Delle diciannove
zone omogenee in cui è divisa la Puglia, tre riguardano i comuni
della provincia di Lecce, con una serie di rilevazioni statistiche settoriali
di cui si dovrà tener conto per ogni valida azione di sviluppo
programmato.
Qual'è la
posizione socio-economica della Penisola Salentina nel più vasto
e complesso quadro nazionale? E quali sono i presupposti dell'intervento
pubblico e privato per un riequilibrio degli scompensi esistenti da
area ad area, e per una chiara visione della produttività degli
investimenti? In altri termini, quali infrastrutture, che tipi di beni,
servizi, forze di lavoro, qualità del territorio, sono disponibili,
e di conseguenza, che tipo di discorso socio-economico può aprirsi
per l'immediato futuro? A queste domande risponde un'indagine dell'Unioncamere
sulle "Aree socio-economiche in Italia", condotta in collaborazione
con le Camere di Commercio, Industria e Agricoltura. La ricerca, dal
punto di vista strutturale, ha individuato in tutta Italia 338 aree
"gravitazionali"; in Puglia, 19; tre, invece, riguardano direttamente
l'intero Salento.
Per l'individuazione di queste aree di gravitazione e di integrazione,
l'indagine è stata articolata attraverso diverse fasi:
l. - individuazione dei capoluoghi di area;
2. - delimitazione teorica dei confini delle aree;
3. - delimitazione dei confini delle aree, m base ai sopralluoghi.
La prima fase doveva 'individuare quali fossero i centri urbani capaci
di assolvere al compito di capoluoghi di area, i quali dovevano presentare:
servizi medico-sanitari: almeno un istituto di cura;
servizi scolastici: almeno due istituti medi superiori;
servizi commerciali: presenza di attrezzature commerciali all'ingrosso
e al dettaglio specializzate (oreficerie, articoli sportivi, pelliccerie,
automobili, mobili, ottica, ecc.);
attrezzatura creditizia: almeno due sportelli bancari;
attrezzatura ricettiva: almeno un albergo;
liberi professionisti: presenza di notai, avvocati, commercialisti,
medici specialisti (dentisti, pediatri, ginecologi, otoiatri), ingegneri
ed architetti;
servizi ricreativi e culturali: presenza di cinematografi, campi e attrezzature
sportive, biblioteca;
pubblici uffici: tribunale, o, al minimo, pretura; uffici finanziari,
sedi distaccate di enti assistenziali e mutualistici;
attività produttive: indice di industrializzazione o terziarizzazione
superiore alla media regionale.
Definite le scelte dei capoluoghi di area, si sono delimitate le aree
di attrazione, cioè degli àmbiti territoriali entro i
quali, con carattere di prevalenza e normalità, ogni centro esercita
la sua influenza socio-economica. Per quel che riguarda i tre centri
della penisola Salentina, i capoluoghi di area sono così risultati:
Casarano-Gallipoli, con un'area di gravitazione di sedici comuni, una
superficie territoriale di 47.476 ettari, una popolazione presente di
123.927 abitanti;
Lecce, con un'area di gravitazione di trentotto comuni, una superficie
territoriale di 149.863 ettari, una popolazione presente di 377.195
abitanti;
Maglie-Tricase, con un'area di gravitazione di quarantuno comuni, una
superficie territoriale di 81.811 ettari, e una popolazione presente
di 164.617 abitanti.
SALENTO IN CIFRE
Osservando la variazione
demografica avvenuta nel periodo 1951-1971 si nota che la provincia
di Lecce in complesso ha avuto un incremento di 72.598 abitanti, pari
all'11,6 per cento (13,9 per cento la media nazionale). Soltanto 22
comuni hanno registrato diminuzioni, peraltro abbastanza lievi, del
numero di abitanti. Tale fatto contrasta con l'andamento generale delle
altre province italiane, dove si assiste a un esodo massiccio dai comuni
minori verso i grandi centri. Gli incrementi di popolazione più
notevoli si sono avuti nei comuni di Cavallino (59,6%), Lecce (30,1%),
Montesano Salentino (32,0%), Scorrano (34,5%), Surbo (33,9%), Taurisano
(31,4%) e Veglie (31,4%).
Abbiamo rilevato che nel periodo 51-71 si è registrato un incremento
di 72.598 abitanti: nello stesso periodo si è avuto un saldo
naturale attivo (nati meno morti) di 188.192 abitanti, per cui il numero
di persone che hanno lasciato la nostra provincia ammonta a 115.594,
di cui 78.808 nell'ultimo decennio.
Nel 1971, rispetto al 1961, non si sono avute variazioni notevoli nella
composizione della popolazione per classi di età. Contrariamente
a quanto si rileva nell'intero territorio nazionale, la popolazione
minore è rimasta sulla stessa quota, mentre nelle classi più
anziane si è avuto un lievissimo aumento. Una certa diminuzione
si nota nella popolazione compresa fra i 20 e i 40 anni.
Dopo Brindisi, la provincia di Lecce presenta il più alto tasso
di attività nel Mezzogiorno,. Ciò è dovuto al carattere
prevalentemente agricolo della provincia e al lavoro svolto dalle donne
in questo settore come coadiuvanti. Infatti, il tasso di attività
femminile è del 39,8 per cento contro una media nazionale del
25,1 per cento. L'agricoltura assorbe il 41 per cento della popolazione
in condizione professionale (17,2 per cento la media nazionale), mentre
all'industria è dedicato il 34,1 per cento (media nazionale pari
a 44,4 per cento).
Per quanto concerne la popolazione non attiva, il 17,1 per cento è
costituito da studenti (13,3% la media nazionale); il 35,0 da casalinghe
(54,3% media nazionale); e il 43,9 da persone ritirate dal lavoro (28,2%
media nazionale).
