§ I documenti neolitici di Porto Badisco

Alle radici dell'uomo salentino




Raffaele Petrera



Scene di caccia, "croci di Malta", impronte di mani, resti di ceramica: le Grotte di Enea sono un esempio unico di arte, di riti, e di culto preistorico. Porto Badisco è un nido incastonato tra le rocce, sopra acque adriatiche. Di fronte, il mare è azzurro striato, se spirano i venti di nord-est s'increspa a perdita d'occhio, in un giuoco variegato e mutevole di chiaroscuri. Nel porticciolo, invece, lo specchio è trasparente. L'arenile è anch'esso in miniatura. Badisco è tutto in scala minima, in dimensioni accuratamente millimetrate. E ci volle la leggenda perché venisse fuori come una perla dall'ostrica. La leggenda fu l'esilio da Troia, che vide le navi di Enea veleggiare verso l'Italia. E quella di Acate fu la voce che gridò il nome della terra, di fronte a Badisco, sulle rocce folte di ulivi che scendevano fino al mare. Ruppe l'oblio la scoperta del Gruppo Speleologico magliese. Il caso, la fortuna, la curiosità dei giovani, la freschezza dell'entusiasmo di chi ama la propria terra: molte cose hanno contribuito a riportare Porto Badisco alla ribalta degli studi e delle ricerche, questa volta a livello mondiale. La "Grotta di Enea" e una cavità che si prolunga non si sa bene ancora fino a che punto, conduce ad ambienti e vasti antri sulle cui pareti compaiono innumerevoli figurazioni dipinte. E' un labirinto nel cuore della terra, e le pitture sono sulle pareti rocciose, miracolosamente sopravvissute nel corso dei millenni, per l'oscurità e per la costanza della temperatura e dell'umidità. Sicché i colori son quasi quelli dei giorni in cui li adoperarono gli ignoti artisti, corposi, vivaci, rosso e bruno in gradevoli alternanze. Quanto alle scene, convivono quasi naturalmente espressioni di uno scarno verismo, ridotto ai limiti dell'essenziale, ed espressioni di un complicato geometrismo, con ogni probabilità, secondo l'opinione di valorosi esperti, congiunto a valori simbolici, che tuttavia non è agevole interpretare. Esaminiamo le prime espressioni, quelle veriste. Si ripetono a pieno ritmo, e di norma rappresentano la figura di un cacciatore che punta l'arco tendendolo contro un animale. La figura umana è ricca di movimento, ha la testa tonda, spalle prominenti, braccia e gambe non proporzionate rispetto al tronco; il colore è unitario. La figura dell'animale, presumibilmente un cervo (il Salento ebbe animali da pelliccia, poi, col ritirarsi delle masse di ghiaccio verso il nord, mutò la fauna) è quanto mai stilizzata: una linea orizzontale per il corpo, quattro parallele verticali per le gambe, una montante con segmenti trasversali per le corna. I segmenti sono sempre tre. Molto più diffuse, le figurazioni geometriche: a forma di quadrato, di spirale, a meandro, a serpentina, a zigzag, miste in intrichi e matasse inestricabili. Poi, a un'osservazione più attenta, sembrano essere il risultato di un'unione di figure estremamente stilizzate e schematizzate, "fino alla dissociazione e alla metamorfosi". E' il superamento delle prime figure veriste. Certe "croci di Malta", ha osservato il professor Graziosi, al quale si devono pagine illuminanti su queste grotte, certi quadrilateri dalle strane appendici, derivano dalla geometrizzazione di quattro figure umane raffrontate. Ha scritto Sabatino Moscati: "Qui il discorso si apre a una prospettiva di evoluzione. Pur senza pretendere che il fenomeno sia costante e lineare, sembra certo che il complesso pittorico di Porto Badisco riveli una fase di evoluzione per cui dal naturalismo si giunge progressivamente all'astrattismo. Tale constatazione, del resto, è in pieno accordo con il quadro generale in cui la nuova documentazione s'innesta: nell'età paleolitica superiore, tra i 15.000 e i 10.000 anni or sono, l'arte aveva espresso in immagini naturalistiche la vita di una società dedita ancora esclusivamente alla caccia; nell'età neolitica, tra i 6.000 e i 4.000 anni or sono, l'arte esprime in immagini stilizzate e schematizzate, che spesso divengono del tutto astratte, la vita e le credenze di una società ormai evoluta alla pastorizia e all'agricoltura". In altri termini, Badisco appartiene all'arte neolitica, databile intorno a cinquemíla anni fa, e documenta l'evoluzione dall'antico al nuovo ciclo. Per lo meno questo è evidente: gli "artisti" rappresentano la realtà che li circonda; la esprimono, sia pure a scopo magico, e la verità sovrumana la fissano col ricorso al simbolo. Non sarà facile stabilirlo subito: ma non è poi improbabile anticipare che alcune figurazioni geometriche rappresentino esseri superiori, (qualcuno ha avanzato l'ipotesi di "esseri extraterrestri", cosmonauti di un tempo remoto, per i quali l'idea stessa del tempo era del tutto diversa dalla nostra), che dominano le manifestazioni del mondo umano e terreno. Le mani, le impronte delle mani, sono piccole: bambini? pigmei? La domanda, il dubbio, aggiungono mistero al mistero. Certo, manifestazioni di culto; e il fatto stesso che si tratti di cavità sotterranee può essere indicativo della volontà di sottrarre ad occhi profani la sacralità del luogo. Sacralítá che risulta anche dalla presenza di resti di ceramiche, vasi votivi, senza dubbio: e dunque al culto funerario erano dedicati questi luoghi, e i cunicoli che vi sono potrebbero indicare un itinerario che poi avrà sviluppi impensati negli anni successivi: la discesa agli inferi. Si è detto che Badisco ha analogie con analoghi ritrovamenti in Estremadura e nella Sierra Morena, nella Spagna meridionale. Ma, per noi, nessun confronto è possibile. Alla luce di quanto si va scoprendo, (purché si faccia presto, e si tuteli integralmente l'arca, difendendola anche dai "tombaroli'"), è senza dubbio il complesso più importante d'Europa, e comunque l'unico che testimoni dell'età neolitica in Italia.

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