Umile prete,
creò una pittura di rilevante tecnica, anche se limitata da un
manierismo d'obbligo.
Dal registro delle
delibere della Congregazione di "Maria Santissima dell'Immacolata"
in Taviano, che ne annota gli avvenimenti dal 1759 al 1782, rinvenuto
nel fondo di un antico cassone da corredo, unitamente a un timbro a
fumo, si rileva che i dipinti ad olio su tela, di grandi dimensioni,
collocati nella Cappella congregale, sono stati eseguiti da don Liborio
Riccio da Muro Leccese.
Lo stimolo a conoscere meglio i Salentini che si sono distinti nelle
varie discipline ci ha spinto a ricerche bibliografiche, con scarso
risultato; maggior fortuna abbiamo avuto nella ricerca delle opere conservate
nelle chiese.
Liborio Riccio è stato un semplice ed umile prete di Muro. Non
si conosce la data della sua nascita, ma solo quella della morte, avvenuta
in Muro l'11 settembre 1785. Figlio di poveri contadini, manifestò
sin dai primi anni una spiccata tendenza all'arte pittorica, tanto da
indurre i suoi ad avviarlo agli studi presso il Seminario Vescovile
di Gallipoli. Era il mezzo più economico per impartire ai giovani
un'educazione civile e soprattutto religiosa. Qui il giovane apprese
i primi elementi dell'arte pittorica e ammirò le tele del Catalano
e del Coppola. Trasferitosi a Roma, coltivò gli studi ecclesiastici,
ma principalmente si esercitò nella pittura, frequentando la
bottega di Corrado Giaquinto. Tornato a Muro, si dedicò esclusivamente
alla pittura. Eseguì composizioni di soggetti biblici, con fedele
riferimento ai costumi del tempo, cui le opere si riferivano. La sua
pittura è di rilevante tecnica. La cromatica è molto tenue,
con abbondanza di toni azzurri e gialli, tra i quali si inserisce, a
sommuovere l'armonia, il rosso. Lo stile è Barocco-Romano. Nelle
pieghettature delle stoffe e nei drappeggi, tra i chiaro-scuri, si rileva
un gioco di luci di piacevole effetto. Le figure, tra le quali si inseriscono
paesaggi immaginari, contengono una sentita spiritualità, determinata
dalla tenuità dei colori e dalla serenità espressiva.
Temi ed espressioni, certamente derivati al Riccio dallo studio delle
opere del Solimena, che gli erano ben note.
L'arte del Nostro scivola facilmente nel manierismo, perché lavorava
quasi esclusivamente su commissione ed era costretto, quindi, a seguire
i desideri dei committenti, i quali, non di rado, richiedevano repliche
di opere già eseguite per altre chiese. Ciò si rileva
anche dal libro delle delibere, ove si legge: "Il prefetto della
congregazione fa la seguente proposizione: - Fratelli miei in Cristo,
vi propongo di ordinare al pittore don Liborio Riccio da Muro quattro
quadri raffiguranti li quattro Profeti, come quelli della Chiesa della
Purità in Gallipoli per il prezzo di ducati diece - I fratelli
tutti approvano, sine nemine disceptare".
Ritroviamo le opere più notevoli: nella Parrocchiale di Muro,
una composizione affollata da oltre cento figure; Giuditta che mostra
la testa di Oloferne; il Sacrificio di Abramo, questo e il precedente
replicati per la Cappella dell'Immacolata in Taviano; i quattro Profeti
della chiesa della Purità in Gallipoli, ripetuti per la stessa
Cappella; la Vergine col Bambino nella Cattedrale di Muro e nell'Immacolata;
l'adorazione dei Magi; l'Assunzione della Vergine; l'Annunciazione;
la Cacciata di Eliodoro dal Tempio. Per una bibliografia essenziale
segnaliamo: Pietro Marti, Ruderi e Monumenti nella penisola salentina
Lecce 1932; C. De Giorgi, La provincia di Lecce Bozzetti, Lecce 1883;
C. Arditi, Coreografia Fisica e storica della Provincia di Terra d'Otranto,
Lecce 1870.
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