Bacini lacustri
di piccola portata, che tuttavia trasformano il paesaggio. Vi si pratica
la coltura del pesce azzurro. Intorno, sorgono i complessi turistici moderni.
I laghi dall'Alimini
sono due bacini a ciglio di mare: trecento ettari in tutto, non sono
gran cosa, come estensione; eppure, a vederli dall'alto - venendo da
settentrione - ammorbidiscono il paesaggio, variandolo. Il primo è
Alimini grande, l'altro Alimini piccolo o Fontanelle: la parola è
di derivazione greca: "limne", infatti, significa lago, palude.
Li alimentano alcune fonti sorgive d'acqua dolce: da qui, il nome di
Fontanelle. Hanno varie ramificazioni. La più importante è
quella che comunica con il mare, e dunque dà vita ai due bacini,
li ricolma di linfa, rinnovandoli. Intorno, il terreno si ondula, sale
e scende su per numerose piccole serre, una volta ricche di vegetazione,
poi disboscate per sete di terre da coltivare, infine - e siamo ai nostri
giorni - utilizzate per la diffusione del turismo. I pini larici - nati
dopo recenti rimboschimenti - pini resistenti alle salsedini che giungono
con i venti orientali, ombreggiano a nord le fasce tra i due laghi e
il mare.
Qui nacque la cultura pugliese del pesce azzurro: una coltura razionale
e redditizia per quanto potevano consentirlo conoscenze e mezzi disponibili.
E vi sopravvive, un poco appartata, se si vuole, ma sicura. Coltura
d'acque miste, dolci e salate, giustamente dosate grazie a un sistema
di saracinesche che comunicano con il più salato dei mari mediterranei,
l'Adriatico, e grazie a un complesso sistema di canali interni.
L'esperimento, se non ricordiamo male, fu tentato anche altrove. Non
ebbe successo per mancanza di fondi, ma forse di più perché
i pescatori di frodo (che nell'area di Alimini-Fontanelle si guardano
bene dal farsi vedere) distrussero tutte le strutture con il tritolo.
E fu la sconfitta di una "scienza artigianale", cioé
di una cultura fondata sulla sperimentazione e sull'intuito, che avrebbe
potuto avere un futuro.
Si va a San Foca, poi a San Cataldo, la spiaggia prediletta dai leccesi.
Abbandonata la litoranea, si supera una pineta, e si raggiunge "Lo
sbocco", un canalone; poca distanza ancora, poi si allarga un altro
specchio d'acqua, ampio qualche centinaio di ettari: Le Cesine. E' un
lago bislungo, che smagra d'estate e cresce nella stagione invernale.
Giuncaie ed erbe lacustri sono nido di folaghe, anatre selvatiche, beccacce,
quaglie, fagiani, lepri, tortore. Una volta scendevano giù stormi
di aironi e gallinelle dì mare: poi i cacciatori li sterminarono,
e i passaggi dei migratori fecero un giro largo, verso oriente, sulle
coste della Jugoslavia.
E' stato scritto che l'origine di questo specchio d'acqua è assai
complessa: forse residuo marino, cui è venuto meno il grado di
salinità per deposito e per impaludamento, ma soprattutto per
gli apporti di sorgenti dolci, frequentissime nelle aree carsiche. Il
mare è vicino, e certamente durante le burrasche adriatiche (che
con quelle dello Jonio sono le più improvvise e violente dell'intero
bacino mediterraneo) le acque finiscono con il confondersi e fondersi
insieme.
Altri specchi d'acqua sono dalla parte opposta, sull'orlo marino jonico:
qualche decina di ettari in tutto (in particolare dalla parte di Porto
Cesareo, sopra il fascione di dune con ciuffi di canna verde superstiti):
specchi d'acqua sopravvissuti all'incuria, ai prosciugamenti, alle bonifiche
indiscriminate compiute in tempi non recentissimi. Eppure, stagni, paludi,
laghi, sono indispensabili per gli equilibri biologici ed ecologici.
Solo da pochi anni questo antico principio ha trovato piena e pratica
attuazione. In precedenza, ad esempio, il terrore della malaria ha consentito
in Puglia e nell'intero Mezzogiorno la distruzione di un patrimonio
d'acque inestimabile. Oggi, tuttavia, gli inquinamenti industriali o
urbani stanno completando un'opera di cui è ben difficile esser
fieri.
Agricoltura, turismo, irrigazioni, non devono mettere in pericolo le
acque interne del Salento, non ne devono turbare i precari equilibri.
Alimini-Fontanelle sono ormai due bacini-operai; gli altri specchi d'acqua
possono considerarsi, al confronto, degli apprendisti. Bene: è
rilevante che lavoro e reddito prodotti non ne compromettano (e del
resto non hanno compromesso finora) l'esistenza. Così si sarà
reso un doppio servigio: si sarà utilizzato l'ambiente con le
risorse che mette a disposizione, e nello stesso tempo lo si sarà
conservato al miglior livello possibile. Uomo e natura avranno trovato
un punto d'incontro quasi ideale.
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