Nell'occhio del tifone




Luigi De Mitri



E' una storia che capita puntualmente in quasi tutti i paesi occidentali, a regime pluralistico. Dentro il blocco comunista, il regime di inconvertibilità, il particolare sistema di scambi, le inflessibili linee in cui sono chiuse le pianificazioni, nel breve o medio periodo, (un anno, cinque anni), producono altri effetti: mettono al riparo da clamorose crisi monetarie; distribuiscono fra le masse gli effetti del go and stop, dei progressi e delle cadute dell'economia. Non è che, nel complesso, ,Il male sia minore, è che ciascuno paga la sua parte di crisi, la quota di inflazione e di aumento dei prezzi. Così, tutto è meno appariscente. E per uomini che sono abituati a considerare cose d'un altro pianeta i beni di consumo che invece per gli occidentali sono fin troppo a portata di mano - e di portafogli -, per masse dal cui comportamento socio-antropologico sono stati cancellati non solo lo spirito e i concetti, ma anche la sola tentazione della privata imprenditorialità, una nuova stretta di cinghia generale è considerata di normale amministrazione.
Dunque, la malattia è più micidiale da noi. Non a caso, abbiamo inventato un Keynes da opporre alle profezie di Karl Marx. Solo che ora né Marx né Keynes bastano più. I nipoti del primo sono costretti a importare milioni di tonnellate di grano capitalista, mentre i nipoti del secondo hanno segnato a Nairobi, a Washington, a Rambouillet, a Kingston, le tappe dei loro consulti alla ricerca di una terapia che, guarendo alcune aree, non ne danneggiasse altre.
Kingston è in Giamaica, terra disperata. In quest'ultima, e forse simbolica tappa, su proposta statunitense, si abbandonò l'oro come strumento monetario e si deliberò legalizzandola, la libera fluttuazione delle divise. Cosa significa l'abbandono dell'oro, cancellato dagli statuti del Fondo Monetario Internazionale? Press'a poco questo: per ristabilire un difetto di circolazione ematica, si tolse al sangue la sua linfa, sostituendola con un prodotto chimico artificiale, cui la splendida immaginazione italiana diede il nome di "Diritti speciali di prelievo". Ai lingotti si sostituirono delle scritture di carta. E che cos'è il principio della libera fluttuazione? Un invito a chiudersi ciascuno nel proprio bunker per sottrarsi ai colpi della bufera; poi, chi vivrà vedrà. L'ordinamento fondato sulle parità stabili resta sempre l'obiettivo ultimo da perseguire, ma è un obiettivo che va perdendo i suoi contorni precisi e assume l'aspetto di un'ipotesi, una teoria obbligatoria. Nel medio periodo, può diventare una pura astrazione.
Cosa ci si aspetta da quelle due decisioni? Che conducano, in un clima di onestà economica e di solidarietà internazionale, a un equilibrio delle parità che rifletta le forze e le capacità reali delle singole economie, la loro possibilità o impossibilità di svilupparsi. Una volta realizzato in prospettiva durevole questo equilibrio, sarà possibile progettare e rendere operativo un nuovo sistema di parità fiscale. E qui è il machiavello. Perché? perché onestà delle economie e solidarietà internazionale possono emergere in una loro reale o apparente funzionalità solo in situazioni di alte tensioni mondiali, e in un sistema di alleanze che globalmente difendano interessi territoriali, spazi strategici, influenze ideologiche, grandi mercati di esportazione e di consumo. Ma vanno considerati, fenomeni alquanto aleatori in tempi di pace e tregua politica. Ci riferiamo, ovviamente, al quadro monetario, che è all'origine di tutta una serie di geometrie politico-economiche derivate. In questo quadro, se la Svizzera può essere indicata come un modello classico di porto franco per l'afflusso di capitali legali e illegali che muovono catene di montaggio di business and affairs il cui unico decoro - a volte - è costituito dal più assoluto riserbo, altri paesi non si fanno, scrupolo di ricorrere a mezzi e strumenti, anche estremamente scorretti, per manovrare capitali in fuga, capitali da speculazione, capitali-bucanieri. Come, ad esempio, il Canada. Il Canada è di moda, è la meta prescelta dagli esportatori clandestini di lire. E non si pensi alla storia romantica dello "spallone" che travalica frontiere alpine o atlantiche nelle notti da sotto-zero. L'espatrio dei capitali è ormai un'operazione sofisticata che alla luce del sole realizzano multinazionali, imprese import-export con sovra-sotto-fatturazioni, società per investimenti "con minimo garantito", eccetera. Mille rivoli hanno formato un fiume enorme, costantemente emorragico, che l'Italia non sa contenere e prosciugare.
