Fra il 1974 e
il 1975, un mese sì un mese no, si annunciava che stavamo per uscire
dal tunnel, e ci si avviava verso la ripresa economica. Di ciò
non si parla più. Siamo piombati nella crisi e non si vede se,
quando e come sarà superata.
Il paniere dell'austerità
Il "paniere"
di restrizioni, di aumenti di tariffe, di tasse e soprattasse, dell'una
tantum, eccetera, si sta riempiendo sino a straripare. Per ora gli effetti
si scontano solo in parte perché molti "sacrifici"
cominceranno solo fra qualche settimana o mese. Ma quando l'intero apparato
farragginoso dell'austerità sarà attuato, allora ne risentiremo
tutto il peso: cittadini e aziende. Gli uni e le altre, perché
le restrizioni dei cittadini influenzeranno l'attività delle
aziende, e lo stato di crisi delle aziende si ripercuoterà sull'occupazione,
quindi sui cittadini.
Qui non ci soffermeremo a discutere gli aumenti delle tariffe, indispensabili
per sanate i gravi disavanzi delle aziende che esercitano pubblici servizi,
nè le tasse di vario genere, nè gli aumenti dei prezzi
della benzina, dei tabacchi, dei bolli sulle automobili di maggiore
cilindrata, eccetera, che servono (o dovrebbero servire) a due scopi:
1) a rastrellare migliaia di :miliardi per le necessità del Tesoro,
sostenere il valore della lira, ristrutturare e aiutare le aziende pericolanti,
mantenere l'occupazione, 2) a ridurre il potere d'acquisto, cioè
la massa di spese della popolazione, quindi a contenere la spinta inflazionistica
e l'aumento dei prezzi.
Ma non possiamo fare a meno di disapprovare l'assurdo provvedimento
della tassa del 7 per cento decisa dal governo sull'acquisto di valuta
estera. Talvolta provvedimenti "sbagliati" sono attribuiti
alla scarsa conoscenza dell'economia da parte dei governanti e dei politici;
ma questa volta questa considerazione si dovrebbe escludere, giacchè
la tassa valutaria è stata approvata e sostenuta da due ministri
tecnici, Stammati e Ossola, per non parlare dell'alta competenza e saggezza
del governatore della Banca d'Italia, Baffi.
Quindi dobbiamo ritenere che il provvedimento sia stato "studiato"
e adottato a "ragion veduta". Forse dobbiamo ammettere lo
"stato di necessità" e di elementi straordinari che
sfuggono al commentatore di queste note.
La cronistoria è nota. La lira alla fine di settembre minacciava
di cadere a capofitto; la Banca d'Italia è intervenuta sacrificando
le sue riserve, ma ad un certo punto "non ce la faceva più".
Si introdusse allora la tassa del 10 per cento sull'acquisto di valute
estere per un periodo di 1,5 giorni. Il valore della lira, al riparo
di questo ombrello, si stabilizzò. Terminato il periodo soggetto
alla tassa, la lira ne uscì, come si disse, morbidamente, con
una perdita lievissima. Ma la minaccia era alle porte: la lira non poteva
:resistere, nè la Banca d'Italia, che aveva già perduto
in pochi giorni più della metà delle sue riserve, poteva
continuare in una difesa insostenibile. Così è scoppiata
la bomba della tassa del sette per cento. E' stato riaperto l'ombrello
per una durata prevista di quattro mesi. In pratica si è attuata
una svalutazione il cambio effettivo del dollaro Don è di 870
lire per un dollaro, ma di 930 lire; analogamente sono aumentati i cambi
delle altre monete: marco, franco svizzero, franco francese, fiorino,
eccetera.
Quali risultati? Anzitutto le aziende devono pagare più care
le materie prime che acquistano all'estero: un colpo grave per una industria,
come è quella italiana, prevalentemente di trasformazione. Da
ciò deriverà un aumento dei prezzi sia per il mercato
interno sia per quello di esportazione. Il sistema produttivo ne riceve
un ulteriore aggravio in aggiunta a quelli dell'alto costo del lavoro,
dell'enorme rincaro del danaro (sino al 25 per cento d'interesse bancario),
degli aumenti delle tariffe, dell'aumento delle tasse e dell'appesantimento
dei costi amministrativi.
