Il 1977 è
stato un anno difficile. Il consuntivo della produzione industriale
ha segnato un incremento molto modesto rispetto all'anno precedente.
L'annata agricola è stata insoddisfacente. Le attività
terziarie hanno ricevuto benefici dal turismo estero, ma hanno accusato
il contraccolpo della caduta della domanda interna. Questi i risultati
dell'indagine dell'Unioncamere, primo consuntivo completo dell'anno
economico, tanto più importante, in quanto si basa sulle segnalazioni
delle Camere di Commercio. I dati segnalati rappresentano il prezzo
che il Paese ha dovuto pagare per il riequilibrio dei conti con l'estero
e per il contenimento dell'inflazione. La bilancia valutaria è
tornata (per la prima volta, dopo il 1971) con un attivo di 2.044 miliardi
di dollari. Le riserve valutarie hanno superato la cifra di otto miliardi.
I prezzi all'ingrosso sono passati da un incremento del 29,9% a uno
del 12,1%; i prezzi al dettaglio dal 20,1% al 16,4%. Questi ultimi sono
influenzati dall'aumento del costo del lavoro. Un obiettivo mancato
è la riduzione del deficit pubblico, nonostante la manovra fiscale
diretta e quella tariffaria.
L'indice dell'Unioncamere rileva che nel '77 si è avuto un notevole
allargamento dell'area di "sofferenza" dell'economia nazionale.
Ai giudizi sintetici che le camere di commercio hanno formulato, il
confronto con l'anno precedente è scoraggiante. Solo in nove
casi la valutazione è stata di lieve miglioramento, cioè
è stato conseguito un saggio di crescita del reddito tra il 2
e il 5 per cento. Si tratta di province che contribuiscono alla formazione
del prodotto lordo nazionale con una quota del 23,4%. Nel 1976, ben
35 province avevano segnalato miglioramenti. La " caduta "
ha essenzialmente interessato il Centro-Nord (sei province, contro tre
del Sud). I giudizi di peggioramento (variazione negativa del reddito)
sono saliti da 33 a 45 province.
In sintesi, i giudizi di miglioramento hanno riguardato per il Centro
e per il Nord province che partecipano alla formazione delle risorse
dell'area con una quota del 28,3%, mentre per il Sud hanno interessato
province il cui apporto all'area è dell'8,5%. I " punti
neri " ricorrenti nei documenti inviati dalle Camere di Commercio
si possono così riassumere:
1) nel settore agricolo, una caduta della produzione cerealicola, e
in particolare del frumento, a causa delle avversità climatiche;
2) nell'industria manifatturiera, un movimento recessivo a partire soprattutto
dalla seconda metà dell'anno, che ha manifestato segni di cedimento
più evidenti nei comparti tessili, vestiario e abbigliamento,
cartario, legno e mobilio; 3) nell'industria delle costruzioni, una
ulteriore e più grave caduta dell'attività produttiva,
che comincia ad avvertirsi anche nei centri minori; 4)
nell'industria dei consumi, un andamento della domanda delle famiglie
che, con il passare dei mesi, ha registrato una progressiva flessione;
5) nel campo
dell'occupazione, un generale appesantimento del mercato del lavoro
e un ricorso alla Cassa integrazione guadagni che è andato sensibilmente
aumentando nella seconda metà dell'anno.
Secondo le segnalazioni delle Camere di Commercio, l'orientamento prevalente
degli imprenditori circa le prospettive per il 1978 è di "
incertezza " in 66 province (69 nel 1976). Nelle restanti 29 province
(24 nell'anno precedente) prevale invece il pessimismo.

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