§ Documenti della nostra storia civile

Masserie Salentine




Enzo Panareo



Nella variata geografia del paesaggio agrario italiano, questi insediamenti di carattere comunitario, in conseguenza delle vicende storiche ed economiche della regione nella quale sorsero, mostrano ancora caratteristiche architettoniche e funzionali ben precise che il tempo e gli eventi solo in parte hanno modificato.

Affondate in un paesaggio pianeggiante che si allontana all'orizzonte, come grigi fortilizzi in una campagna distesa tra gli uliveti che si dilungano a perdita d'occhio e le culture che si lasciano mollemente carezzare dal vento marino, le masserie, dove ancora abitate e dove abbandonate e ridotte allo stato di ruderi, punteggiano con le loro severe e solenni architetture la penisola salentina. Nella variata geografia del paesaggio agrario italiano - alla cui conoscenza sistematica sul piano storico un contributo fondamentale e stato da non molto fornito dal Sereni (1) - questi insediamenti di carattere comunitario, in conseguenza delle vicende storiche ed economiche della regione nella quale sorsero, mostrano ancora caratteristiche architettoniche, e funzionali naturalmente, ben precise che il tempo e gli eventi solo in parte hanno modificato, lasciando dunque inalterato il nucleo originario dalla cui analisi si può ricavare, nelle grandi linee, buona parte della storia, sia civile che economica. della regione. Lontanissima nei secoli, e legata a vicende il più delle volte travaglíate, è l'origine di molle delle masserie salentine. Qualcuna di esse -ma forse solo il suo nucleo originario o, addirittura, la sola zona d'insediamento - si vuol far risalire alla colonizzazione romana, quando l'antico agro romano, suddiviso, fu dato in beneficio ai soldati che parteciparono alla conquista della Magna Grecia. Più verosimilmente, molte risalgono al momento feudale in senso lato come momento di una economia rurale accentrata e necessariamente autosufficiente, mentre altre, parallelamente, rísalgono ad insediamenti monastici - ricorre spesso, infatti, la denominazione di Masseria dei Monaci - che nel Medio Evo istituirono una loro economia con la quale alimentare la comunità monastica, ma anche effettuare traffici con i prodotti della terra e dell'allevamento del bestiame.

E' noto, infatti, che molte delle consuetudini che ancora vigono nel Mezzogiorno italiano, e nella fascia sudorientale della penisola particolarmente, sia per quanto attiene alle culture che per quel che riguarda l'organizzazione agraria, risalgono all'iniziativa dei monaci bizantini, quando questi, trasferitisi in Occidente dall'Oriente, dettero vita ad un'agricoltura efficiente per metodi lungamente studiati. Altre masserie sono di epoca più vicina a noi e rivelano sia nell'impiego dei materiali da costruzione che nella disposizione degli edifici o nei caratteri architettonici o negli elementi edilizi destinati ai singoli servizi, il momento storico ed il tipo di economia rurale, con le diverse implicazioni di natura socio-economica, in conseguenza dei quali sorsero. Se soltanto si la attenzione alle denominazioni - caratteristiche, giunte fino a noi a testimoniare un passato gravido di eventi - delle molte masserie salentine s'intuisce facilmente, o si ricostruisce attraverso attente letture delle carte d'archivio, i diversi catasti o i contratti di locazione o di compravendita o le numerose controversie tra privati ed enti pubblici o tra privati e privati per motivi di confini o di possesso, la loro origine e le loro vicissitudini. Di molte di esse resta la denominazione, magari corrotta, dell'antico feudatario che le possedette - il cui stemma gentilizio, presente nel castello, è ripetuto sull'arco d'ingresso della masseria o nel corpo di fabbrica principale, che talvolta servi al feudatario stesso come sede di villeggiatura estiva - ed al quale, in fondo, come risulta da alcune controversie, servirono come limite di tenimenti. Una ipotesi, facilmente confutabile d'altronde, del Tasselli vuole che il nome di Maglie (2) sia risultato, tenendo presente qualche dato oggettivo, dalle tre chiesette o dalle tre torri, di S. Eligio, S. Basilio, S. Vito, o dalle tre masserie che unite, come tre maglie di una catena, avrebbero dato il nome al paese.

