degli enti di malattia presenta un disavanzo
(al netto dell'intervento dello Stato per il ripiano dei debiti verso
gli ospedali: 2.700 miliardi, un terzo dei quali già erogati)
di circa 1.500 miliardi. A fine anno avrà un notevole incremento.
Per il settore previdenziale la situazione patrimoniale non è
diversa. Per l'Inps è previsto, alla fine del 1976, un deficit
di oltre 2.000 miliardi.
Veniamo ai debiti degli enti locali. Ecco quanto è emerso all'assemblea
dell'Anci, a Viareggio, cui hanno preso parte ottomila amministratori.
Al l. gennaio 1974 erano deficitari il 12,2% dei comuni del Nord (505
comuni su 4.177) l'88,2% dell'Italia centrale (1.450 su 1.644), e il
91,1% del Mezzogiorno (2.011 su 2.207).
(Elemento di rilievo è la "quanitità" del disavanzo
complessivo, aggravata dalla permanenza dei residui passivi per mutui
a breve termine, l'ammontare dei quali è praticamente incalcolabile,
ma sembra si aggiri sui 3.000 - 4.000 miliardi di lire).
Ma gli inghippi non stanno solo alla base né al puro livello
economico. Il New York Times del 7 ottobre scorso ha scritto che l'inettitudine
della classe politica italiana "è quasi leggendaria".
E per quel che riguarda il governo, "esso non fornisce praticamente
alcun fondo per la ricerca all'industria e all'agricoltura, malgrado
il basso livello della tecnologia italiana. Non raccoglie le tasse in
modo efficiente, diminuendo drasticamente le risorse del paese, e spreca
molto di quanto ha in salari per una burocrazia invadente ma non efficace.
( ... ) "Nei loro amichevoli rapporti con il mondo degli affari
i governi italiani si sono addossati in tutto o in parte numerose imprese
fallimentari per conservare sia i posti di lavoro dei dipendenti che
le fortune dei proprietari. Questa è solo una delle ragioni per
le quali l'intera struttura industriale e agricola dell'Italia necessita
di una modernizzazione". Entrambi i settori "sono oggi organizzati
e diretti in modo tale da competere soprattutto con i paesi sottosviluppati
che hanno salari di gran lunga più bassi: senza dubbio è
un'equazione perdente". La produzione dev'essere trasformata, "cosicché
l'Italia possa competere con le nazioni industrializzate". "I
governi di centro-sinistra che si sono succeduti in questi anni - conclude
il giornale - hanno mostrato ben poca attitudine per affrontare un simile
compito".
E che possiamo contrapporre a questa spietata radiografia, la produttività
di un usciere della Camera, il reddito terrificante della Calabria,
l'organizzazione dei sequestratari, la corruzione, il clientelismo,
la fuga dei cervelli, una scuola che crea il nuovo analfabetismo gli
ospedali che sono l'anticamera della morte, gli acquedotti asciutti,
gli aeroporti tra le montagne, gli stupri omicidi, l'immunità
parlamentare che autorizza puntuali perfidie? Dal campionario di tante,
e più che altrettante soluzioni, se non ti scoraggi a te la scelta.
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