§ Itinerari del Salento interno

Pietre e campagne del Capo




Eloisa Malagoli



Terre bruciate dal sole - Un ordinamento agricolo che rivela una antica, dura fatica - E, per contro, una lindura unica al mondo, nella multiforme geometria dei piccoli campi divisi da chiari muri a secco, con i "caseddhri" sparsi, con le superstiti masserie, con le cave profonde, con le case rurali ombreggiate dai pergolati.


Si dice "il Capo": ed è il basso Salento, quello che viene dopo Lecce e dopo i grandi centri della provincia: una terra che si caratterizza nel linguaggio, nel costume, nei comportamenti. E' finibusterre a Leuca, è mondo greco alle spalle; un mondo a sé, lontano dagli splendori del barocco, soprattutto remoto dall'economia e dalle possibilità di consumo del capoluogo. Qui sono i nuclei di espulsione demografica, come li chiamano gli economisti: e vuol dire che l'emigrazione ha dissanguato decine di paesi, ha spopolato campagne, ha invecchiato "mediamente" la popolazione, ha femminilizzato il bracciantato rurale, ha lasciato superstiti giovani con "le braccia appese". Vuol dire che si vive dell'inefficiente sistema previdenziale e delle rimesse dall'estero. In piazza. Occorrerebbe osservarle meglio, queste piazze del Capo. Viverci dentro, ogni giorno, dall'alba al tramonto; sentirne il polso, registrarne i battiti e gli improvvisi scarti cardiaci; amplificarne le rivolte improvvise, perentorie, fulminee come i fuochi di graspo: le rivolte dei poveri.
Non una ciminiera rompe questi orizzonti che includono paesi e paesi (e tutti a vista d'occhio). Un'avara geografia consente le colline, o mezze colline, cui. il mite linguaggio locale ha dato il nome di "serre". Microscopico universo, il Capo: quale torse è possibile ritrovare nella breve pianura sovrastata dalla tirannica Micene, patria e tomba di Agamennone: stesso sole impietoso, identiche macchie-negate alle colture e abbandonate dai pascoli, uguale scontrosità delle donne, medesima generosità nativa degli uomini; Donne-olivo, Uomini-olivo. L'aria ha sapore egeo.
Dall'alto tutto si intravede: le "tagliate", voragini geometriche scavate nella terra, pareti brune - d'ombra e di roccia - che sprofondano nelle campagne verdi, e al loro interno altre forme altrettanto geometriche scolpiscono il terreno: blocchi, pareti, zoccoli, spigoli, torri. Cave di pietra tenera con la quale tutte le case e tutte le grandi opere architettoniche sono state erette.
Eppure, la loro natura non può essere così semplice e scarna, tale da esaurirsi in una spiegazione quasi banale. Ne occorre un'altra. Che mi venne il giorno in cui vidi (in "Satyricon", di Fellini) l'ambiente unico e assurdo di quelle cave di tufo prescelte come labirinto abitato da un Minotauro del tutto fantastico anche rispetto all'iconografia classica. L'interpretazione era tale da farmi dimenticare quel luogo come cava e a ricordarlo invece come casa del mostro: una definizione che, convincendomi, mi divertiva; e mi tornava alla mente ogni qualvolta rivedevo il terreno aprirsi sotto di me, e mi accorgevo che il mio sguardo cercava, in fondo all'abisso bianco-grigio che mi era capitato all'improvviso di scoprire dalla cima di una serra, il Minotauro antico e mai morto, trasferitosi qui, vero padrone di questa terra di cave e di "caseddhri".
Rifugio e alcova contadina, reggia rupestre e fabbrica rurale, énclave sulla terra rossa, il "caseddhru": al centro, o sullo spigolo della campagna cintata dal muro, anch'esso di pietre. E il contrasto tra due colori che mai confinerebbero, nella loro assoluta purezza, sulla tela di un dignitoso pittore, qui si attenua e quasi dilegua nella totale chiarità, nella sferica trasparenza cromatica e formale. Terrazzo per terrazzo, caseddhru dopo caseddhru, i simboli della fatica, della speranza, della paura del cielo; e gli scongiuri contro il fulmine e contro la malattia (quella degli alberi; quella dell'uomo non conta) dipinti sulle pietre o innescati fra le pietre: un immenso accampamento agreste, pacifiche tende di guerrieri da lavoro, civile milizia dell'innesto del trapianto dello scavo del raccolto. E una lindura unica al mondo nella multiforme geometria dei piccoli campi che assediano le, superstiti masserie, le case rurali, le chiese, i cippi votivi.
Pietre del Capo: la pietra grezza e quella lavorata; la terra dura che forse mai come qui la si vede diventare opera dell'uomo, opera d'arte. Pietra nuda dell'uso civile, della civiltà agricola: è un tema dominante, la scoperta dell'elemento protagonista, in un insieme quasi stupefacente di altre componenti (paesaggio, mare, chiuse a viti e olivi, paesi bianchi, i momenti archeologici più lontani, il contesto attuale), ecco sempre riapparire la forza di questa pietra "capuana", nel suo stato ancora naturale, e nella sua essenza di testimone culturale dell'uomo e del suo tempo. Rammenta Ungaretti in Puglia: "L'attimo che ci ha scosso il cuore: il divino trova qui il colore del tempo".
Si dovrebbe partire da qui, e salire a nord, nelle coordinate marittimo-interne: dalla pietra delle "tagliate", che anticipa poi le cento cattedrali e abbazie e campanili e basiliche e facciate e rosoni e absidi; dai dolmen e dai menhir, dalle grotte carsiche e dalle cripte ali' inesauribile ricchezza del romanico e del barocco. In un viaggio verticale.
"Scendere al Capo" è un viaggio innaturale.
Dentro, c'è la Grecìa: che ancora parla d'amore e di morte, di gioia e di dolore, di lavoro, di partenze, di protesta, con una lingua che in questi paesi dicono "greca", e in un'altra area, calabrese, chiamano "grecanica". I mezzi di comunicazione di massa erodono, sfaldano, corrompono: viviamo in tempi che si accelerano esponenzialmente, come in un'ansia panica di bruciare le tappe. Verso che? Versi e proverbi di Calimera, Castrignano, Sternatia, Soleto, Corigliano, Martano, entrano nelle antologie, sembrano epicedi, alti e sterilizzati nelle pagine bianche! "Capo" anche qui, l'Attica del Salento che ispirò Casciaro e Ciardo. Il Capo che ha il bianco abbagliante di Lenormant, che con una città che bianca si chiama, Leuca, culmina. Al di là, il mare nega la pietra. Non ci sono isole né continenti. E' finibusterre. Il deserto. Il confine del mondo.


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