Di altre la denominazione risultò dalla consistenza fondiaria o dalla più o meno recente costruzione -Masseria Nuova o Nova, Masseria grande o Piccinna - o dalla vicinanza di torri di vedetta -Masseria dell'Orso, Masseria dell'Alto, in prossimità delle torri omonime - o da clamorosi eventi storici dei quali il terreno sul quale sorsero furono teatro - Masseria Torre Mozza, Masseria dei Turchi -, Altre ancora trassero la denominazione da vicini boschi o dagli alberi che vi predominavano - Masseria Brufichi, Masseria delle canne -. Altre ancora., e forse la maggior parte, trassero il nome da santi, in ricordo di antiche cappelle preesistenti sul luogo o edificate all'interno della masseria stessa o immediatamente fuori del suo perimetro, specialmente quando la masseria aveva, per l'estensione e per la notevole somma dei servizi, il carattere di insediamento più vasto, al punto da pervenire al carattere di masseriavillaggio. In alcune di esse, infatti, specialmente in quelle del tipo fortificato, è visibile sul locale che serviva da cappella, e che in qualche caso resiste, il caratteristico campanile a vela con la campana visibile sui due lati. Le masserie che trassero la loro denominazione dai santi della liturgia bizantina furono forse le più numerose all'origine, come insediamenti monastici che il tramonto del rito greco in Terra d'Otranto fatalmente disperse, quando non furono brutalmente distrutti, insieme con altri di altra origine, dalle invasioni turchesche o dalle scorrerie di corsari e di briganti. D'altronde, proprio per resistere alle insidie che repentinamente venivano dal mare, o dall'interno in periodi di sommosse di natura politica o in periodi in cui i briganti ínfestavano le campagne, molte masserie si trasformarono nel tipo fortificato o, ma raramente, sorsero con fortificazioní che dovevano servire all'avvistamento del pericolo e ad una prima resistenza, fino a quando cioè, partito l'allarme da torri di vedetta situate nei pressi o avvertite, non intervenivano le milizie che stazionavano nei castelli. Elementi fondamentali della fortificazione furono nelle masserie la torre o il recinto con torre, elementi che arricchiti, secondo le esigenze, nel corpo di fabbrica con altri elementi - caditoie, feritoie, garitte pensili - finirono con il dare alla masseria l'aspetto di un piccolo castello o. quanto meno, di un fortilizio, non facile da espugnare subito. Resta, comunque, la torre di avvistamento e di difesa, di forma prismatica o cilindrica, l'elemento difensivo principale che poteva, al limite, raccogliere anche l'insieme dei servizi della masseria. D'altronde, per quanto riguarda alcune masserie, è possibile pensare a villaggi rivieraschí o poco più interni che, sotto l'incalzare delle invasioni turchesche o delle scorrerie dal mare, furono abbandonati dai loro abitanti e poi rioccupati dai superstiti, pochissimi, dediti all'agricoltura, i quali riducevano l'antico villaggio a masseria, conservando a questa certe caratteristiche d'insediamento che andavano al di là della piccola comunità agraria. Certo è che le vicende storiche. non sempre tranquille, della regione salentina ed i massicci rivolgimenti sociali determinatisi nei secoli influirono notevolmente sulla tipologia delle masserie e sui loro passaggi da un proprietario all'altro. Inoltre, la varietà ed i ritmi delle culture ed il carattere degli allevamenti determinarono, il più delle volte, il tipo di economia rurale della regione. Furono, pertanto, queste comunità più o meno vaste, secondo certe circostanze - distanza dal centro abitato, natura del terreno, esposizione -, a prevalente tipo patriarcale, che nella conduzione dell'azienda non si sottraeva a rigorose norme di carattere industriale, a stabilire l'asse princípale dell'economia salentina e le influenze, estensivamente anche sul piano politico, che questa esercitava sulle altre regioni o che da queste subiva.

