A ruota libera




B. M.



Il professor Libero Lenti pubblica su queste stesse colonne un interessante confronto in cifre assolute fra entrate fiscali, uscite di spesa pubblica (flussi di cassa, in entrambi i casi, e non di competenza) e disavanzo effettivo conseguente, il tutto espresso in lire correnti. Ne deriva un preciso quadro - colme avverte lo stesso Lenti - di completa trascuratezza negli anni di ogni collegamento necessario tra questa grandezza e quelle del reddito nazionale netto calcolato al costo dei suoi fattori, che è poi il solo aggregato con il quale si possono fare degli utili confronti.
I rilievi di Lenti inducono a completare il discorso, integrandone anche i dati, che sono pur sempre calcolati da lui: ai quali però si aggiungono le variazioni percentuali per ciascuna categoria di voci, nonché appunto l'indicazione del reddito nazionale netto al costo dei fattori, riferito all'annata di competenza, con l'indicazione della crescita percentuale (e si parla sempre di lire correnti) rispetto all'anno precedente.
Il panorama che ne deriva conferma in pieno le considerazioni già avanzate da chi ci ha preceduto, circa l'andamento " a ruota libera " (che può facilmente classificarsi anche come irresponsabile) della spesa pubblica e del disavanzo, cresciuto quest'ultimo con una progressione per la quale i ricordi matematici neppure più offrono aggettivi. E' stata un'avanzata turbinosa, tumultuosa, arrembante: la quale, unita alla netta percezione, che ciascun cittadino italiano ha, della nullità dei progressi ottenuti in qualità e in quantità di servizi offerti dalla pubblica amministrazione, ci dice e ci conferma come dunque siano le sole spese correnti, e in concreto le retribuzioni del personale, ad incidere in misura più che progressiva a prescindere totalmente non solo dall'ordine di grandezza del reddito in sé e delle entrate fiscali, ma anche dal ritmo dell'inflazione, che le stesse spese correnti hanno disinvoltamente sopravanzato. E non potendosi ammettere che ciò corrisponda alla volontà politica del più sprovveduto fra gli uomini di governo e tra i responsabili dei partiti (su quelli; sindacali il discorso sarebbe diverso, e forse meno benevolo, malgrado certi ripensamenti dell'ultimo momento), se ne conclude, anche per questa via delle semplici constatazioni aritmetiche, che in effetti bisogna attribuire alla " perversità " di certi meccanismi (sui quali ultimamente sia il ministro del tesoro che quello delle finanze, e lo stesso presidente della Confindustria hanno ancora una volta richiamato l'attenzione) la dinamica assolutamente folle e scriteriata che le uscite di bilancio e il disavanzo hanno assunto negli ultimi anni. In anni, è bene sottolinearlo, già abbastanza lontani dalla " svolta " politica del 1969, perché in realtà il punto di deterioramento che ha portato le cose oltre i limiti dell'accettabilità si ha soltanto nel 1975.

Il giro di boa si ha lì, come confermano i calcoli dell'incidenza delle varie voci (entrate, uscite, disavanzo) sul reddito nazionale netto, che presentiamo nella seconda tabella. Lì è la svolta, e non prima. In quell'esercizio, come si può vedere, le entrate fanno registrare per la prima volta un ribasso sia assoluto che percentuale, e di misura piuttosto rilevante. In concomitanza, però, (ecco come manca il collegamento con le altre grandezze), le uscite compiono un vero e proprio balzo, tanto che l'aumento assoluto della spesa quasi raddoppia rispetto all'anno precedente, la crescita assoluta va al 35,66 per cento, e l'incidenza sul reddito sale di colpo da meno di 50 com'era prima al 58,56 per cento: cosicché, l'incidenza del disavanzo a propria volta scatta oltre il raddoppio, e passa dal 7,32 per cento al 16,16 per cento.

Da quel momento, non si avrà più alcun aggiustamento. E mentre per merito precipuo dei titolari alternatisi al ministero delle Finanze le entrate dello Stato rapidamente tornano ad assestarsi su valori più congrui rispetto al reddito nazionale (e raggiungono e superano, poi quasi stabilizzandosi a quelle quote - fra il 45 e il 46 per cento -, appunto il 45, nonostante il reddito nazionale netto cresca a saggi inferiori della metà; quanto a dire e :confermare che il progresso degli introiti fiscali avviene in termini reali), mentre dunque avviene questo sul fronte delle entrate, si diceva, ,su quello delle uscite scatta la " ruota libera ". Senza giustificazione alcuna nella qualità e nella quantità di servizi offerti, nonché mentre declinano le spese in conto capitale dello Stato, la spesa compie balzi da giaguaro, e stabilmente si piazza a partire da quell'anno su percentuali superiori al 56 rispetto al reddito. Mentre l'incidenza del disavanzo, conquistate le doppie cifre, non le abbandona più.
Dopo l'" anno-no " (il 1975), insomma, non si registra alcuno sforzo serio per porre un rimedio. Non solo: si tende ad andar peggio. E se le cifre del '77 e le stime relative al '78, ribadite in questi giorni di " verifiche ", valgono qualcosa (sia per ,quanto concerne l'aspirazione a restare a 24 mila miliardi di disavanzo, sia per quanto concerne le ipotesi di crescita del reddito che sempre il professor Lenti stima per il 1978 a 158 mila miliardi di lire), ecco che non si batte un nuovo record quanto a incidenza del disavanzo, perché appunto l'anno della svolta, come l'abbiamo chiamato, fu peggiore: ma si tocca un primato con l'incidenza delle uscite in sé sul reddito. E ciò, ripetiamolo, ,sempre nell'ipotesi che vengano apportati realmente quei correttivi dei quali si va discutendo, per alcuni dei quali certe parti in causa, soprattutto il sindacati, già si sono fieramente pronunciate per il no!
Che il quadro fosse disastroso, si sapeva. I pochi ,calcoli percentuali e gli ulteriori dati che abbiamo aggiunto alle cifre già note portano vasi a Samo. Oppure, come dicono i tedeschi, birra a Monaco.


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