Riprendiamo l'esame
analitico dei dati elaborati dalla Svimez. Le cifre a disposizione,
questa volta, riguardano: le famiglie residenti nei singoli comuni della
penisola salentina, per condizione del capo-famiglia, e con il capo-famiglia
in condizione professionale, per ramo di attività economica;
gli alunni e le aule disponibili per tipo di scuola, e la popolazione
residente in età da sei anni in poi, considerata per sesso e
per il grado di istruzione conseguito; il numero complessivo delle abitazioni
esistenti, occupate e non occupate; le abitazioni nel loro complesso,
sia occupate che non occupate, per epoca di costruzione e per titolo
di godimento; le abitazioni, sempre nel loro complesso, sia occupate
che non occupate, per i tipi di servizi installati, con particolare
riferimento alle abitazioni fornite di acqua potabile e di servizi igienici.
Per quel che riguarda la condizione professionale del capo-famiglia,
le cifre non lasciano luogo a dubbi: prevalgono gli addetti al settore
agricolo, mentre, con poche variazioni di graduatoria, seguono gli addetti
nei settori delle attività manifatturiere, delle costruzioni
e del commercio, con differenze, rispetto al primo ramo di attività,
non compatibili in una visione equilibrata della distribuzione delle
forze di lavoro.
Il settore primario, pertanto, svolge ancora oggi un ruolo emergente
per la formazione del reddito famigliare e globale della penisola salentina.
Le cifre: contro 45.102 capifamiglia dediti all'agricoltura, ci sono
poco più di diciassettemila impiegati dall'industria manifatturiera,
meno di sedicimila assorbiti dall'industria delle costruzioni e dell'installazione
degli impianti, appena 806 nel settore dell'energia elettrica, dell'acqua
e del gas, circa undicimila e cinquecento unità addette al commercio,
(scarsissimo quello ali' ingrosso: si tratta, nella quasi totalità,
di piccoli esercizi, con un indice di frantumazione superiore a quello
dì qualunque altra provincia della regione pugliese); 1.183 elementi
utilizzati nel campo del credito e delle assicurazioni; 11.370 capifamiglia
impiegati nei servizi: e infine,, 8.230 unità assorbite dalla
Pubblica Amministrazione. i grafici e i dati di fondo sono dunque quelli
tipici di un'area emergente, con scarso indice di industrializzazione
e con redditi conseguentemente vincolati a bassi livelli.
















Alto è l'indice
di scolarità, anche se la percentuale dei laureati cede rispetto
a quella dei diplomati in maniera abbastanza vistosa. D'altro canto,
i dati mettono in rilievo che, a un complesso di poco più di
330 mila persone fornite di titolo di studio, (laurea, diploma, licenza
media inferiore, licenza elementare), corrispondono oltre 220 mila alfabeti
privi di un qualsiasi titolo di studio (prevalgono le donne), mentre
gli analfabeti sono, alla data del censimento, oltre 67 mila: cifra
molto elevata, che tuttavia interessa per circa sette decimi uomini
e donne di età da quarantacinque anni in su. Ciò che dimostra,
quantomeno, l'enorme sviluppo della scolarità nella nostra provincia,
con tutti i riflessi, di ordine civile e sociale, che derivano per le
nuove generazioni..
Precaria, invece, la situazione delle aule disponibili, con i servizi
connessi. In questo campo le carenze sono evidenti, e non riguardano
solo il Salento: è un problema che travalica gli stessi confini
regionali e meridionali.
Passiamo alle condizioni abitative. Su circa 185 mila abitazioni, per
un totale che sfiora le 656 mila stanze, l'indice su 100 abitanti è
uguale a 95,0, contro un indice 84,1 dell'intera regione pugliese. Ciò
è indicativo di una disponibilità notevole, se comparata
con la situazione di altre province meridionali; disponibilità
dovuta soprattutto alla nascita di molte abitazioni nuove, comunque
realizzate in massima parte a partire dagli anni Sessanta, quando cominciò
a prevalere la convinzione che "una casa è un bene prioritario",
al quale si indirizzarono i risparmi degli emigrati e quelli dei residenti
in condizioni economiche superiori alla media.
Proprio sulle nuove costruzioni va puntata l'attenzione per quel che
riguarda la dotazione di servizi, soprattutto della disponibilità
di acqua (reti idriche, pozzi e cisterne) e di gabinetto. Interessante
un dato: le abitazioni fornite di gas da rete di distribuzione sono
solo leccesi, e ammontano a 3.871. Tutti i rimanenti paesi e centri
abitati della provincia dispongono solo di gas da bombole.
Per l'acqua, infine, il discorso è destinato a radicali trasformazioni
con l'entrata in esercizio dell'acquedotto del Pertusilio, che dovrebbe
consentire non solo la distribuzione da rete in tutti i comuni della
penisola salentina, ma soprattutto la continuità dell'erogazione
dell'acqua, che ha rappresentato uno dei limiti più insopportabili
della disponibilità di servizi primari fino ai nostri giorni.
I condizionamenti, non solo per gli usi civili, ma anche e particolarmente
per quelli produttivi (in agricoltura, s'intende e poi anche nell'industria;
ma nel settore primario innanzitutto, nel quale le irrigazioni capillari
sono rimaste per lungo tempo un sogno lunare, con evidenti ripercussioni
negative per il livello qualitativo e quantitativo dei prodotti, e le
conseguenze nei campi della distribuzione e commercializzazione, dunque
per il complesso dei redditi realizzati), i condizionamenti, ripetiamo,
dovrebbero finalmente finire, o ridursi al minimo, migliorando quella
che il prof. Guglielmo Tagliacarne ha definito la "qualità
della vita" della nostra area territoriale.
Qualità che è indispensabile anche per lo sviluppo di
un altro settore, quello del turismo, che è un'industria "pulita"
(per lo meno entro i limiti in cui saranno evitati inquinamenti di altra
origine che non quella della presenza, anche massiccia, di turisti),
ed è industria ad alto reddito, se organizzata con metodi moderni
e concorrenziali in termini di offerta di beni e servizi, senza lasciarsi
prendere la mano dalla spirale dell'aumento indiscriminato dei prezzi.
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