La masseria nel Salento presenta caratteristiche d'impianto, e di funzionalità dunque, scaturenti dal fatto che questa estrema regione peninsulare non ha mai avuto la grande proprietà latifondística che è stata tipica di altre zone del Mezzogiorno italiano. In uno studio, come quello condotto con rigore di metodo e larghezza di documentazione dallo Spano, (3) su insediamenti e dimore rurali della Puglia centro-meridionale, la masseria salentina occupa un posto a parte. Masseria, dunque, prevalentemente di piccolo impianto, con locali e spazi esterni ridotti all'essenziale, anche se non privi di quella capacità indispensabile al buon andamento dell'azienda, al razionale sfruttamento delle risorse del suolo e dell'allevamento. A questi fini, d'altronde, interviene l'antica saggezza e la collaudata esperienza del contadino salentino. Più che la masseria nel senso pieno del termine, allora, è la masseriola che predomina nel Salento, quella che si distingue dalle altre, di altre regioni meridionali - si pensi ai grandi impianti delle regioni murgiane -, per la semplicità delle strutture. Solo in pochi casi, largamente giustificati da antiche condizioni storiche e fondiaríe, la masseria salentina presenta complessità di locali ed ampiezza di spazi esterni. D'altra parte, la stessa configurazione della penisola salentina, con zone ricche di agglomerati urbani anche se a livello di villaggi, ed il continuo modificarsi della proprietà fondiaría, soggetta a ripetute detrazioni per vicende di carattere storico e familiare, hanno contribuito a configurare, così come oggi essa si presenta, la masseria salentina. I modesti comprensorí fondíari che della masseria fanno parte non hanno mai richiesto la complessità di costruzioni e l'ampiezza di spazi esterni che sono tipici delle masserie del barese e del foggíano. Altri fattori, comunque - spopolamento delle campagne, sviluppo della viabilità, diffusione del trasporto motorizzato -, hanno di gran lunga ridotto, in epoca recente, sul piano delle strutture architettoniche particolarmente, certe esigenze dell'antica masseria salentina. Che nello schema fondamentale resta con l'impianto a corte, nella duplice versione di corte circostante il corpo dei fabbricati o di corte laterale, ed una serie di elementi edilizi, accorpati o disposti a schiera, necessari alla duplice attività dell'azienda: l'agricoltura estensiva e la pastorizia ovina. La corte (curti o 'ncurtaturu) è una recinzione realizzata con pietre a secco, talvolta abbastanza alta, che diventa in muratura nel momento in cui si allaccia alla casa o alla serie degli edifici. Questi, a loro volta, offrono la varietà dei servizi indispensabili alla conduzione dell'azienda, dalla casa del massaro e della sua famiglia, alle case dei lavoranti, fissi o stagionali, alle stalle, ai depositi degli attrezzi e delle derrate, ai locali per la lavorazione dei prodotti dell'allevamento. Ovviamente, questi locali sono disposti in maniera da consentire nei diversi momenti della giornata un svolgimento del lavoro, sia interno alla masseria, che esterno nei momenti di transito. Ed è appunto in relazione ai servizi che la disposizione degli edifici a questi destinati, secondo antiche consuetudini, varia da masseria a masseria. Di consueto, la corte è esterna agli edifici, tutti a piano terra, e questi si allungano su uno o due lati della corte o sono accorpati, ma vi sono masserie la cui corte è interna, cioè tutta circondata dagli edifici. Talvolta, nelle masserie più grandi nelle quali gli allevamenti sono di diversi tipi, le corti, interne o esterne, sono due, comunicanti per mezzo di un passetto, una più grande e l'altra più piccola. Un momento storico-architettonico particolare e molto interessante nel ricco panorama degli insedíamenti rurali, anche nel Salento, è rappresentato, nel contesto delle masserie, da quelle del tipo fortificato (4). Un dato strutturale che le distingue è quello del piano rialzato sul quale, appunto per motivi di sicurezza, sono disposte le dimore dei contadini ed i depositi delle derrate. Altro dato, al di là di quelli immediatamente emergenti in rapporto alla difesa, che distingue questi ínsediamenti èuna certa cura, architettonica e decorativa, che distingue i complessi edilizi e li rende simili, come s'è detto, a piccoli castelli o a fortilizi da far rientrare nelle opere d'ingegneria militare. Scale esterne o interne, a una o due rampe, ampie balconate, oblò circolari o ovali, agili loggette talvolta dotate di merlatura, interrotte da caditoie, garitte angolari e ricchi portali a bugnato producono un suggestivo movimento di masse architettoniche. Sistemi di botole e di scale da ritirare nel momento del pericolo rendevano gli edifici, all'interno, isolabili e disponibili, una volta che gli aggressori fossero arrivati sotto la masseria, ad una prima resistenza. Che. dato il numero di coloro i quali presidíavano la masseria facendone parte come padroni o fittavoli o lavoranti, poteva anche andare per le lunghe data inoltre l'autonomia della quale la stessa masseria godeva. Fu nei secoli XVI e XVII che si cominciò a munire di fortificazioni - la torre di vedetta in primo luogo - le masserie, quelle costíere in prevalenza, le quali testimoniano, più di ogni altra costruzione rurale nella penisola salentina, la precarietà dei tempi. Pirati e corsari, che finivano poi con l'identificarsi, sbarcati sulle spiagge vicine, bande di abigeatari e di briganti, ribelli di ogni tipo nella successione dei secoli e fino a tutto il XVIII, determinarono l'esigenza di fortificare le masserie, quelle più esposte ovviamente ed anche quelle che per la loro ricchezza potevano diventare obiettivo di aggressione. Due fondamentalmente i tipi di masserie fortificate, le torri masseria e le masserie con torre, riflessi, questi due tipi, anche dalle denominazioni: Torre Cumirri, Torre del Conte, Torre Gorgoní, Torre di Moretto, oppure Masseria la Torre, Masseria le Torri, Masseria la Torrata, Masseria Torre Bianca. Altre masserie fortificate, nella penisola salentina, sono la Masseria Melcarne, la Masseria "i Pali", la Masseria "la Tunna", dalla forma della torre. Prevalentemente, la forma della torre è a base quadrangolare, con muratura a perpendicolo dal coronamento della base, oppure deviata dalla verticale nella prima alzata. Imponenti sono le torri delle masserie Torre del Doganiere, tra Sannicola e Gallipoli, Torre Ospina, poco lontana da Racale, sulla strada che porta verso Torre Suda, della Masseria Termide. Si tratta di complessi architettonici severi, in pietra di carparo, il cui grigio indorato dal sole nella campagna verde, sotto il cielo azzurro, s'impone come un monito di fierezza e di operosità.