Fluttuazione, dunque., Che - come è stato detto - rende superflue le svalutazioni o le rivalutazioni formali. Ha enormi vantaggi, per i ripari che offre. Ma altrettanto enormi svantaggi, dal momento che le oscillazioni dei cambi possono dipendere da cause extraeconomiche, dagli scarti cardiaci della politica di un paese (com'è stato nel caso dell'Italia), dal conseguente disorientamento dei cittadini, dal panico che ne deriva, dal cataclisma che si crea con la catena di contraccolpi sulle monete vicine e sulle monete deboli. Che sia stata la politica a determinare il tracollo della lira (la nostra incredibile politica, e le "reazioni" internazionali che ha provocato) è fuori discussione. Ma altrettanto indubbio è che il giro fasullo di interessi intrecciati doveva sboccare prima o poi nello sfascio. Abbiamo detto della rapacità e del cinismo delle, economie svizzera e canadese; ma quella sovietica gioca al dumping con le ex Fiat e con i noli marittimi; quella rumena fabbrica vestiti "made in Italy" con manodopera sottocosto; quella francese è notevolmente ricattatrice, e quella tunisina si è formata alla scuola di Parigi; quella della CEE paga i paesi ricchi a spese dei paesi poveri; quella petroliera è ormai capace di qualunque perfidia e qualsiasi tradimento.
E all'interno? Il discorso, complesso, può così riassumersi: avevamo avuto un discreto 1975, ma "sapevamo" che i nodi sarebbero venuti al pettine quest'anno. Eppure, chi ha mosso un dito per parare i colpi? La giungla retributiva è una perfetta anarchia funzionante; gli scioperi corporativi sono all'ordine del giorno; l'anagrafe tributaria e stata bloccata da coloro i quali, evidentemente, sono in grado di tirare i fili della politica e dell'economia; ceto medio e reddito fisso sono stravolti dal vampirismo fiscale, mentre gruppi e cosche privilegiate sfuggono a qualsiasi controllo; previdenza e assistenza sanitaria sono latitanti; morta la nostra ricerca scientifica, siamo giustamente ritenuti ladri internazionali di brevetti; la produttività è ridotta a una scienza da marziani; chiudono migliaia di piccole e medie imprese, poiché si è soffocata la spinta che generava l'iniziativa, il profitto, ritenuto colpa inammissibile e prevaricatrice; industrie parassitarie sono sostenute con i quattrini di tutti in nome di assurdi propositi sociali e d'occupazione, mentre nulla si la per un milione e 800 mila disoccupati, in gran parte giovani, e giovani col "pezzo di carta"; si sono incentivate imprese d'avventura che poi son crollate sul vuoto manageriale; una pazzesca proposta politica indica nella totale fiscalizzazione degli oneri sociali la nuova frontiera dell'imprenditorialità: come dire: non resta allo Stato che pagare anche gli stipendi ai nuovi dipendenti delle industrie, e la collettivizzazione sarà a portata di mano; accordi internazionali firmati anche poco fa (quello per la pesca nelle acque tunisine), si ritorcono contro di noi, soprattutto contro il Sud che vedrà i propri mercati invasi - per esempio - da un oceano d'olio d'oliva (mentre nei magazzini dell'Aima sono invenduti un milione e 200.000 tonnellate di olio italiano); si insiste sulla realizzazione di aree industriali deficitarie in partenza (Gioia Tauro e il Quinto Centro Siderurgico); si promettono industrie che non potranno essere mai realizzate (la Sangrochimica, in Molise); uomini privi d'una qualunque preparazione tecnica occupano posti di altissima responsabilità; all'efficenza tedesca d'un ministero dell'Economia e dell'Educazione, noi - bizantini in tutto -opponiamo ben cinque ministeri: Tesoro, Finanze, Bilancio, Pubblica Istruzione e Beni Culturali, con altrettanti eserciti burocratici, con una complicata geografia delle competenze, con interessi incrociati, con clientelismi accaniti; "burocrate", in Francia, è chi, possedendo una laurea e si specializza in un'alta scuola, e poche migliaia di burocrati così intesi hanno in pugno le sorti di un sistema efficiente di servizi dello Stato; burocrate, da noi, nella massima parte dei casi è un profugo dell'impreparazione, un emigrato dalla cosca politica che si "imbrana" nell'area dello stipendio statale e del marasma delle pratiche irrisolte, un rappresentante tipico dell'improvvisazione, e della presunzione, che può essere in grado di condizionare una burocrazia intelligente e creativa e produttiva, che c'è, e lavora, ma non può riparare ai danni causati dagli altri. E su questo quadro desolante, pur nella sua sommarietà e incompletezza, su questo panorama che fa del nostro un "Paese bananiero", emerge la classe politica che, a conti fatti, e senza mezzi termini, ci meritiamo.
Non ha senso discutere delle disavventure della lira, fingendo di gettare in mare il groviglio di problemi di ordine politico, economico, sociale e morale che sono in campo. E' come pretendere che un moribondo scali l'Everest. Ci sono enormi questioni di bonifica, di ricostruzione, di slancio, di pulizia, di competenza, di correttezza, di iniziativa di chiarezza. Il lavoro è sterminato: il problema non è da quale parte cominciare. E' che si cominci al più presto.

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