La svalutazione di fatto della lira conseguita con la tassa valutaria,
non produce quegli effetti favorevoli, almeno pro tempore, sull'esportazione
che derivano in genere dalle svalutazioni monetarie. Ciò non
avviene perché chi all'estero deve comperare i nostri prodotti
non ottiene nessun alleggerimento nel pagamento delle merci che importa.
C'è da meravigliarsi che le autorità del. Mercato Comune
accettino un provvedimento come quello in oggetto e c'è da temere
che altri paesi ricorrano a misure di ritorsione contro l'Italia.
C'è infine da chiedersi che cosa avverrà quando finirà
il periodo di protezione dei quattro mesi (c'è la possibilità
che duri di meno, ma chissà che poi non venga prorogato). Alla
fine verrà il giorno della verità. C'è una speranza?
Essa riposa sulla prospettiva che nei prossimi quattro mesi l'economia
italiana si sia ripresa e che i provvedimenti di austerità adottati
abbiano dato i risultati auspicati di risanamento finanziario e di maggiore
credibilità dell'assetto economico-politico-sindacale del nostro
Paese. E' con questa visione e questa speranza che affrontiamo il prossimo
futuro. Senza nasconderci il pericolo di un ottimismo, riteniamo tuttavia
che non dobbiamo perderci d'animo e lasciarci prendere da uno sconfortante
pessimismo, che può produrre danni ancora maggiori di quelli
derivanti dalla tassa del sette per cento e dalle altre già entrate
in vigore o già annunciate.
Il nostro grado
di autoapprovvigionamento
Poichè il
disavanzo della bilancia commerciale costituisce l'elemento più
preoccupante per la nostra economia e per il sostegno della lira, riteniamo
utile presentare nel seguente prospetto i dati sul grado di autoapprovvigionamento
dell'Italia, sia per i prodotti alimentari, sia per le fonti di energia.
Indichiamo per confronto anche i dati per il complesso della Comunità
Economica Europea.
Come si vede il
nostro paese è tributario dell'estero per la maggior parte dei
prodotti alimentari che consuma, principalmente per le carni, per i
grassi, lo zucchero e i pesci.
Molto grave è il grado di dipendenza per le fonti di energia
(rapporto percentuale fra importazioni e consumo interno). Esso si è
fortemente incrementato di anno in anno. Nel 1960 l'Italia dipendeva
dall'estero nella misura del 58,1 per cento, attualmente deve ricorrere
ai paesi stranieri per l'83,1 per cento.
La nostra situazione dal punto di vista della dipendenza dall'estero
di fonti energetiche è molto più sfavorevole di quella
della Germania (grado di dipendenza 51,1 per cento) e del Regno Unito
(grado di dipendenza 50,2 per cento), ed è lievemente superiore
di quello della Francia (grado di dipendenza 82,3 per cento). Per la
media dei paesi della Comunità (9 paesi) il grado di dipendenza
energetica è del 61,1 per cento).
La congiuntura
alle soglie dell'inverno
Qualche elemento
favorevole, fra tanti guai, è presente da alcuni mesi. Il più
notevole (quasi il solo) è costituito dall'aumento della produzione,
che si è estesa a quasi tutti i settori, ed ha assunto una misura
consistente. E' bensì vero che con i recenti incrementi, l'indice
della produzione è appena tornato al valore che aveva nell'autunno
del 1,974, ma il fatto che da dieci mesi la produzione industriale sia
in ripresa (confrontando gli indici mensili da dicembre 1975 in avanti
con quelli corrispondenti dell'anno precedente) è un buon segno
anche per le possibilità dell'occupazione.
Altri indici favorevoli si possono constatare nell'aumento della produzione
siderurgica, nella produzione di cemento e degli autoveicoli.