Nella provincia vi sono 220.402 abitazioni, di cui 184.552 occupate,
con 655.637 stanze, cifra inferiore al numero degli abitanti. La situazione
dei servizi esistenti all'interno delle abitazioni è estremamente
carente: oltre la metà non dispone di acqua potabile e circa
un terzo non ha gabinetto. Solo il 43% usa l'elettricità per
altri usi oltre che per I'illuminazione (77% media nazionale), e solo
il 4% dispone di riscaldamento centrale (27% media nazionale,).
Dai dati che abbiamo estrapolato, si possono rilevare le seguenti caratteristiche:
in totale, le tre aree salentine registrano la presenza di circa sessantottomila
analfabeti, in massima parte di età avanzata, e dunque retaggio
dell'antica arretratezza della regione; le unità fornite di titolo
di studio (diplomati e laureati) ammontano invece a oltre 44 mila.
Per quel che riguarda
la popolazione attiva, si hanno i seguenti dati: nei comuni dell'area
Casarano-Gallipoli gli addetti alle attività extragricole sono
inferiori a quelli addetti all'agricoltura; nelle altre due aree, invece,
l'agricoltura registra forze di lavoro manifestamente minoritarie. Da
sottolineare che l'industria manifatturiera, malgrado i progressi degli
ultimi anni, presenta un'occupazione assai modesta: poco più
di ottomila unità produttive nelle tre aree occupano complessivamente
24.628 addetti, con un'assoluta preminenza occupazionale nell'area di
Lecce.
Per quanto concerne l'attrezzatura commerciale, le licenze all'ingrosso
nelle tre aree salentine sfiorano le 720, mentre quelle al dettaglio
(per i settori alimentare, tessile, della meccanica, e vari) sono 13.364,
con una spiccata maggioranza per quelle alimentari.
Limitato il numero degli alberghi (71 per tutte le categorie), e su
una discreta media quello dei ristoranti (circa 1.300 nelle tre aree).
Esistono un solo supermercato e tre grandi magazzini: tutti nell'area
di Lecce. Fuori statistica - è un nostro rilevamento aggiuntivo
- un grande magazzino a Gallipoli, comprendente anche un settore supermarket,
di recentissima realizzazione.
Per quanto riguarda la frequenza scolastica, va sottolineata l'insufficienza
delle aule e dei servizi connessi, con problemi che si aggravano, e
non solo dal punto di vista strutturale, a mano a mano che si passa
dall'area, diciamo così, "privilegiata", quella di
Lecce, a quella di Maglie-Tricase, e più ancora a quella di Gallipoli-Casarano.
Analogo discorso può farsi per i posti letto disponibili nelle
singole aree, sia negli istituti di cura pubblici che in quelli privati.
Per quanto riguarda gli istituti per lungodegenti, va messo in evidenza
che l'indagine (che ne rileva due per l'area di Lecce, con 1.618 posti-letto)
non può tener conto dei due che sorgeranno nelle altre due aree,
con finanziamenti straordinari, per un totale di postiletto impossibile
da precisare allo stato attuale.
Infine, gli indicatori del livello economico: abbastanza diffuso l'abbonamento
radiotelevisivo, in tumultuosa crescita il numero di autovetture in
circolazione, stabile la spesa globale per gli spettacoli cinematografici
(mentre in molte altre aree italiane questa ha registrato cospicue flessioni).
Appare insufficiente, infine, il numero degli sportelli bancari disponibili
(114 nelle tre aree), soprattutto tenendo conto dell'ormai avvenuta
trasformazione delle banche in più moderni "servizi sociali",
per i contatti e i rapporti con un numero di "clienti" che
nel corso degli ultimi cinque anni si è pressochè quadruplicato.
Dall'insieme delle rilevazioni appare chiaro innanzitutto questo: che
l'area di gravitazione e di integrazione di Lecce dispone mediamente
di beni, servizi, infrastrutture almeno doppie rispetto a quella di
Maglie-Tricase; la quale, a sua volta, raddoppia gli indici rispetto
all'area Casarano-Gallipoli. "Mediamente", abbiamo detto:
cioè con tutte le possibili varianti, i recuperi in alcuni settori,
gli indici meno squilibrati in altri. Ma la graduatoria è evidente,
e dunque palmare è la necessità di interventi programmati
"dal basso", che coinvolgano in un processo di sviluppo prima
l'area più carente, poi le altre; o in ogni caso, prima le due
più deboli, al fine di evitare l'aggravarsi degli sbilanci, che
fanno del territorio occidentale della Penisola Salentina una vera e
propria terra da pionierismo, soprattutto a livello di occupazione,
di disponibilità di beni civili e sociali, di attrezzature più
moderne.
Non a caso, proprio questa fascia è quella che è stata
colpita dalle più massiccie emigrazioni, relativamente alla popolazione
residente; ed è quella in cui le occasioni di lavoro - ove si
escluda il "rifugio" terziario, che si gonfia in ogni tempo
di crisi - sono limitate ad un'agricoltura che solo fra poco - almeno,
così è dato sperare - conoscerà una razionale e
diffusa irrigazione e ad attività manifatturiere che sono soltanto
episodiche, occasionali, e talora disperate.
Discorso, al limite, che può essere generalizzato per l'intero
Salento, nel momento in cui (superando gli stessi dati dell'indagine
dell'Unioncamere e la loro preziosa radiografia) si pensi, alla crisi
radicale che ha investito notissimi impianti produttivi, o per giochi
personali degli imprenditori, o per insufficienti appoggi pubblici.
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