 

Un cenno a parte merita una masseria salentina, la masseria che ha sede in quella che fu la famosa badia basiliana di S. Nicola di Càsole (5). Insieme con qualche rudere dell'antico cenobio c'è un gruppo di sei abitazioni rurali, circondate da un recinto che ha al centro un pozzo. Queste abitazioni danno l'idea di un abitato a casale come risultante da un agglomerato di case rurali. Rispetto al comprensorio fondiario amministrato dagli archimandriti nei primi del Quattrocento, un comprensorio che si apriva su tutta la parte centrale della penisola salentina, la superficie dell'attuale Masseria S. Nícola - ha infatti conservato la denominazione dell'antica badia - è limitata, sui terreni poi meno fertili dell'antico comprensorio. Afferma lo Spano nel suo studio che "Ridotta inoltre su terreni tra i meno fertili dell'antico possedimento, è rimasta estranea, tramandandosi per mano ecclesiastica, ai processi di valorízzazione agricola che hanno invece trasformato più o meno radicalmente tutte le altre unità scorporate dal medesimo asse patrimoniale". Sulla strada che salendo in collina da Otranto, dal colle dei Martiri, porta al seno di Badisco passando per Palascia, prima di quella di S. Nicola si trova la Masseria dei Monaci, che dovette essere una residenza monastica dipendente da quella della badia basiliana. Dalla badia di Càsole di pendeva anche quella di Cerrate, poco distante da Squinzano, anch'essa, nei secoli della decadenza, trasformata in masseria e soltanto da poco riscattata, mercé una saggia opera di valorizzazione e di restauro, dalla condizione di abbandono in cui era precipitata. Secolari, complesse e non sempre tranquille, come s'è detto, le vicende, storiche ed architettoniche, delle masserie salentine. A non voler tener conto degli assalti del tempo e degli uomini nel corso dei secoli, si può convenire che un primo, fiero, colpo fu inferto loro dalla legge eversiva della feudalità, decretata nel 1806 da Giuseppe Bonaparte, re di Napoli. Un secondo colpo venne nel 1866, quando il governo italiano espropriò i beni degli enti ecclesiastici. In seguito a questi due eventi legislativi non poche, vastissime, masserie di proprietà dei baroni feudali o degli enti ecclesiastici furono frazionate. Un altro elemento che contribuì alla decadenza della tradizíonale masseria fu la suddivisione ereditaria che non tenne più conto del maggiorascato. A tutto ciò va poi aggiunto il progresso agricolo che ha gradatamente trasformato la cultura estensiva, cerealicolo-pastorale, in cultura intensiva arborea ed erbacea. Originariamente, dunque, la cultura delle masserie nel Salento era di tipo cerealicolo, alla quale s'accompagnava la pastorízia (6). Il bestiame era alimentato quasi esclusivamente dai pascoli. Annessi alla masseria potevano trovarsi alcuni oliveti e talvolta anche qualche bosco. Il bestiame che veniva allevato nelle masserie nei periodi in cui queste aziende furono fiorentí era costituito principalmente dagli ovini, poi dai bovini ed infine anche dagli equini, che aumentarono allorquando i bovini furono sostituiti nei lavori della terra e nel tiro dei veicoli. Talvolta, in qualche masseria vi era anche qualche allevamento di bufali, come si deduce dalla denominazione di Bufalaria data a qualche masseria della regione salentina. Una masseria così denominata, infatti, è a sud di Ugento, verso il mare. Una Bufalaria del Duca, inoltre, sta tra Martina Franca e Montemesola. Poteva infine accadere che i terreni della masseria fossero