Riguardo alla situazione economica del Mezzogiorno possiamo ritenere
che essa non sia peggiore di quella della media nazionale, ad eccezione
di quello che risulta dall'ammontare delle ore concesse dalla Cassa
integrazione guadagni dell'industria: mentre per il complesso nazionale
si è riscontrata qualche diminuzione, si è registrato
nel Mezzogiorno un aumento non trascurabile. Per il resto, il Mezzogiorno
presenta sintomi migliori rispetto al resto del Paese: ne fa fede l'ottimo
"Notiziario economico" curato dalla SVIMEZ.
Previsioni 1977
- 1978
Per quanto le previsioni
siano estremamente difficili in quesito momento, è sempre opportuno
tenerle presenti, anche per verificarle di volta in volta. Fra le tante
formulate da enti specializzati e da privati, riteniamo molto serie
e credibili quelle della IBM, che riproduciamo. Esse riguardano il ciclo
economico alla fine del 1976, e nei prossimi due anni 1977 e 1978. Secondo
queste previsioni, il 1977 sarebbe l'anno "peggiore".
Negli ultimi mesi del 1976:
- stagnazione o anche moderato declino della domanda in generale e della
produzione;
- qualche pressione sulla lira sul finire dell'anno contenuta tuttavia
entro limiti tollerabili;
- lieve rallentamento nelle pressioni inflazionistiche;
- deficit della bilancia corrente più contenuto rispetto ai primi
mesi dell'anno in relazione sia a un contenimento delle importazioni
che al favorevole sviluppo delle esportazioni per effetto anche del
precedente deprezzamento della lira.
Nel 1977:
- stagnazione dell'attività economica prolungata sin verso la
metà dell'anno;
- ripresa moderata nel secondo semestre;
- contenimento dell'inflazione;
- qualche ulteriore miglioramento della bilancia dei pagamenti.
Nel 1978:
- continuazione della ripresa su tassi comunque assai contenuti rispetto
a quelli storici medi.
In questo quadro, assai incerto, il Reddito Nazionale Lordo dovrebbe
crescere quest'anno del 3,4% in termini di volume (non viene perciò
nemmeno recuperata integralmente la flessione registrata nel 1975),
cui farebbe seguito una crescita dell'1,8% e del 3,8% rispettivamente
per il 1977 e il .1.978.
Bonus e Malus
Terminiamo questa
breve rassegna dello stato della congiuntura dell'economia italiana
verso la fine di autunno, sintetizzando gli aspetti più notevoli.
Bonus
- Consistente, generalizzata e prolungata ripresa della produzione industriale;
- Idem per la produzione siderurgica;
- Idem per la produzione di cemento;
- Aumento della produzione e del consumo di energia elettrica;
- Aumento della produzione e della immatricolazione di autoveicoli;
- Lieve diminuzione dell'assenteismo;
- Mantenimento del livello di occupazione, ad eccezione di. quella dei
giovani.
Malus
- Lira sempre in
grave pericolo;
- Tassa sull'acquisto di valuta estera;
- Forte riduzione delle risorse disponibili presso la Banca d'Italia;
- Inarrestabile aumento del disavanzo della bilancia commerciale e di
quella dei pagamenti internazionali (causa principale della debolezza
della lira);
- Crescente e gravoso indebitamento con l'estero;
- Altissimo costo del danaro (giunto alla soglia del 25 per cento di
interessi bancari);
- Aumento dei prezzi (18 per cento per il costo della vita negli ultimi
dodici mesi) e della scala mobile (+4 punti per il triennio novembre
-gennaio 1977);
- Sempre carente l'attività edilizia e delle costruzioni;
- Una gragnuola di nuove tasse e soprattasse, di rincari di tariffe,
di inasprimenti di costi di produzione;
- Prospettive di diminuzione del reddito nazionale e scarse possibilità
di investimenti produttivi;
- Difficile e delicata posizione di un governo, efficiente in se stesso,
sostenuto non da una maggioranza, ma da una estesa astensione, che potrebbe
venire a mancare da un giorno all'altro.
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