umidi, paludosi, ed allora i bovini sostituivano quasi completamente gli ovini. Ovviamente, con lo sviluppo dell'agricoltura, il tradizionale tipo di azienda agraria rappresentata dalla masseria è andato scomparendo per lasciare il posto ad un nuovo tipo di azienda. L'introduzione delle culture arboree, di quelle ortive da pieno campo. del tabacco e di una industria zootecníca tutta proiettata verso lo sfruttamento razionale dei prodotti dell'allevamento, ha modificato l'aspetto primario della masseria come comunità rurale configuratasi nei secoli, fino all'Unità d'Italia. L'abitato rurale come testimonianza storica ed architettonica rappresenta, con il progredire degli studi nel campo del paesaggio agrario, un grave e non differibile problema anche sul piano turistico. Lo scorporo effettuato subito dopo la guerra dall'Ente di Riforma Fondiaria ha ancora una volta ridotto il numero delle masserie esistenti nel Salento. A questo si è aggiunto l'inurbamento incontrollato ed indiscriminato come conseguenza di vistose Inadempienze di carattere sociopolitico. Anche l'estensione nelle periferie dello sviluppo edilizio ha contribuito a sottrarre al paesaggio agrario salentino alcune testimonianze di notevole interesse. E' noto che alcune antiche masserie fortificate sono oggi depositi di derrate o di materiale di altro genere, trovando pigi conveniente i contadini, dati i mutati costumi in conseguenza del progresso tecnico, recarsi quotidianamente al lavoro nei campi che non risiedervi. La diversa domanda, d'altronde, ha modificato in agricoltura il tipo dell'offerta. Tutte cause, queste, che rapidamente hanno contribuito a modificare il tipo di agricoltura tradizionale della quale le antiche ed operose masserie rappresentavano un momento di primario interesse. Oggi s'impone il problema di salvarne almeno il ricordo, mediante un censimento razionale che le classifichi, un censimento che rappresenti una parte, e non certo la meno importante, della storia civile ed economica della regione salentina. Delle superstiti s'impone il problema di salvare le strutture e l'operosità adeguandole, ovviamente, mediante un'accorta politica d'interventi, alle mutate condizioni dell'economia agraria. NOTE 1) E. SERENI, Storia del paesaggio agrario italiano. Bari, Laterza, 1961, 2.a ed. 1974. 2) L. TASSELLI, Antichità di Leuca... Lecce, P. Micheli, 1693. 3) B. SPANO, Insediamenti e dimore rurali della Puglia centro-meridionale (Murgia dei Trulli e Terra d'Otranto). Pisa, Libreria Goliardica, 1967-68. Per le masserie salentine da pag. 151 a pag. 168. Per le masserie fortificate da pag. 168 a pag. 180. 4) Castelli Torri ed opere fortificate dì Puglia a cura di Raffaele De Vita. Bari, Editoriale Adda, 1974. Contiene da pag. 332 a pag. 374 un lungo e documentato capitolo sulle masserie fortificate di Puglia. Ricca e circostanziata la bibliografia sull'argomento. 5) Di fondamentale importanza per la conoscenza delle norme che regolavano la vita delle comunità monastiche basiliane nel Salento il Typikon Kasulanum, ms. n. 201 della sez. manoscritti della biblioteca Provinciale di Lecce. 6) Rapidi accenni in L. SCODITTI, Le masserie del Salento e le loro vicende, dattiloscritto depositato nella Biblioteca Provinciale di Lecce. Comunque, una informazione approfondita sullo stato dell'agricoltura in epoca feudale nel Salento è in G. M. GALANTI, Nuova descrizione storica e geografia delle Due Sicilie, Napoli, 1787.


Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000